Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12202 del 06/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 06/06/2011, (ud. 08/03/2011, dep. 06/06/2011), n.12202

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4834/2007 proposto da:

FIME LEASING S.P.A. IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GRAMSCI 20, presso lo studio dell’avvocato PERONE Gian Carlo, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

D.L.C., domiciliato in ROMA, VIA F. CESI 72, presso STUDIO

GAVA, rappresentato e difeso dall’avvocato MASCOLO Salvatore, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 49/2006 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 03/02/2006 R.G.N. 5443/04;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

08/03/2011 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito l’Avvocato PERONE GIAN CARLO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza n. 49 del 2006, depositata il 3 febbraio 2006, rigettava l’appello proposto dalla soc. Fime Leasing s.p.a, in liquidazione, nei confronti di D.L. C., avverso la sentenza del Tribunale di Napoli dell0 luglio 2003.

2. Il D.L. aveva adito il Tribunale con ricorso del 5 giugno 2002.

Il suddetto ricorrente premetteva:

di essere stato assunto in data 16 giugno 1992, con contratto di formazione, dalla Fimat s.p.a. in liquidazione, società appartenente al gruppo Fime spa, in qualità di impiegato di 4^ categoria del CCNL del settore metalmeccanico, con l’incarico di seguire lo stato di avanzamento dei lavori presso i cantieri situati in (OMISSIS) ed in (OMISSIS);

che in data 2 gennaio 1993 era stato distaccato fino al 17 maggio 2001 presso la Fime Leasing spa in liquidazione (società appartenente allo stesso gruppo Fime spa) con l’incarico di collaboratore alla collazione della documentazione da inviare agli Enti preposti alla erogazione dei contributi, successivamente era stato addetto all’Ufficio del Protocollo amministrativo, ed infine era stato destinato all’ufficio Servizi Generali e Personale con l’incarico di addetto a servizi esterni attinenti il maneggio e l’amministrazione di contanti e valori;

che il campo di attività delle due società, Fimat e Fime Leasing, erano completamente differenti e privi di ogni interdipendenza, in quanto: la Fimat realizzava e costruiva capannoni nelle aree ASI vendendo solo in contanti, mentre la Fime Leasing si occupava di leasing, le suddette società applicavano contratti diversi, la prima quello del settore metalmeccanico, la seconda quello del settore creditizio;

che esso ricorrente risultava inquadrato nella 4^ categoria del settore metalmeccanico benchè, a seguito del distacco, prestasse la propria opera esclusivamente presso la Fime Leasing svolgendo mansioni proprie degli impiegati delle aziende di credito;

che le mansioni effettivamente svolte corrispondevano alla 2^ qualifica funzionale di cui al Contratto integrativo aziendale conforme al CCNL di categoria;

che aveva diritto al relativo inquadramento;

che i due contratti collettivi prevedevano inoltre: differenti modalità di erogazione della retribuzione, anche l’orario di lavoro previsto dai due contratti era differente, l’indennità di rischio prevista dall’art. 13 del contratto integrativo aziendale non gli era stata attribuita benchè svolgesse quotidianamente attività inerente alla trattazione di denaro liquido ed assegni di vario genere;

che in data 12 febbraio 1997 la Fimat e la Fime Leasing erano state poste in liquidazione ed in data 17 maggio 2001 la Seconda Università degli Studi di Napoli aveva attivato le procedure per l’assunzione del personale dipendente di dette società;

che in data 28 maggio 2001 aveva stipulato con la seconda Università degli Studi di Napoli un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

3. Tanto premesso, il D.L. chiedeva al Tribunale di Napoli di accertare l’illegittimità del distacco, dell’intermediazione e dell’interposizione nel rapporto di lavoro di esso ricorrente con la soc. Fimat spa in liquidazione e la soc. Fime Leasing spa in liquidazione, e per l’effetto, riconoscere e dichiarare il diritto di esso ricorrente all’inquadramento come impiegato della soc. Fime Leasing spa in liquidazione, nella 2^ qualifica funzionale, per il periodo 12 ottobre 1993 – 12 ottobre 1998, e nella 1^ qualifica funzionale a far data dal 12 ottobre 1998, per effetto dell’automatismo. In via alternativa chiedeva individuarsi il giusto inquadramento come impiegato della soc. Fime Leasing spa, riconoscersi e dichiararsi il proprio diritto a beneficiare di polizza assicurativa sanitaria e dell’indennità di rischio presso la Fime Leasing spa in liquidazione, e per l’effetto condannare i convenuti in solido e/o ciascuno per proprio di ragione a corrispondere in proprio favore le differenze retributive in uno agli interessi legali e svalutazione monetaria pari a L. 208.408.444 (euro 107.633,98), come da conteggi allegati.

