Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12209 del 08/05/2019

Cassazione civile sez. VI, 08/05/2019, (ud. 27/02/2019, dep. 08/05/2019), n.12209

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2470-2018 proposto da:

CONGREGAZIONE FEMMINILE SERVE DEI POVERI BOCCONE DEL POVERO, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’Avvocato GRECO GIUSEPPE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2113/11/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA, depositata il 12/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

DELL’ORFANO ANTONELLA.

Fatto

RILEVATO

Che:

la Congregazione Femminile Serve dei Poveri “Boccone del Povero” propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, indicata in epigrafe, che aveva accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate contro la decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Palermo n. 1/2012, la quale aveva accolto il ricorso proposto per ottenere il diritto all’esenzione dal pagamento dell’IRAP ed il rimborso di quanto versato a tale titolo negli anni di imposta 2002-2007;

l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1. va disatteso il terzo motivo di ricorso, che va preliminarmente esaminato in ordine logico, con cui si lamenta vizio di motivazione (omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia) circa l’eccepita carenza di rappresentanza dell’Ente appellante, con conseguente nullità del gravame proposto, avendo l’odierna ricorrente lamentato che non era stato indicato nell’atto di appello il provvedimento deliberativo che dava titolo alla proposizione dell’appello, nè il funzionario che avrebbe rappresentato in giudizio l’Ente impositore recando l’atto la sola sottoscrizione del Capo Ufficio Legale dell’Ente su delega del Direttore Provinciale;

1.2. va in primo luogo ribadito che in conseguenza della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito con modificazioni nella L. n. 134 del 2012, è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che si limiti a denunciare l’insufficienza o la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, essendo denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass., S.U., n. 8053/2014), atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del medesimo art. 360 c.p.c., n. 4) (cfr. Cass. n. 13928/2015);

1.3. questa Corte ha altresì chiarito che l’omesso esame di un “fatto” deve riguardare un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza in senso storico-naturalistico (cfr. Cass. n. 21152/2014), mentre nella specie l’assunta carenza motivazionale della sentenza impugnata è dedotta con riferimento alla “carenza di rappresentanza dell’Ente appellante”, che non concreta un fatto nel senso storico-naturalistico di cui ai sopra esposti principi;

1.4. è opportuno peraltro anche rilevare che l’omesso esame cui allude la norma di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 non concerne neppure i fatti rilevanti ai fini dell’applicazione delle norme regolatrici del procedimento, in quanto il loro omesso esame, concernendo fatti rilevanti per l’applicazione della legge regolatrice del processo rileva sempre nell’ambito del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, ovvero, se quei fatti riguardino l’applicazione della legge regolatrice della giurisdizione o della competenza, i vizi di cui allo stesso art. 360 c.p.c., nn. 1 e 2 (cfr. Cass. n. 5785/2017);

2.1. con il secondo motivo, che va parimenti esaminato e deciso con priorità, giacchè fondato su una ragione più liquida che consente di modificare l’ordine delle questioni da trattare, in adesione alle esigenze di celerità del giudizio e di economia processuale di cui agli artt. 24 e 111 Cost. (cfr. Cass. n. 12002/2014: conf. Cass. n. 23531/2016), si lamenta che, in violazione dell’art. 345 c.p.c., l’Ente impositore, solo in grado di appello, abbia sollevato la questione circa l’insussistenza del diritto al rimborso fatto valere dalla ricorrente, sostenendo che nella fattispecie non trovava applicazione la prescrizione ordinaria decennale prevista per l’indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., ma la disciplina di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, che prevede la presentazione dell’istanza all’Ufficio entro 48 mesi dal presunto indebito versamento;

2.2. si deduce quindi che la CTR avrebbe erroneamente consentito la proponibilità dell’eccezione di decadenza formulata dall’Agenzia delle entrate soltanto in grado di appello, accogliendo poi la richiesta di annullamento della decisione di primo grado;

2.3. il motivo è infondato, ed assorbe l’esame primo (con cuì sì lamenta che la CTR avrebbe altresì respinto la richiesta di rimborso per mancata iscrizione della ricorrente, presso le Regioni e Provincie Autonome, ad “un registro nel quale sono inserite le associazioni che svolgono la loro attività nel territorio e che risultano in possesso di determinati requisiti” di cui alla L. n. 383 del 2000, art. 7), atteso che questa Corte, con orientamento consolidato, è ferma nel ritenere che in materia tributaria, la decadenza, essendo prevista in favore dell’amministrazione finanziaria ed attenendo a situazione non disponibile, può essere rilevata d’ufficio, purchè emerga dagli elementi comunque acquisiti agli atti del giudizio, sicchè la stessa è sottratta al regime delle eccezioni nuove (cfr. Cass. nn. 317/2015, 5862/2013, 4670/2012);

2.4. la censura esaminata attiene alla statuizione della CTR che ha ritenuto l’ammissibilità dell’eccezione, qualificata come di decadenza, da parte del Giudice di appello, e trattasi di decadenza del contribuente dal diritto al rimborso, è rilevabile d’ufficio, ai sensi dell’art. 2969 c.c., anche in sede di legittimità, dunque la questione poteva essere sottoposta all’attenzione del Giudice anche in fase di appello, il che esclude che la CTR abbia erroneamente applicato i principi di diritto dianzi illustrati;

3. sulla scorta di quanto sin qui illustrato il ricorso va integralmente respinto, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 7.800,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 -quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Corte di Cassazione, Sesta Sezione, il 27 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2019

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