Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12220 del 06/06/2011

Cassazione civile sez. II, 06/06/2011, (ud. 11/03/2011, dep. 06/06/2011), n.12220

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.R.A. e D.R., rappresentati e

difesi, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dagli

Avv. GISSI Andrea e Pasquale Nasca, elettivamente domiciliati nello

studio di quest’ultimo (studio legale Avv. Paolo Panariti) in Roma,

via Celimontana, n. 28;

– ricorrenti –

contro

AZIENDA AGRICOLA F.lli CARPENTIERE s.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in forza di

procura speciale a margine del controricorso, dagli Avv. ALVISI

Rinaldo, Enrico Alvisi e Benito Panariti, elettivamente domiciliati

nello studio di quest’ultimo in Roma, via Celimontana, n. 38;

– controricorrente –

e nei confronti di:

COMUNE DI BARLETTA, in persona del sindaco pro tempore;

– intimato –

e sul ricorso proposto da:

AZIENDA AGRICOLA F.lli CARPENTIERE s.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in forza di

procura speciale a margine del controricorso, dagli Avv. Rinaldo

Alvisi, Enrico Alvisi e Benito Panariti, elettivamente domiciliati

nello studio di quest’ultimo in Roma, via Celimontana, n. 38;

– ricorrente in via incidentale condizionata –

contro

D.R.A., D.R. e D.A.

A.;

– intimati –

e nei confronti di:

COMUNE DI BARLETTA, in persona del sindaco pro tempore;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Bari n. 529

del 18 maggio 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11 marzo 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

sentiti gli Avv. Benito Panariti e Arturo Salerni, quest’ultimo per

delega;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso: “aderisce

alla relazione”.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che il Consigliere designato ha depositato, in data 24 dicembre 2010, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.: “Il Tribunale di Trani, con sentenza in data 19 maggio 2006, ha accolto in parte la domanda degli attori D.R. A., D.A.A. e D.R. ed ha condannato l’Azienda Agricola F.lli Carpentiere s.r.l. a ripristinare l’originaria situazione dei luoghi mediante la rimozione della recinzione e il ripristino della sede stradale; ha rigettato la domanda nei confronti del Comune di Barletta ed ha condannato l’Azienda Agricola a rimborsare agli attori la metà delle spese di lite.

La Corte d’appello di Bari, con sentenza in data 18 maggio 2009, in riforma della impugnata pronuncia, ha rigettato la domanda dei D., condannandoli alle spese del doppio grado.

Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello D. R.A. e D.R. hanno proposto ricorso, sulla base di due motivi.

Ha resistito con controricorso l’Azienda Agricola, proponendo a sua volta ricorso in via incidentale condizionata.

Il Comune non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Il primo motivo (falsa applicazione delle norme di diritto in materia di prescrizione – art. 2947 cod. civ. – e delle norme in materia di proprietà – artt. 832 e 845 cod. civ.) si conclude con il seguente quesito di diritto: “L’esercizio del diritto di accesso al fondo di proprietà attraverso una strada pubblica costituisce esercizio del diritto di proprietà, pertanto imprescrittibile, ai sensi degli artt. 832 e 845 cod. civ., poichè la limitazione del diritto di proprietà costituisce violazione del precetto costituzionale fissato dall’art. 42 Cost., con la conseguenza che per la tutela piena del diritto di proprietà non trova applicazione il termine di prescrizione quinquennale previsto dall’art. 2 947 cod. civ.”.

Il secondo motivo è rubricato “contraddittoria motivazione”. Si chiede, conclusivamente, l’enunciazione del principio di diritto:

“L’esercizio del diritto di accesso al fondo di proprietà attraverso una strada pubblica costituisce esercizio del diritto di proprietà, pertanto imprescrittibile, ai sensi degli artt. 832 e 845 cod. civ., poichè la limitazione del diritto di proprietà costituisce violazione del precetto costituzionale fissato dall’art. 42 Cost..

Costituisce contraddittorietà della motivazione affermare che non vi è dubbio che il proprietario del suolo frontista della strada pubblica ha il diritto, nei confronti di tutti gli altri utenti, di servirsi della strada per accedere al proprio fondò, con l’ulteriore affermazione che la tutela del diritto di servirsi della strada si prescrive nel termine quinquennale previsto dall’art. 2947 cod. civ.”.

