Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12217 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. I, 22/06/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 22/06/2020), n.12217

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1050/2019 proposto da:

S.R., rappresentato e difeso dall’avvocato Ameriga Petrucci

del Foro di Potenza, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 295/2018 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 14/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/02/2020 dal cons. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 295/2018 pubblicata il 14/05/2018 la Corte d’appello di Potenza ha respinto l’appello proposto da S.R., cittadino della Nigeria, avverso l’ordinanza del Tribunale di Potenza che aveva rigettato la sua domanda avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il richiedente riferiva di essere fuggito per timore di subire ritorsioni dal proprio datore di lavoro, che aveva denunciato per una truffa. La Corte d’appello ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale della Nigeria e della zona di Benin City da cui proveniva, descritta nel provvedimento impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente si duole del diniego della protezione sussidiaria, con riferimento ai vizi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Deduce che la motivazione della sentenza impugnata è apparente, affetta da contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, perplessa ed obiettivamente incomprensibile e adduce che, nella specie, non può operare il principio della “doppia conforme” in quanto non erano stati attivati nei due gradi di giudizio i poteri ufficiosi del Giudice sulla verifica della situazione geopolitica della Nigeria. Si duole dell’errata valutazione degli elementi fondanti la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c). Lamenta l’omesso approfondimento della situazione di violenza indiscriminata nell’Edo State e nel Sud della Nigeria, in base alle fonti internazionali del 2016, del 2017 e del maggio 2018 che richiama e il cui testo riporta ampiamente nel ricorso. Lamenta omessa pronuncia sugli elementi fondanti la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) e l’errato giudizio di non credibilità del suo racconto, reso anche avanti al Giudice in sede di audizione, senza adeguato esame dei fatti narrati.

2. Con il secondo motivo il ricorrente si duole del diniego della protezione umanitaria, denunciando i vizi di cui all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5. Nel ribadire che, anche in ordine a tale statuizione, la motivazione della sentenza impugnata è apparente, affetta da contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, perplessa ed obiettivamente incomprensibile e che, nella specie, non può operare il principio della “doppia conforme”, richiama diffusamente pronunce di questa Corte e rimarca che, in base a numerose ed accreditate fonti internazionali in Nigeria e negli Stati del Sud, le condizioni di vita sono precarie, con riferimento alla compromissione dei diritti umani, alla salute, all’emergenza ambientale e all’alimentazione, e che era stata omessa la valutazione della sua situazione di vulnerabilità e del suo livello di integrazione in Italia, in base alla comparazione da effettuarsi come da pronuncia n. 4455/2018 di questa Corte.

3. Il primo motivo è inammissibile.

3.1. Il ricorrente si duole dell’omessa valutazione della ricorrenza delle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) senza neppure descrivere quale sia la sua vicenda personale (pag. n. 8 e 27 ricorso) e senza riportare nel ricorso (cfr. pag. n. 4) il motivo d’appello relativo alle suindicate ipotesi a) e b) del citato art. 14. La Corte territoriale ha ritenuto generica l’allegazione del richiedente sul suo timore di subire ritorsioni da soggetti privati, precisando che lo stesso appellante riferiva di aver fatto arrestare il suo datore di lavoro, il quale gli aveva ordinato di truffare gli automobilisti, nell’eseguire le mansioni di benzinaio, mischiando benzina e cherosene. Il ricorrente non censura specificamente detta affermazione, nè allega, riportando in ricorso il corrispondente motivo d’appello, fatti di rilevanza in ordine alla ricorrenza delle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) difettando, così, la doglianza di cui trattasi di sufficiente specificità e di autosufficienza.

3.2. Il ricorrente si duole, altresì, dell’errata valutazione degli elementi fondanti la domanda di protezione sussidiaria di cui al citato art. 14, lett. c).

In ordine a detta misura di protezione, questa Corte ha chiarito che l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, non censurabile in sede di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 32064/2018 e Cass. n. 30105/2018).

Occorre, inoltre, precisare che, ai sensi del combinato disposto dell’art. 70, art. 348 bis, lett. a) e art. 348 ter, non opera nella fattispecie il principio della cd. “doppia conforme”, trattandosi di azione di status.

Ciò posto, nel caso di specie, la Corte territoriale ha compiuto l’accertamento istruttorio sulla situazione del Paese ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), e, con motivazione idonea (Cass. S.U. n. 8053/2014), nonchè indicando le fonti di conoscenza (pag. n. 10 della sentenza impugnata), ha analizzato la situazione politica della Nigeria ed ha escluso l’esistenza di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di origine del ricorrente (Edo State).

Il ricorrente denunzia genericamente la violazione di norme di legge e vizi motivazionali, attraverso il richiamo alle disposizioni che assume disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta, quanto alla situazione del suo Paese, inammissibilmente difforme da quella accertata nel giudizio di merito.

4. Anche il secondo motivo è inammissibile.

4.1. Occorre premettere che la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari presentata, come nella specie, prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, deve essere scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione (Cass. S.U. n. 29459/2019)

4.2. Il ricorrente si limita a richiamare pronunce di merito e di legittimità, nonchè la normativa di riferimento, mediante generiche deduzioni sulla situazione generale del Paese e sulle condizioni di vita precarie ivi esistenti, senza precisare alcun elemento individualizzante di rilevanza o fatti specifici che possano rivestire decisività, nel senso precisato da questa Corte e chiarito con la recente pronuncia delle Sezioni Unite già citata (tra le tante Cass. n. 9304/2019 e Cass. S.U. n. 29459/2019).

Anche il vizio motivazionale è genericamente denunciato e si risolve in una inammissibile richiesta di rivalutazione del merito, avendo la Corte territoriale, con motivazione idonea, escluso la sussistenza di fattori di vulnerabilità, correttamente evidenziando l’irrilevanza della situazione del Paese di transito nei termini prospettati dal richiedente (Cass. n. 31676/2018; Cass. n. 29875/2018; Cass. n. 13096/2019), nonchè esaminando la circostanza dell’inquinamento ambientale.

Il fattore di integrazione lavorativa e sociale in Italia non può essere isolatamente considerato, diventando recessivo se difetta la vulnerabilità, come nella specie, ed inoltre la situazione del Paese di origine, in termini generali ed astratti, è di per sè inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria (Cass. S.U. n. 29459/2019 citata, in conformità a Cass. n. 4455/2018).

5. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, nulla dovendo disporsi circa le spese del presente giudizio, stante la mancata costituzione del Ministero.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

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