Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12202 del 18/05/2010

Cassazione civile sez. II, 18/05/2010, (ud. 22/04/2010, dep. 18/05/2010), n.12202

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.p.a. IMMOBILIARE PIANEL, in persona dell’amministratore unico,

rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in calce al

ricorso, dagli Avv. Regina Michele e Antonio Coderoni, elettivamente

domiciliata nello studio di quest’ultimo in Roma, via della Giuliana,

n. 63;

– ricorrente –

contro

P.W. e G.G., rappresentati e difesi, in

forza di procura speciale a margine del controricorso, dagli Avv. Di

Maio Mariano e Giuseppe Cerulli Irelli, elettivamente domiciliati

presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Toscana, n. 1;

– controricorrenti –

e nei confronti di:

S.p.a. SANPAOLO IMI, in persona del legale rappresentante pro

tempore; e MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI, in persona del Ministro pro

tempore;

– intimati –

e sul ricorso proposto da:

P.W. e G.G., rappresentati e difesi, in

forza di procura speciale a margine del controricorso, dagli Avv.

Mariano Di Maio e Giuseppe Cerulli Irelli, elettivamente domiciliati

presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Toscana, n. 1;

– ricorrenti in via incidentale condizionata e non –

contro

S.p.a. IMMOBILIARE PIANEL, in persona dell’amministratore unico,

rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in calce al

ricorso, dagli Avv. Michele Regina e Antonio Coderoni, elettivamente

domiciliata nello studio di quest’ultimo in Roma, via della Giuliana,

n. 63;

– controricorrente –

e nei confronti di:

S.p.a. SANPAOLO IMI, in persona del legale rappresentante pro

tempore; e MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI, in persona del Ministro pro

tempore;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino n. 1853

depositata il 12 novembre 2004;

Udita, la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 22

aprile 2010 dal Consigliere relatore Dott. GIUSTI Alberto;

uditi gli Avv. Antonio Coderoni e Giuseppe Cerulli Irelli;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. RUSSO Rosario, che ha concluso, previa riunione, per

il rigetto del ricorso principale, l’accoglimento del ricorso

incidentale non condizionato e l’assorbimento del ricorso incidentale

condizionato.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – P.W. e G.G., in veste di promissari acquirenti, e la s.p.a. Immobiliare Panel, promittente venditrice, hanno stipulato un contratto preliminare di vendita di un appartamento in un edificio in costruzione in (OMISSIS), nell’ambito di un intervento di edilizia residenziale di tipo economico e popolare.

Da questo contratto sono sorte due contrapposte pretese: quella dei promissari acquirenti, rivolta ad ottenere, tra l’altro, la restituzione della somma di L. 6.688.605, relativa al rimborso dell’ammortamento di rate di prefinanziamento del mutuo; quella, azionata dalla Immobiliare Pianel, tesa ad ottenere la condanna dei promissari al pagamento, in via riconvenzionale, di L. 28.729.130 per ratei inerenti la concessione del mutuo, e al pagamento, chiesto con separata citazione, degli interessi sul mutuo a far tempo dalla data di consegna dell’appartamento alla data di erogazione del mutuo.

Il Tribunale di Torino – dinanzi al quale il contraddittorio e’ stato esteso anche nei confronti della s.p.a. SanPaolo IMI e dell’Amministrazione dei lavori pubblici – ha accolto soltanto la riconvenzionale della Pianel.

2. – La Corte d’appello di Torino, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 12 novembre 2004, giudicando sul gravame principale del P. e della G. e sul gravame incidentale della Immobiliare, in parziale accoglimento dell’appello principale e in parziale riforma dell’impugnata sentenza, ha rigettato la domanda, proposta dalla Immobiliare, di condanna del P. e della G. a versare alla societa’ promittente venditrice la somma di L. 28.719.180; in accoglimento della domanda proposta dai promissari acquirenti, ha condannato l’Immobiliare a restituire ai predetti la somma di L. 6.688,605, indebitamente versata a titolo di ratei di prefinanziamento, con interessi legali dalla data di ciascun versamento al saldo; ha condannato l’Immobiliare a restituire agli appellanti in via principale le somme ricevute in forza della esecutivita’ della sentenza di primo grado;

ha regolato le spese del giudizio, liquidando per il grado d’appello la complessiva somma di Euro 2.325,00, posta a carico della Immobiliare.

