Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12217 del 06/06/2011

Cassazione civile sez. II, 06/06/2011, (ud. 18/02/2011, dep. 06/06/2011), n.12217

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

B.A. (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso

dall’Avv. MAIONE Vittorio in virtù di procura speciale a margine del

ricorso e domiciliato “ex lege” presso la Cancelleria della Corte di

cassazione;

– ricorrente –

contro

B.G. (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e

difeso dall’Avv. FUCCI Giovanna in virtù di procura speciale a

margine del controricorso ed selettivamente domiciliato presso lo

studio dell’Avv. Andrea Abbamonte, in Roma, v. degli Avignonesi, n.

5;

– controricorrente –

e

BE.Gi.;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Napoli n.

992 del 2009, depositata il 19 marzo 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18 febbraio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso: “nulla

osserva”.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che il Consigliere designato ha depositato, in data 7 dicembre 2010, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.: “Con la sentenza n. 992 del 2009 (depositata il 19 marzo 2009), la Corte di appello di Napoli, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da B.A. nei confronti di B.G. e Be.Gi. avverso la sentenza non definitiva resa “inter partes” dal Tribunale di Benevento in data 25/7/2005, lo rigettava (unitamente a quello incidentale) e compensava le spese del grado.

Contro la menzionata sentenza di secondo grado n. 992/2009 (non notificata) ha proposto ricorso per cassazione il B.A. (notificato il 29 aprile 2010 e depositato il successivo 19 maggio), formulando un unico motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, basato sulla supposta insufficienza della motivazione della indicata decisione che non aveva tenuto conto delle prove documentali prodotte da esso ricorrente a riprova della mancata maturazione del ventennio ai fini dell’usucapione eccepita dal germano B.G..

Si è costituito in questa fase con controricorso l’intimato B.G. che ha dedotto l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza del ricorso.

Ritiene il relatore che sembrano sussistere, nel caso in questione, i presupposti per dichiarare inammissibile il ricorso con riferimento al motivo proposto nelle forme del procedimento camerale, per manifesta inosservanza del requisito di ammissibilità previsto dall’art. 366 bis c.p.c. (introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006 e “ratione temporis” applicabile nella fattispecie, vertendosi nell’ipotesi di ricorso avverso sentenza ricadente nell’ambito di applicabilità dell’indicato D.Lgs.).

Sul piano generale si osserva (cfr., ad es., tra le più recenti, Cass. n. 4556/2009) che l’art. 366 bis c.p.c., nel prescrivere le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta, ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso medesimo, una diversa valutazione da parte del giudice di legittimità a seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, ovvero del motivo previsto dal numero 5 della stessa disposizione. Nel primo caso ciascuna censura deve, all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va funzionalizzata, come attestato dall’art. 384 c.p.c., all’enunciazione del principio di diritto ovvero a “dieta” giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza, mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (il cui oggetto riguarda il solo “iter” argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione.

Ciò posto, alla stregua della uniforme interpretazione di questa Corte (secondo la quale, inoltre, ai fini dell’art. 366 bis c.p.c., il quesito di diritto non può essere implicitamente desunto dall’esposizione del motivo di ricorso, nè può consistere o essere ricavato dalla semplice formulazione del principio di diritto che la parte ritiene corretto applicare alla fattispecie, poichè una simile interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della suddetta norma codicistica), si rileva che il ricorrente non si è attenuto alla rigorosa previsione scaturente dal citato art. 366 bis c.p.c., non avendo supportato il formulato motivo con la necessaria sintesi dell’assunto vizio motivazionale.

Ne consegue, quindi, che detto motivo deve considerarsi inammissibile, non risultando specificamente indicati i fatti controversi in relazione ai quali la motivazione si assume carente, nè essendo indicati i profili di rilevanza di tali fatti, essendosi il ricorrente limitato ad enunciare la necessaria esaustività della motivazione quale premessa maggiore del sillogismo che avrebbe dovuto portare alla soluzione del problema giuridico, senza indicare la premessa minore (cioè i fatti rilevanti su cui vi sarebbe stata omissione) e, soprattutto, senza svolgere il successivo momento di sintesi dei rilievi attraverso il quale poter cogliere la fondatezza della specifica censura. Peraltro il ricorso si profila, altresì, inammissibile per difetto del requisito di autosufficienza per aver posto genericamente riferimento alla copiosa documentazione versata in atti sin dal momento della costituzione in giudizio con la proposta riconvenzionale, dalla quale sarebbe stato agevole rilevare i vari stati e gradi, nonchè i tempi della costruzione e realizzazione del manufatto dedotto in controversia, al fine di escludere la maturazione de termine ventennale in funzione dell’acquisto per usucapione da parte del suddetto germano. Così impostato, il ricorso viola il disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), il quale impone, a pena di inammissibilità, la specifica indicazione dei documenti e degli atti processuali sui quali il ricorso stesso è fondato. Sul punto si rileva che la giurisprudenza di questa Corte (cfr., per tutte, Cass. SS.UU. n. 23019/2007) è consolidata nel ritenere che, in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006 (applicabile nella fattispecie), il novellato art. 366 c.p.c., richiede la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, al fine di realizzare l’assoluta precisa delimitazione del “thema decidendum”, attraverso la preclusione per il giudice di legittimità di esorbitare dall’ambito dei quesiti che gli vengono sottoposti e di porre a fondamento della sua decisione risultanze diverse da quelle emergenti dagli atti e dai documenti specificamente indicati dal ricorrente; nè può ritenersi sufficiente la generica indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso nella narrativa che precede la formulazione dei motivi.

In definitiva, si riconferma che sembrano emergere le condizioni per procedere nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c. (nella versione ante L. n. 69 del 2009), ravvisandosi le condizioni per pervenire alla declaratoria di inammissibilità del ricorso in questione”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, aggiungendosi, quale ulteriore profilo di inammissibilità, la violazione della prescrizione imposta dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), risultando omessa nel ricorso l’esposizione del fatto sostanziale e processuale non desumibile neppure dall’esame del motivo – evidenziandosi, altresì, che il difetto di autosufficienza riscontrato nella mancata indicazione specifica dei documenti invocati si riverbera in ulteriore e non meno grave carenza, non risultandovi riprodotti i testi integrali, o la pertinente e significativa parte di essi, ai quali è fatto riferimento e della cui decisività questa Corte avrebbe dovuto decidere ancor prima di delibare la rilevanza del dedotto vizio di motivazione in relazione agli stessi;

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente, in quanto soccombente, al pagamento delle spese in favore del controricorrente, nella misura liquidata come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2011

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