In via alternativa ancora, chiedeva la condanna della Fimat spa, ai sensi dell’art. 36 Cost., al pagamento in favore di parte attorea delle differenze retributive in uno agli interessi legali e svalutazione monetaria pari a L. 208.408,444 (Euro 107.633,98) o L. 56.988.843 (Euro 29.432,28), così come da conteggi allegati.

In via subordinata, chiedeva riconoscersi e dichiararsi il proprio diritto al passaggio dalla 4^ alla 5^ categoria del contratto nazionale metalmeccanici a far data dal 16 giugno 1994 presso la Fimat spa in liquidazione e, per l’effetto, condannarsi la Fimat spa all’integrazione delle differenze retributive in uno agli interessi legali e svalutazione monetaria, pari a L. 56.988.843 (Euro 29.432,28).

4. Il Tribunale di Napoli rigettava la domanda nei confronti della Fime spa e della Fimat spa, ed accoglieva la domanda nei confronti della Fime Leasing spa, condannando detta società al pagamento in favore del D.L. della complessiva somma di Euro 107.633,98, oltre spese di lite.

5.Come si è accennato, l’appello della Fime Leasing veniva respinto.

In particolare la Corte d’Appello rigettava l’eccezione preliminare di intervenuta prescrizione e riteneva non fondati i motivi di gravame volti ad ottenere la chiamata in causa della Seconda Università degli Studi di Napoli e a contestare, nel merito, l’illegittimità del distacco e l’inquadramento riconosciuto.

6. Ricorre Fime Leasing spa, in liquidazione, prospettando quattro motivi di ricorso.

7. Resiste con controricorso il D.L..

8. La ricorrente (Intercapital spa già Fime Leasing in liquidazione giusta fusione per incorporazione) ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La società ricorrente propone quattro motivi di ricorso.

1.1. Con il primo motivo è prospettata violazione e falsa applicazione degli artt. 2935, 2943 e 2697 c..c, e dell’art. 410 c.p.c., comma 2, artt. 416 e 420 c.p.c..

La Corte d’Appello rigettava l’eccezione di intervenuta prescrizione ritenendo sufficiente ad interrompere la medesima la richiesta del tentativo obbligatorio di conciliazione. La società ricorrente deduce, invece, che il semplice deposito della richiesta di tentativo obbligatorio di conciliazione non è sufficiente, poichè occorre comunicazione alla controparte.

1.2. Il motivo è fondato e va accolto, in quanto la Corte d’Appello fa riferimento alla mera richiesta e non alla comunicazione alla controparte, e lo stesso D.L. resiste affermando che la norma non richiede la comunicazione a controparte.

Come la giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass., n. 27882 del 2008), la comunicazione al creditore della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione con effetto permanente fino al termine di venti giorni successivi alla conclusione della procedura conciliativa ai sensi dell’art. 410 c.p.c., comma 2.

Ne consegue che l’eccezione di interruzione è bensì eccezione in senso lato ma il giudice può rilevarla soltanto se la documentazione degli atti interruttivi, ossia della richiesta del tentativo di conciliazione comunicata alla controparte nonchè della conclusione, sia stata ritualmente e correttamente acquisita, il che va dimostrato dal ricorrente, che l’abbia sollevata, nell’atto introduttivo.

2. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 14 bis, in particolare del D.Lgs. n. 96 del 1993, comma 1, lett. b), e della L. n. 251 del 1998, art. 1.