2.1. – La sentenza della Corte d’appello si fonda sulla seguente motivazione.

Il prefinanziamento bancario, inteso come anticipazione di denaro da parte del sistema bancario all’imprenditore costruttore prima della stipulazione ed erogazione del mutuo, non puo’ che gravare sull’impresa che lo ha richiesto, quale costo di esercizio, mentre solo un patto espresso con cui il promissario acquirente si assume l’obbligo di rivalere il promittente venditore di tali oneri puo’ valere a costituire l’obbligazione a suo carico.

Nella specie difetta tale patto espresso; non valendo, in senso contrario, ne’ la circostanza che nel preliminare sia stato pattuito che “gli immobili verranno trasferiti . . . con tutti gli oneri, ragioni, diritti” (trattandosi di mera clausola di stile) e che “per le somme non versate alla consegna delle chiavi decorrono gli interessi nella misura del 15%” (tale clausola riferendosi esclusivamente all’accollo del mutuo CER contestualmente alla stipulazione dell’atto pubblico di trasferimento), ne’ il fatto che i promissari acquirenti abbiano per un determinato periodo di tempo dato esecuzione al pagamento degli interessi.

Poiche’ il preliminare prevedeva espressamente che una parte del prezzo fosse da corrispondere mediante il mutuo e che il relativo accollo dovesse avvenire al momento del rogito notarile, i promissari acquirenti non possono essere considerati “morosi nel relativo pagamento, che doveva essere eseguito con la modalita’ dell’accollo del mutuo e che non era esigibile prima della stipulazione del contratto definitivo”.

La natura di credito di destinazione o di scopo del mutuo, finalizzato alla costruzione del complesso immobiliare, non vale a traslare, in difetto di patto e-spresso, la relativa obbligazione sul successivo acquirente del bene.

3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello ha proposto ricorso la Immobiliare Pianel, con atto notificato il 2 – 3 febbraio 2005, sulla base di cinque motivi.

Mentre il SanPaolo IMI e l’Amministrazione dei lavori pubblici non hanno svolto attivita’ difensiva in questa sede, si sono costituiti, con controricorso, il P. e la G., i quali hanno, a loro volta, proposto ricorso incidentale non condizionato, affidato ad un motivo, e ricorso incidentale condizionato, sulla base di due motivi.

Il ricorso incidentale ed incidentale condizionato dei promissari acquirenti e’ stato resistito, con controricorso, dalla Immobiliare Pianel.

In prossimita’ dell’udienza entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Preliminarmente, il ricorso principale e il ricorso incidentale condizionato devono essere riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., essendo entrambe le impugnazioni riferite alla stessa sentenza.

2. – Sempre in via preliminare, si rileva che il ricorso principale fornisce gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni assunte dalle parti.

Deve, pertanto, essere rigettata l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso principale per carente esposizione dei fatti di causa, sollevata dai controricorrenti.

3. – Con il primo motivo (omessa ed insufficiente motivazione), la societa’ ricorrente in via principale – premesso che il prefinanziamento viene a coprire un debito, non dell’impresa costruttrice, ma, pro quota, dei futuri acquirenti – denuncia che la sentenza impugnata avrebbe ignorato aspetti importanti della controversia: il fatto che il P. e la G. nel mese di settembre 1994 siano stati immessi nel possesso dell’immobile, sicche’ il mancato pagamento dei ratei di interessi richiesti comporterebbe il realizzarsi a loro favore di un lucro indebito quali beneficiari del godimento anticipato dell’immobile, non gravato da alcun onere corrispettivo; ancora, la circostanza che l’ipoteca iscritta sull’immobile gravava sul bene a garanzia di un debito, non dell’impresa, ma dei singoli acquirenti.

Il secondo mezzo (violazione e falsa applicazione di norme di diritto; omessa ed insufficiente motivazione) lamenta che la Corte territoriale non abbia considerato che il P. e la G. in data 5 ottobre 1992 avevano sottoscritto una lettera di prenotazione in cui avevano dichiarato di “essere stati edotti che sarebbero stati a loro carico gli interessi di prefinanziamento”.