Il primo motivo è inammissibile per inidoneità del quesito che lo accompagna.

Questa Corte ha in più occasioni chiarito che i quesiti di diritto imposti dall’art. 366 bis cod. proc. civ. – introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, secondo una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimità – rispondono all’esigenza di soddisfare non solo l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata ma, al tempo stesso e con più ampia valenza, anche di enucleare il principio di diritto applicabile alla fattispecie, collabo-rando alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione;

i quesiti costituiscono, pertanto, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando, altrimenti, inadeguata e, quindi, non ammissibile l’investitura stessa del giudice di legittimità (tra le tante, Cass., Sez. Un., 6 febbraio 2009, n. 2863; Cass., Sez. Un., 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., Sez. Un., 29 ottobre 2007, n. 22640).

Per questo – la funzione nomofilattica demandata al giudice di legittimità travalicando la risoluzione della singola controversia – il legislatore ha inteso porre a carico del ricorrente l’onere imprescindibile di collaborare ad essa mediante l’individuazione del detto punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del più generale principio giuridico, alla quale il quesito è funzionale, diversamente risultando carente in uno dei suoi elementi costitutivi la stessa devoluzione della controversia ad un giudice di legittimità: donde la comminata inammissibilità del motivo di ricorso che non si concluda con il quesito di diritto o che questo formuli in difformità dai criteri informatori della norma.

Il quesito di diritto non può essere desunto per implicito dalle argomentazioni a sostegno della censura, ma deve essere esplicitamente formulato, diversamente pervenendosi ad una sostanziale abrogazione della norma (Cass., Sez. Un., 17 aprile 2009, n. 9153).

Il motivo è inammissibile perchè non si conclude con un quesito che individui tanto il principio di diritto che è alla base del provvedimento impugnato, quanto, correlativamente, il principio di diritto, diverso dal precedente, la cui auspicata applicazione ad opera della Corte medesima possa condurre ad una decisione di segno inverso rispetto a quella impugnata.

Il secondo motivo è, anch’esso, inammissibile.

Esso denuncia un vizio di motivazione, ma, anzichè concludersi con un quesito di sintesi recante l’enunciazione del fatto controverso e l’indicazione delle ragioni per le quali la motivazione è contraddittoria, chiede l’enunciazione di un principio di diritto, come se il motivo avesse censurato un vizio di violazione e falsa applicazione di legge.

L’inammissibilità del ricorso principale assorbe l’esame del ricorso incidentale condizionato.

Sussistono le condizioni per la trattazione dei ricorsi in Camera di consiglio”.

Letta la memoria dei ricorrenti in via principale.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra;

che le critiche ad essa rivolte con la memoria di parte ricorrente non colgono nel segno;

che – secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, Sez. Un., 11 gennaio 2011, n. 393) – il quesito di diritto deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la Corte di cassazione in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una regula iuris che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata; ciò vale a dire che la Corte di legittimità deve poter comprendere dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare: in conclusione, l’ammissibilità del motivo è condizionata alla formulazione, iniziale o finale, di un quesito, compiuto ed autosufficiente, dalla cui risoluzione scaturisca necessariamente il segno della decisione;

che i quesiti in cui si articola il ricorso principale non indicano l’errore di diritto alla base della sentenza impugnata;

che, pertanto, i quesiti proposti sono inidonei, perchè non contengono l’indicazione sia della regula iuris adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che i ricorrenti assumono corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo (Cass., Sez. 3^, 30 settembre 2008, n. 24339);

che la censura, articolata con il secondo motivo, di contraddittorietà della motivazione non appare pertinente, perchè non coglie la ratio decidendi, là dove si afferma (confermandosi la qualificazione data alla domanda dal primo giudice) che gli attori avevano, in realtà, promosso un’azione personale ex art. 2043 cod. civ., di risarcimento danni per responsabilità da fatto illecito commesso dall’Azienda agricola che impediva loro l’accesso, e là dove si perviene alla conclusione dell’ “assoluto difetto di prova della pretesa risarcitoria spiegata”;

che, pertanto, il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile, mentre resta assorbito l’esame di quello incidentale condizionato;

che le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale ed assorbito l’incidentale condizionato; condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, liquidate in complessivi Euro 2.200,00 di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2011

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