Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1221 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 21/01/2021, (ud. 06/11/2020, dep. 21/01/2021), n.1221

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – rel. Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10499/2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

(C.F.: (OMISSIS)), presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi

12, è domiciliata;

– ricorrente –

contro

M.A., rappresentato e difeso dall’avv. B.I.

ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, Via degli

Scialoja n. 18;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6226/21/16 della Commissione tributaria

Regionale di Roma, depositata il 19/10/2016;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2020

dal Consigliere Dott. Pepe Stefano.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

1. La Commissione tributaria regionale di Roma, con sentenza n. 6226/21/16, depositata il 19/10/2016, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate e, per l’effetto, confermava la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso del contribuente avverso l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro relativo alla sentenza emessa dal Tribunale di Roma (n. 12189/2009) e afferente alla divisione dell’asse ereditario pervenuto al contribuente. In particolare, l’atto impositivo si fondava non sul reale cespite pervenuto al M., per come risultante dalla CTU richiamata nella suindicata sentenza, ma su un accertamento induttivo.

3. Avverso tale sentenza l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

4. Il contribuente depositava controricorso.

5. In prossimità della camera di consiglio il contribuente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 53 e 54.

Con tale censura la ricorrente rileva che, diversamente da quanto sostenuto dalla CTR, l’Amministrazione aveva correttamente determinato la base imponibile oggetto di tassazione ex art. 53 cit. mancando ogni espressa previsione sul punto nella sentenza di divisione ereditaria oggetto di imposizione e non essendo all’uopo surrogabile tale previsione con il mero richiamo contenuto nel provvedimento alla espletata CTU.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione degli artt. 99,112 e 115 c.p.c., per avere la CTR dichiarato l’inammissibilità del motivo di appello relativo alla mancata rideterminazione da parte del giudice di prime cure della base imponibile; inammissibilità derivante dal fatto che, sempre secondo la CTR, la relativa censura andava proposta con appello incidentale.

Sul punto la ricorrente richiama la natura del processo tributario di “impugnazione-merito” sulla cui base è rimesso al potere del giudice, qualora ritenga l’atto impositivo affetto da vizi sostanziali, esaminare nel merito la pretesa tributaria e, dunque, nella specie egli avrebbe dovuto rideterminare l’imposta dovuta sulla base della CTU richiamata nella sentenza di divisione oggetto di imposizione e non semplicemente annullare l’avviso ad essa relativo. Infine, la ricorrente rileva che la CTR non ha tenuto conto del fatto che il contribuente aveva riconosciuto, seppure sulla base del minor importo indicato nella CTU, la debenza del tributo richiesto.

3. Con il terzo motivo l’Agenzia delle entrate censura, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la sentenza della CTR per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 53 e 54.

La ricorrente rileva, da un lato, che il motivo di appello con il quale si era censurata la mancata rideterminazione della base imponibile da parte del giudice di primo grado non aveva comportato alcuna estensione del thema decidendum e che, comunque, non poteva richiedersi, così come fatto dalla CTR, la proposizione di tale domanda mediante appello incidentale, rivestendo l’Agenzia la parte di appellante.

4. In via preliminare, il Collegio deve esaminare l’eccepita nullità del giudizio di secondo grado invocata dalla difesa del M. sul presupposto dell’omessa notifica dell’appello e, conseguentemente, della mancata partecipazione al relativo giudizio.

5. L’eccezione non è fondata.

In proposito, fermo il principio secondo cui quando viene dedotto un error in procedendo, il sindacato del giudice di legittimità investe direttamente l’invalidità denunciata, mediante l’accesso diretto agli atti sui quali il ricorso è fondato, posto che, in tali casi, la Corte di cassazione è giudice anche del fatto (cass. n. 20716 de12018), nella specie risulta l’avvenuta notifica del ricorso in appello il 2.10.2015 presso il domicilio eletto dal contribuente per come indicato nell’epigrafe della sentenza di primo grado.

6. Il primo motivo non è fondato.

Sul punto è sufficiente osservare che, per come rilevato dalla CTR, la sentenza di divisione ereditaria emessa dal Tribunale di Roma (n. 12189/2009) posta a fondamento dell’avviso di accertamento impugnato richiama la CTU espletata nel corso del giudizio; CTU che ha quantificato i diversi valori dell’asse ereditario e ai quali, quindi, l’Amministrazione era tenuta a conformarsi senza fare ricorso, così come avvenuto nel caso di specie, a criteri sostitutivi ex art. 53 cit..

Tale disposizione, rubricata (Atti sprovvisti di indicazioni necessarie) prevede che “Se l’atto non contiene la dichiarazione di valore nè l’indicazione del corrispettivo, l’Ufficio determina la base imponibile, salva l’applicazione dell’art. 52 nelle ipotesi previste nell’art. 51, commi 3 e 4”.

7. Il secondo e il terzo motivo di ricorso, da trattarsi congiuntamente stante la loro connessione, sono inammissibili per carenza di interesse.

La CTR ha osservato che “la sentenza del Tribunale Civile di Roma (…) recepisce e, dunque “richiama” la CTU esperita nel corso del giudizio. Sicchè (…) l’accertamento del valore dei cespiti (effettuato mediante il richiamo in questione) costituiva e costituisce una parte essenziale della motivazione (per relationem) della menzionata sentenza”.

Dalla motivazione così riportata emerge quindi che, diversamente da quanto ritenuto dalla ricorrente, la CTR ha individuato il valore dei beni sulla cui base calcolare l’imposta dovuta in quello risultante dalla CTU oggetto di richiamo nella sentenza del Tribunale civile di Roma. Consegue da ciò che l’Amministrazione finanziaria era in grado di determinare il quantum dovuto per come evincibile dalla motivazione della CTR sopra indicata che, di fatto, ha assolto la sua funzione sostitutiva di impugnazione-merito.

6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2012, n. 115, art. 13, comma 1- quater.

PQM

La Corte:

– Rigetta il ricorso

– Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.900,00, oltre spese ed accessori.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 novembre 2020, mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, in corso di conversione in legge, con le modalità stabilite dal decreto reso dal Direttore Generale dei Servizi Informativi ed Automatizzati del Ministero della Giustizia, il 2 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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