La doglianza verte sulla legittimità affermata dalla Corte d’Appello, della mancata chiamata in causa della Seconda Università di Napoli presso la quale era stato assunto il D.L. una volta terminato il rapporto di lavoro con la Fime Leasing. Nel motivo di ricorso, si afferma che, poichè tale assunzione era determinata dalla L. n. 251 del 1998, con il ricongiungimento del servizio prestato presso il datore di lavoro di provenienza, la richiesta chiamata in causa sarebbe stata legittima.

2.1. E’ opportuno, ai fini dell’esame del suddetto motivo, ripercorrere il contenuto precettivo delle norme invocate dalla ricorrente.

La L. n. 251 del 1998, art. 1, la cui rubrica reca “Personale della Finanziaria meridionale – Fime e della Insud” prevede, ai commi 1-3, di seguito riportati: “il personale dipendente dalle società per azioni Fime, Fime Leasing, Fime factoring e Fimat a cui non siano state applicate le disposizioni del D.Lgs. 3 aprile 1993, n. 96, art. 14 e successive modificazioni, può essere assunto in amministrazioni statali anche ad ordinamento autonomo ed in altre amministrazioni richiedenti od in enti pubblici non economici nell’ambito dei posti risultanti vacanti a seguito della rideterminazione delle dotazioni organiche sulla base dei carichi di lavoro”.

“Ai fini dell’assunzione nelle amministrazioni pubbliche, ai sensi del presente articolo, dei dipendenti delle società di cui al comma 1, l’equiparazione fra le professionalità possedute dai dipendenti stessi e le qualifiche e i profili professionali delle amministrazioni pubbliche è previamente stabilita, ai sensi del D.L. 8 febbraio 1995, n. 32, convertito dalla L. 7 aprile 1995, n. 104, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica”.

“Ai fini del trattamento economico da attribuire ai dipendenti assunti ai sensi del comma 1 si applicano le disposizioni recate dal D.Lgs. 3 aprile 1993, n. 96, art. 14 bis, comma 1, lett. b), introdotto dal D.L. 8 febbraio 1995, n. 32, convertito dalla L. 7 aprile 1995, n. 104, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge”.

Il D.Lgs. n. 96 del 1993, art. 14 bis, comma 1, lettera b), a sua volta stabilisce: “il personale di cui all’art. 14, comma 1, nonchè il personale che sia già volontariamente, anche a seguito di domanda di revoca espressa entro il 28 febbraio 1994, cessato dal servizio dopo la data del 12 ottobre 1993 e che ne faccia apposita domanda entro il 31 luglio 1994, può optare alternativamente per uno dei seguenti trattamenti economici”:

omissis.

“b) ricongiungimento del servizio prestato presso l’Agenzia e di quello prestato successivamente alla data del 12 ottobre 1993 con il servizio prestato presso l’amministrazione di assegnazione. Al dipendente è attribuito lo stipendio iniziale della qualifica attribuitagli ai fini dell’inquadramento, comprensivo dell’indennità integrativa speciale ed incrementato di un importo, calcolato secondo le modalità previste per le qualifiche dirigenziali statali, corrispondente ai bienni di anzianità nell’ultima qualifica rivestita e valutata ai fini dell’inquadramento alla data del 13 ottobre 1993. Al dipendente, in aggiunta alla retribuzione come sopra determinata, è attribuito un assegno personale pensionabile, riassorbibile con qualsiasi successivo miglioramento, pari alla differenza tra la predetta retribuzione e lo stipendio già percepito presso la soppressa Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno, ma comunque non superiore a L. 1.500.000 lorde mensili.

Le altre indennità eventualmente spettanti presso l’amministrazione di destinazione, diverse dall’indennità integrativa speciale, sono corrisposte solo nella misura eventualmente eccedente l’importo del predetto assegno personale. Ai fini previdenziali si applica la L. 7 febbraio 1979, n. 29, art. 6. Il trattamento di fine rapporto costituito presso FINA, di cui all’art. 14, comma 4, è corrisposto al momento della cessazione dal servizio presso l’amministrazione di assegnazione, aggiuntivamente all’indennità di buonuscita. I servizi già coperti dall’iscrizione previdenziale presso l’INA non sono riscattabili ai fini dell’indennità di buonuscita”.

