Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12207 del 07/05/2021

Cassazione civile sez. I, 07/05/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 07/05/2021), n.12207

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13343/2019 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in Roma, via Innocenzo XI 8,

presso lo studio dell’avvocato Alberto Galati, rappresentato e

difeso dall’avvocato Vincenzo Vaiti, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CATANZARO, depositato il

05/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/02/2021 da Dott. FALABELLA MASSIMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnato per cassazione il decreto del Tribunale di Catanzaro del 5 febbraio 2019. Con quest’ultima pronuncia è stato negato che al ricorrente M.A., cittadino (OMISSIS), potesse essere riconosciuto lo status di rifugiato ed è stato altresì escluso che lo stesso potesse essere ammesso alla protezione sussidiaria e a quella umanitaria.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su tre motivi. Il Ministero dell’interno resiste con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo oppone la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 112,132 c.p.c. e art. 156 c.p.c., comma 2 e art. 111 Cost., comma 6, oltre che “contrasto” con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e “violazione dei principi di correttezza e buon andamento dell’attività amministrativa ex art. 97 Cost.”.

Il motivo, con cui il ricorrente censura la mancata sua audizione da parte del Tribunale, è inammissibile. L’istante si lagna, in sintesi, del giudizio espresso dal giudice del merito, il quale ha ritenuto esaustiva l’audizione tenutasi avanti alla Commissione territoriale. Ora, il ricorso per cassazione con il quale sia dedotta, in mancanza di videoregistrazione, l’omessa audizione del richiedente che ne abbia fatto espressa istanza, deve contenere l’indicazione puntuale dei fatti che erano stati dedotti avanti al giudice del merito a sostegno di tale richiesta, avendo il ricorrente un preciso onere di specificità della censura (Cass. 11 novembre 2020, n. 25312): la doglianza svolta si presenta invece, sul punto, gravemente generica. Va aggiunto, per completezza, che, in ogni caso, la richiesta di audizione non vincola il giudice a disporre in tal senso, ove la domanda di protezione internazionale sia da lui ritenuta manifestamente infondata o inammissibile (Cass. 7 ottobre 2020, n. 21584; Cass. 13 ottobre 2020, n. 22049; 17 novembre 2020, n. 26122).

2. – Col secondo motivo il ricorrente oppone la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3.

La censura, nella parte in cui investe l’articolato giudizio espresso dal Tribunale quanto alla non credibilità del racconto del richiedente, è inammissibile. Infatti, la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340; cfr. pure Cass. 2 luglio 2020, n. 13578). Nè coglie nel segno la deduzione secondo cui “anche a prescindere dal tema dell’attendibilità del ricorrente, l’indagine dell’autorità giudiziaria avrebbe dovuto dirigersi verso le condizioni dello Stato di appartenenza” (pag. 12 del ricorso). Infatti, “la riferibilità soggettiva e individuale del rischio di subire persecuzioni o danni gravi rappresenta un elemento costitutivo del rifugio politico e della protezione sussidiaria dell’art. 14, ex lett. a) e b), escluso il quale dal punto di vista dell’attendibilità soggettiva, non può riconoscersi il relativo status” (Cass. 17 giugno 2018, n. 16925, in motivazione). Lo stesso discorso vale per la protezione umanitaria: il Tribunale ha infatti rilevato che la richiesta di protezione umanitaria non si fondava su fatti diversi da quelli posti a fondamento della domanda di protezione maggiore; ne discende che, anche ai fini del riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, risultava dirimente l’accertamento circa la non credibilità della vicenda narrata (infatti, i criteri posti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, trovano applicazione anche in tema di protezione umanitaria: Cass. 24 settembre 2012, n. 16221).

3. – Il terzo mezzo denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3,4,5,6 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27 e artt. 2 e 3 CEDU, nonchè difetto di motivazione, travisamento dei fatti e omesso esame di fatti decisivi.

Il motivo è inammissibile in quanto cumula in modo confuso censure che non sono, comunque, concludenti. Il ricorrente evoca l’art. 8 della dir. 2004/83/CE per dolersi – così sembra almeno – del rilievo che il Tribunale ha assegnato alla propria situazione di provenienza (Delta State): ma manca di considerare che il richiedente non può accedere alla protezione se proveniente da una regione o area interna del paese d’origine sicura, per il solo fatto che vi siano nello stesso paese anche altre regioni o aree invece insicure (Cass. n. 15 settembre 2019, n. 13088; Cass. 10 luglio 2019, n. 18540; Cass.

28 ottobre 2020, n. 23776). Non si vede, poi, in che modo il Tribunale abbia violato la disposizione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, secondo cui i responsabili del danno grave possono essere anche soggetti privati, ove le autorità preposte non possono o non vogliono fornire protezione: infatti, il giudizio di non credibilità della narrazione del richiedente impedisce di correlare la richiamata disposizione a una delle fattispecie di cui all’art. 14, lett. a) e lett. b). Quanto all’ipotesi di cui alla lett. c), il Tribunale ha escluso, sulla base di una ricognizione delle pertinenti fonti informative, che la regione del Delta State, da cui proviene l’istante, sia interessata a una situazione di violenza indiscriminata in presenza di conflitto armato: e il detto accertamento implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito (Cass. 12 dicembre 2018, n. 32064), suscettibile di essere censurato in sede di legittimità a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. 21 novembre 2018, n. 30105), oltre che per assenza di motivazione (nel senso precisato da Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054): censure, queste, che sono genericamente annunciate dalla titolazione del motivo ma che non risultano coerentemente sviluppate nel corpo del medesimo.

4. – Il ricorso è respinto.

5. – Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 9 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2021

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