Tale impegno non potrebbe essere valutato alla stregua di una mera trattativa precontrattuale, come tale assorbita nel contratto preliminare, ma rivestirebbe natura di vera e propria obbligazione negoziale autonoma, non superata dalla stipulazione dei successivi contratti. Con tale lettera, i futuri promissari acquirenti si sarebbero accollati il pagamento della rate di interessi relativi al prefinanziamento di cui aveva fruito l’Immobiliare. La Corte d’appello sarebbe pertanto incorsa nella violazione e falsa applicazione degli artt. 1333 e 1362 c.c.. Del resto – rileva la ricorrente – gli stessi promissari acquirenti durante un primo periodo di tempo hanno adempiuto alla loro obbligazione, versando regolarmente alla Immobiliare i ratei richiesti senza avanzare obiezione alcuna.

Con il terzo motivo (violazione e falsa applicazione di norme di diritto; omessa ed insufficiente motivazione) la ricorrente rileva che durante il periodo di tempo che va dal settembre 1994 (data della immissione nel possesso dell’immobile) al giugno 1997 (data di stipulazione del mutuo CER) i futuri acquirenti dovevano essere gravati del pagamento di interessi compensativi sulla quota di prezzo pattuita non corrisposta. Ad avviso della ricorrente, la Corte d’appello avrebbe disatteso l’applicazione alla fattispecie dell’art. 1499 c.c.., ignorando il principio secondo cui sul prezzo pattuito decorrono sempre gli interessi compensativi, anche se questo non e’ ancora esigibile.

Con il quarto mezzo (violazione e falsa applicazione di norme di diritto; omessa ed insufficiente motivazione) si deduce che l’obbligo di versamento degli interessi costituisce un’obbligazione accessoria rispetto alla originaria obbligazione pecuniaria principale, per cui non sarebbe possibile separare le sorti dell’una da quelle dell’altra obbligazione, nel senso di far carico dell’una all’originario mutuatario e dell’altra al subentrante. Ad avviso della Immobiliare, non sarebbe possibile distinguere, ai fini dell’individuazione dell’obbligato, tra interessi di preammortamento e interessi di ammortamento. In altri termini, avrebbe errato la Corte di merito a non ritenere sussistente l’obbligazione in capo all’acquirente di effettuare il pagamento degli interessi di preammortamento anche nell’ipotesi in cui nessuna pattuizione specifica sia intervenuta tra le parti.

4. – I primi quattro motivi – i quali, stante la loro stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati, secondo quanto gia’ statuito, in identiche fattispecie, da Cass., Sez. 2^, 19 maggio 2008, n. 12652, e da Cass., Sez. 3^, 13 maggio 2008, n. 11904.

Non puo’ innanzitutto ritenersi che dal documento del 5 ottobre 1992 (lettera di prenotazione) possano trarsi elementi decisivi ai fini della soluzione della lite : infatti, nella citata lettera, i due prenotanti, il P. e la G., avevano dichiarato semplicemente di essere stati edotti che sarebbe stato a loro carico, fra l’altro, il costo degli interessi di prefinanziamento (il che provava semmai la ricezione da parte loro di una informativa in tal senso). Mancava, quindi, il contenuto minimo di un vero e proprio accordo di volonta’ rilevante ex art. 1321 c.c., perche’ si trattava di una dichiarazione unilaterale P. – G., configurata in termini di mera dichiarazione di scienza, comunque subordinata alla condizione dell’accettazione (nel caso di specie assente) della parte venditrice contestualmente alla firma del contratto preliminare di vendita.

Il rapporto tra le parti risulta pertanto compiutamente regolato dal preliminare del 2 novembre 1992, che non contiene alcun riferimento all’onere degli interessi di preammortamento del mutuo.

Tale conclusione, alla quale e’ giunta la Corte di merito, e’ del tutto conforme alla natura e alla funzione del preliminare, diretto a superare ed assorbire ogni altra previsione tra le parti medesime intercorsa in fase di trattative o anche di prenotazione.

