Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12205 del 22/06/2020
Cassazione civile sez. I, 22/06/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 22/06/2020), n.12205
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAMBITO Maria G.C. – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 7903/2019 proposto da:
K.B., elettivamente domiciliato presso l’avv. Andrea Maestri
che lo rappres. e difende, con procura speciale in calce al ricorso.
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno; Prefettura della provincia di Forlì, in
persona dei rispettivi legali rappres. p.t.;
– resistenti –
avverso l’ordinanza n. 27/2019 del GIUDICE DI PACE di FORLI’,
depositata il 29/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
16/01/2020 dal Cons., Dott. CAIAZZO ROSARIO.
Fatto
RILEVATO
CHE:
K.B. impugnò il provvedimento d’espulsione emesso dal Prefetto di Forlì per rimpatrio immediato con allontanamento, notificato il 27.12.18.
Con atto del 29.1.2019 il Giudice di pace di Forlì respinse l’opposizione, rilevando che: il provvedimento impugnato era legittimo e sufficientemente motivato; il ricorrente era risultato irregolare sul territorio nazionale in quanto sprovvisto di titoli abilitativi del soggiorno in seguito al provvedimento di rigetto della domanda di protezione internazionale emesso dalla Corte d’appello il 14.12.16, in riforma dell’ordinanza del Tribunale; il permesso di soggiorno era scaduto il 5.11.17 e ne fu chiesto il rinnovo tardivamente, in data 10.7.18 oltre il termine di 60 gg.; il ricorrente non aveva addotto situazioni riconducibili al diritto all’unità familiare, avendo solo allegato la dichiarazione resa al Questore di Forlì da parte di D.N.L. il quale aveva affermato di ospitare il ricorrente dal (OMISSIS) presso la sua residenza in (OMISSIS) senza ulteriori specificazioni; la prova testimoniale dedotta dal ricorrente non era stata ammessa perchè inammissibile (tardiva).
Il K. ricorre in cassazione con due motivi.
Il Ministero si è costituito al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
Diritto
RITENUTO
CHE:
Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 5, art. 13, comma 2 e artt. 29 ss., in riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, lamentando che il giudice di pace aveva omesso di considerare l’esistenza di vincoli familiari.
Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 702 bis e ter c.p.c. e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18 avendo il giudice di primo grado ritenuto inammissibile la prova testimoniale articolata in ordine all’effettiva sussistenza dei vincoli familiari.
Il primo motivo è infondato.
Va osservato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte – cui il collegio intende dare continuità – la convivenza more uxorio dello straniero con un cittadino, ancorchè giustificata dal tempo necessario affinchè uno o entrambi i conviventi ottengano la sentenza di scioglimento del matrimonio dal proprio coniuge, non rientra tra le ipotesi tassative di divieto di espulsione di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, le quali, essendo previste in deroga alla regola generale dell’obbligo di espulsione nelle fattispecie contemplate dall’art. 13, D.Lgs. cit., non sono suscettibili di interpretazione analogica o estensiva; nè, manifestamente, contrasta con principi costituzionali la previsione (contenuta nell’art. 19 cit.) del divieto di espulsione solo per lo straniero coniugato con un cittadino italiano e per lo straniero convivente con cittadini che siano con lo stesso in rapporto di parentela entro il quarto grado, atteso che essa risponde all’esigenza di tutelare da un lato l’unità della famiglia, dall’altro il vincolo parentale e riguarda persone che si trovano in una situazione di certezza di rapporti giuridici, che è invece assente nella convivenza more uxorio (Cass., n. 13810/14; n. 8889/19).
Pertanto, nel caso concreto, il giudice di pace ha correttamente ritenuto legittimo il provvedimento d’espulsione, non sussistendo alcun legame familiare o personale che, alla stregua della normativa vigente, legittimi il riconoscimento del permesso di soggiorno.
Il secondo motivo resta assorbito dal rigetto del primo: non essendo la relazione affettiva rilevante ai fini del divieto di espulsione, la questione dell’ammissibilità della prova su tale relazione, risulta infatti, ininfluente.
Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione delle parti intimate; inoltre, dato l’oggetto del giudizio, non s’applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020