Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1222 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 21/01/2021, (ud. 06/11/2020, dep. 21/01/2021), n.1222

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – rel. Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3816/2018 proposto da:

C.R., rappresentato e difeso dall’avv. de Ritis Federica ed

elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, Via

Montesanto n. 52;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

(C.F.: (OMISSIS)), presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi

12, è domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6136/22/17 della Commissione tributaria

Regionale Campania, depositata il 3/7/2017;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2020

dal Consigliere Dott. Pepe Stefano.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

1. La Commissione tributaria regionale Campania, con sentenza n. 6136/22/17, depositata il 3/7/2017, rigettava l’appello proposto dal notaio C.R. e, per l’effetto, confermava la sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso del contribuente avverso l’avviso di liquidazione che aveva sottoposto all’imposta sulle donazioni e successioni un atto costitutivo di trust; imposta determinata in misura proporzionale e richiesta al C. quale notaio che aveva redatto il suindicato atto e, dunque, sostituto di imposta.

3. Avverso tale sentenza il contribuente proponeva ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.

4. L’Agenzia delle entrate non si è costituita.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con unico motivo di ricorso C.R. deduce la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 64 in relazione al D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 42 e 57 nonchè il vizio di insufficiente motivazione.

Con riferimento a tale ultima parte di censura il ricorrente lamenta che la CTR, ha affermato la responsabilità del contribuente, nella sua qualità di notaio rogante, limitandosi, da un lato, a richiamare la sentenza di primo grado e, dall’altro, la sentenza di questa Corte n. 9952 del 2015.

Rileva, poi, il contribuente che la CTR non ha correttamente applicato le norme sopra indicate affermando la responsabilità solidale del notaio senza tener conto che essa riguarda unicamente l’imposta principale, cioè quella assolta al momento della registrazione dell’atto e quella liquidata dall’Ufficio, in sede di controllo della autoliquidazione, sulla base degli elementi risultanti dall’atto; per contro, la liquidazione di ogni altra imposta complementare e suppletiva, come nel caso di specie, poteva essere posta a carico esclusivamente delle parti stipulanti.

2. Il motivo è fondato.

Il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 57, comma 1, stabilisce che “1. Oltre ai pubblici ufficiali, che hanno redatto, ricevuto o autenticato l’atto, e ai soggetti nel cui interesse fu richiesta la registrazione, sono solidalmente obbligati al pagamento dell’imposta le parti contraenti, le parti in causa, coloro che hanno sottoscritto

avrebbero dovuto sottoscrivere le denunce di cui agli artt. 12 e 19 e coloro che hanno richiesto i provvedimenti di cui agli artt. 633,796,800 e 825 c.p.c.” precisando il comma 2 che “La responsabilità dei pubblici ufficiali non si estende al pagamento delle imposte complementari e suppletive”. Per effetto di tale disposizione il notaio è solidalmente obbligato al pagamento dell’imposta principale, laddove il medesimo D.P.R., art. 42, prevede che “1. E’ principale l’imposta applicata al momento della registrazione e quella richiesta dall’ufficio se diretta a correggere errori od omissioni effettuati in sede di autoliquidazione nei casi di presentazione della richiesta di registrazione per via telematica; è suppletiva l’imposta applicata successivamente se diretta a correggere errori od omissioni dell’ufficio; è complementare l’imposta applicata in ogni altro caso”.

Dal combinato disposto di tali disposizioni si evince che il notaio può essere chiamato al pagamento della sola imposta principale nella cui definizione rientra un duplice prelievo: sia quello direttamente versato al momento della registrazione (quale imposta principale contestuale o ‘autoliquidatà), sia quello integrativamente richiesto dall’ufficio allo scopo di correggere errori od omissioni incorsi nella autoliquidazione medesima (c.d. imposta principale ‘postumà).

Al di là di questi limiti, l’imposta deve ritenersi complementare (oppure, in caso di errori dell’ufficio, suppletiva) e, dunque, estranea al concetto di solidarietà sopra indicato.

Il D.Lgs. n. 463 del 1997, art. 3-ter (Procedure di controllo sulle autoliquidazioni) stabilisce che “1. Gli uffici controllano la regolarità dell’autoliquidazione e del versamento delle imposte e qualora, sulla base degli elementi desumibili dall’atto, risulti dovuta una maggiore imposta, notificano, anche per via telematica, entro il termine di sessanta giorni dalla presentazione del modello unico informatico, apposito avviso di liquidazione per l’integrazione dell’imposta versata. Il pagamento è effettuato, da parte dei soggetti di cui al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 10, lett. b), entro quindici giorni dalla data della suindicata notifica; trascorso tale termine, sono dovuti gli interessi moratori computati dalla scadenza dell’ultimo giorno utile per la richiesta della registrazione e si applica la sanzione di cui al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 47, art. 13. Nel caso di dolo o colpa grave nell’autoliquidazione delle imposte, gli uffici segnalano le irregolarità agli organi di controllo competenti per l’adozione dei conseguenti provvedimenti disciplinari. Per i notai è ammessa la compensazione di tutte le somme versate in eccesso in sede di autoliquidazione con le imposte dovute per atti di data posteriore, con conseguente esclusione della possibilità di richiedere il rimborso all’Amministrazione finanziaria”.