In altri termini, se impegno c’era a pagare gli interessi di preammortamento, esso doveva essere contenuto nel contratto preliminare; se questo impegno non figurava nel preliminare, la generica e programmatica previsione della richiamata “lettera di prenotazione” non aveva effetto di sorta.

Ne’ sussistono la denunciata violazione dell’art. 1362 c.c. e il dedotto vizio motivazionale quanto all’interpretazione del contratto preliminare.

Difatti, il giudice d’appello, con motivazione adeguata, esente da vizi logici e da errori giuridici e pertanto insindacabile in questa sede, ha affermato che la clausola n. 3 del preliminare, con formula di stile, prevedeva semplicemente il trasferimento dell’immobile con tutti gli oneri, ragioni e diritti, il che nulla aveva a che vedere con gli interessi di preammortamento del mutuo.

L’affermazione, contenuta nella sentenza della Corte d’appello, secondo cui il prefinanziamento bancario “non puo’ che gravare sull’impresa che lo ha richiesto, quale costo di esercizio”, va ovviamente letta in relazione alla frase successiva, in base alla quale “solo un patto espresso con cui il promissario acquirente si assume l’obbligo di rivalere il promittente venditore di tali oneri puo’ valere a costituire l’obbligazione a suo carico”. Il complessivo assunto va chiaramente interpretato come volto semplicemente a sostenere che, in un primo tempo, il rapporto giuridico in questione (avente lo scopo di sopperire ai costi di costruzione) intercorre solo tra l’impresa e la banca; mentre, in un secondo tempo, allorquando intervengono i compratori, ogni decisione in ordine al contenuto del contratto di vendita, anche con particolare riferimento agli eventuali obblighi dei compratori stessi di provvedere al pagamento degli interessi di prefinanziamento, e’ interamente affidato all’autonomia dei contraenti.

La Corte d’appello ha anche rilevato che l’invocata clausola n. 4 del preliminare si riferiva esclusivamente all’accollo del mutuo CER per L. 75.000.000 contestualmente alla stipulazione dell’atto pubblico di trasferimento in conformita’ degli accordi liberamente assunti dalle parti in materia di modalita’ temporali di pagamento del prezzo di acquisto, senza che da siffatta assunzione d’impegno potesse arguirsi l’obbligo di ristorare i costi degli strumenti bancari di cui si era avvalso l’imprenditore.

Ne’ sussistono la denunciata violazione dell’art. 1499 c.c. ed il dedotto vizio motivazionale. Invero, la Corte ha dato atto che, prevedendo espressamente il contratto preliminare che una parte del prezzo (L. 75.000.000) dovesse corrispondersi mediante mutuo CER e che in particolare (clausola n. 4) il relativo accollo dovesse avvenire al momento della stipulazione del rogito notarile, non si comprendeva, se non in forza di una evidente e inammissibile forzatura, come il P. e la G. potessero essere considerati morosi nel relativo pagamento, che doveva contrattualmente essere eseguito con le modalita’ per l’appunto dell’accollo del mutuo e che non era esigibile prima della stipulazione del contratto definitivo, tanto piu’ che la clausola inappropriatamente invocata dalla Immobiliare Pianel si riferiva alle “somme non versate alla consegna delle chiavi”, ossia a rate di prezzo dovute in momenti diversi e anteriori alla stipulazione del definitivo, somme tutte pacificamente corrisposte da parte degli attuali resistenti.

Avendo la Corte d’appello – con motivazione adeguata, che ha avuto per oggetto tutti i punti rilevanti e che si sottrae al sindacato di legittimita’ in quanto immune dai vizi denunciati – escluso che, in base al preliminare, il pagamento delle rate di prefinanziamento dovesse far carico ai promissari acquirenti, sono irrilevanti tanto il fatto che l’immissione in possesso dei promissari sia avvenuta anteriormente alla stipulazione del mutuo CER (non essendo questo un buon motivo per traslare, in difetto di patto espresso, il costo del finanziamento bancario di cui si era avvalso l’imprenditore percipiente sul successivo acquirente del bene); quanto la circostanza che gli attuali resistenti abbiano per un determinato periodo di tempo dato esecuzione al pagamento degli interessi (e cio’ perche’ la soggettiva convinzione del solvens non preclude l’indebito).

5. – Con il quinto mezzo (omessa motivazione) ci si duole che la Corte d’Appello non abbia esaminato due a-spetti della vicenda che, peraltro, hanno formato oggetto di discussioni durante il giudizio di merito. Anzitutto, l’eccezione secondo cui l’immobiliare Pianel, con il proprio comportamento colpevole, avrebbe scientemente prolungato i tempi di concessione del mutuo, influendo, altresi’, sulla data di stipulazione dell’atto pubblico di compravendita; eccezione che la ricorrente ritiene priva di fondamento in quanto nessun comportamento colpevole puo’ imputarsi alla Immobiliare in assenza di una specifica obbligazione, tanto piu’ che essa si trovava nell’impossibilita’ di influire sull’attivita’ della pubblica amministrazione e di un istituto di credito. Il secondo punto della controversia, che si assume completamente ignorato dalla Corte d’Appello, riguarda l’eccezione proposta dal P. e dalla G., i quali hanno affermato che l’eventuale versamento di somme a titolo di interessi costituirebbe una violazione delle clausole della convenzione stipulata dalla Immobiliare con il Comune di (OMISSIS).

6. – Il motivo e’ inammissibile per difetto di interesse: esso riguarda infatti eccezioni delle controparti che il giudice d’appello non ha ritenuto di esaminare in quanto superate, a monte, dalla motivazione esposta nell’impugnata decisione.

7. – Il rigetto del ricorso principale comporta l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato (motivi rubricati ai n. 9 e 10, articolati a pag. 92 e ss. del controricorso).

8. – E’ viceversa fondato, nei termini di seguito indicati, l’unico mezzo (articolato come motivo n. 8) del ricorso incidentale non condizionato, con riguardo alla liquidazione delle spese relativamente al grado di appello.

Invero, la Corte territoriale ha violato gli importi inderogabili minimi di cui alla tariffa professionale forense da applicarsi, perche’ ha valutato il valore della causa in appello come se in esso fosse in gioco esclusivamente la domanda di restituzione, da parte del P. e della G., dell’importo di L. 6.688.605, pari ad Euro 3.454,37, rientrante nello scaglione da Euro 2.600,01 ad Euro 5.200,00, senza considerare ne’ la domanda di accertamento negativo svolta dai medesimi (richiesta di declaratoria ed accertamento che i ratei di preammortamento non erano dovuti), ne’ le domande articolate dalla Immobiliare Pianel (tendenti ad ottenere la condanna del P. e della G. al pagamento della somma di Euro 14.832,21 per ratei di preammortamento e della somma di Euro 15.735,7 9 a titolo di interessi).

Inoltre, la Corte d’appello ha liquidato le spese a carico della Immobiliare Pianel senza affatto confrontarsi con la specifica nota ritualmente depositata nel celebrato giudizio di secondo grado dagli appellanti P. – G.; con cio’ allontanandosi dal principio secondo cui, in tema di liquidazione di spese processuali, il giudice, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non puo’ limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l’onere – tanto piu’ la’ dove, come nella specie, vi sia una manifesta sproporzione tra gli importi liquidati e quelli richiesti – di dare adeguata motivazione dell’eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimita’, l’accertamento della conformita’ della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe, in relazione all’inderogabilita’ dei relativi minimi, a norma della L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 24 (tra le tante, da ultimo, Cass., sez. lav., 24 febbraio 2009, n. 4404; Cass., Sez. 3^, 30 ottobre 2009, n. 23059).

9. — L’accoglimento del ricorso incidentale comporta la cassazione della sentenza della Corte d’appello limitatamente al capo sulle spese.

La causa deve essere rinviata, in relazione alla censura accolta, ad altra sezione della Corte d’appello di Torino, che la decidera’ facendo applicazione dei principi di diritto sub 8.

Al giudice del rinvio e’ rimessa la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

LA CORTE riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito quello incidentale condizionato; accoglie l’unico motivo del ricorso incidentale non condizionato; cassa., in relazione alla censura accolta, la sentenza impugnata limitatamente al capo sulle spese e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Torino.

Cosi’ deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione SECONDA CIVILE della Corte suprema di Cassazione, il 22 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2010

 

 

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