La procedura di controllo automatizzato dell’autoliquidazione prevista da tale norma riguarda unicamente l’imposta autoliquidata la cui difformità dal dovuto risulti immediatamente percepibile assumendo all’uopo rilievo l’espressione “sulla base degli elementi desumibili dall’atto”.

Al contrario, ogniqualvolta la pretesa impositiva non trovi riscontro cartolare ed ictu oculi, ma richieda l’accesso ad elementi extratestuali o anche l’esperimento di particolari accertamenti fattuali o valutazioni giuridico-interpretative, l’amministrazione finanziaria non potrà procedere alla notificazione al notaio, nei 60 giorni, dell’avviso di liquidazione integrativo, dovendo invece emettere, secondo le regole generali, avviso di accertamento – per un’imposta che, a quel punto, sarà complementare – nei confronti delle parti contraenti.

A conforto di quanto sopra e, in particolare, circa la necessaria emersione dall’atto in sede di controllo automatizzato della autoliquidazione di eventuali errori, questa Corte (Cass. n. 15450 del 2019) in fattispecie del tutto sovrapponibile alla presente, ha osservato che la “stessa amministrazione finanziaria (v. Circ. n. 6/E del 5 febbraio 2003, richiamata dalla Circ. n. 18/E del 29 maggio 2013) invita gli uffici – pur nella necessaria considerazione contenutistica e sostanziale dell’atto – a riscontrare soltanto gli errori e le omissioni che siano oggettivi, univoci ed immediatamente desumibili dall’atto stesso; dunque, “senza sconfinare, in questa fase riservata al controllo dell’imposta principale, in delicate valutazioni o apprezzamenti sulla reale portata degli atti registrati o, comunque, pervenire a conclusioni sorrette da interpretazioni non univoche o che necessitino di qualsiasi attività istruttoria”.

Il richiamato precedente di questa Corte ha, poi, affermato il seguente principio “In tema di imposta ipotecaria e di registro, in base al combinato disposto del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 42 e 57 e D.Lgs. n. 463 del 1997, art. 3-ter, anche in caso di registrazione con procedura telematica, il notaio risponde in via solidale con i contraenti, e salvo rivalsa, unicamente per l’imposta principale, tale dovendosi considerare quella risultante dal controllo dell’autoliquidazione ovvero da elementi desumibili dall’atto con immediatezza e senza necessità di accertamenti fattuali o extra testuali, nè di valutazioni giuridico-interpretative. (Nella specie, la S.C. ha accolto nel merito il ricorso di un notaio contro un avviso di liquidazione che aveva assoggettato ad imposta proporzionale, anzichè fissa, un atto costitutivo di “trust” autodichiarato, nel rilievo che la sussumibilità di tale negozio come atto traslativo dipendesse da valutazioni giuridico-interpretative dell’Ufficio, sicchè la maggiore imposta che ne era scaturita era qualificabile come complementare, al cui pagamento il notaio non era obbligato quale responsabile d’imposta)”.

In applicazione di tale principio al caso di specie, risulta come la Commissione Tributaria Regionale non abbia tenuto in debito conto – ed in ciò si concreta la lamentata violazione di legge – che l’imposta dedotta in giudizio non aveva natura principale (nemmeno ‘postumà), bensì complementare così da esulare in radice, come detto, dalla responsabilità solidale del notaio.

Essa, infatti, non derivava infatti da “elementi desumibili dall’atto” e, in quanto tali, dotati di immediata evidenza ed univoca lettura, quanto piuttosto da una valutazione giuridica di inquadramento dell’istituto del trust e del vincolo di destinazione patrimoniale da esso stabilito; inquadramento (come noto, tuttora tra i più controversi in dottrina e giurisprudenza) a sua volta dirimente in ordine alla affermata assoggettabilità del trust al regime tributario proprio dei trasferimenti di ricchezza.

Consegue da quanto sopra che seppure il notaio ricorrente non ha contestato l’applicabilità al trust in oggetto dell’imposta proporzionale di trasferimento, ma soltanto la natura ‘principalè dell’imposta richiestagli, l’avviso di liquidazione integrativa da lui opposto risulta effettivamente illegittimo; e ciò per il solo fatto che esso miri a far valere un’ipotesi di responsabilità solidale del notaio al di fuori dei casi consentiti.

3. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, sussistono i presupposti per la decisione nel merito, ex art. 384 c.p.c., mediante accoglimento del ricorso introduttivo del giudizio.

4. Le spese di lite dell’intero procedimento vengono compensate, in ragione della non sempre lineare evoluzione normativa ed interpretativa in materia.

P.Q.M.

La Corte:

– Accoglie il ricorso;

– Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., accoglie l’originario ricorso del contribuente;

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 novembre 2020, mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, in corso di conversione in legge, con le modalità stabilite dal decreto reso dal Direttore Generale dei Servizi Informativi ed Automatizzati del Ministero della Giustizia, il 2 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

 

 

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