2.2. La Corte d’Appello, nel ritenere non fondata la richiesta di chiamata in causa della Seconda Università degli Studi di Napoli, affermava che la stessa non era adeguatamente motivata e comunque era inammissibile, in quanto il D.L. aveva stipulato il contratto di lavoro con tale Università solo il 28 maggio 2001, mentre il rapporto di lavoro dedotto in giudizio terminava il 17 maggio 2001, per cui non era ravvisatale alcun nesso della parte di cui si chiedeva la chiamata in causa e l’eventuale dichiarazione di responsabilità in solido, con i diritti azionati con riferimento al rapporto di lavoro dedotto in giudizio.

Ritiene questa Corte che, correttamente, la Corte d’Appello abbia rigettato il relativo motivo d’impugnazione in quanto il combinato disposto delle disposizioni di cui si assume la violazione attiene a modalità di definizione del trattamento economico, ma non fa riferimento ad una solidarietà del nuovo datore di lavoro.

3. Con il terzo motivo d’impugnazione è dedotta la violazione della L. n. 1369 del 1960, art. 1, nonchè vizio di motivazione.

La ricorrente censura la sentenza della Corte d’Appello per avere ritenuto la illegittimità del distacco in quanto non vi sarebbe stato l’interesse del datore di lavoro al medesimo.

3.1. Il motivo non è fondato. Occorre ricordare in proposito come la giurisprudenza di legittimità (Cass., sentenza n. 21115 del 2009) abbia affermato, enunciando principi applicabili anche alla fattispecie in esame, che l’attività lavorativa prestata da un dipendente di una società appartenente ad un consorzio in favore di altra società consorziata può integrare un’ipotesi di interposizione vietata, ai sensi della L. n. 1369 del 1960, art. 1, posto che le società riunite nel consorzio sono comunque società distinte e non può considerarsi sufficiente la partecipazione al medesimo consorzio per far ritenere configurabile la figura del distacco di personale dall’una all’altra società e, in particolare, l’interesse del datore di lavoro distaccante. L’accertamento della sussistenza degli elementi di fatto idonei a configurare tale prestazione lavorativa come comando o distacco, anzichè come pseudoappalto vietato dalla citata norma, è riservato al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi.

La Corte d’Appello, con congrua motivazione, esente da vizi, ha fatto corretta applicazione delle disposizione normativa invocata dalia ricorrente, ritenendo rilevante ai fini della legittimità del distacco la sussistenza di un interesse in merito del datore di lavoro. La Corte, con argomentazione logica ed esente da vizi ha ritenuto che non vi fosse, nella specie, alcuno specifico interesse imprenditoriale da parte della società distaccante, tanto che la stessa difesa dell’appellante si basava proprio sull’interesse del lavoratore – irrilevante ai fini della legittimità del distacco – a giustificazione del distacco, dilungandosi sulla crisi della società che avrebbe imposto il licenziamento del lavoratore senza il comando stesso presso una terza società.

4. Con il quarto motivo d’impugnazione la ricorrente deduce la violazione degli artt. 2095 e 2103 c.c. nonchè vizio di motivazione.

La censura verte sull’inquadramento superiore riconosciuto al D. L.. Ad avviso della ricorrente non sarebbe stata effettuato alcuna accertamento di fatto delle attività lavorative svolte in concreto, in quanto la sentenza della Corte d’Appello si sarebbe limitata a mere asserzioni prive di motivazione.

4.1. Il motivo è fondato e deve essere accolto.

La pronuncia della Corte d’Appello sul punto si sostanzia in una motivazione sintetica che non consente di ripercorrere l’iter logico – giuridico seguito dalla medesima.

Afferma, infatti, il giudice di secondo grado che le mansioni descritte dal ricorrente in primo grado, e non contestate, fanno riferimento, non già al semplice maneggio di danaro, ma anche all’amministrazione di valori bollati che l’art. 13 del CCNL per gli impiegati delle aziende di credito prevede per gli impiegati di 2^ categoria. Viceversa, prosegue la Corte, il successivo art. 15 fa riferimento al maneggio ed alla custodia di contanti e valori con esclusione dei casi di cui all’articolo precedente che, come si è detto, è applicabile al D.L.. A ciò seguiva l’inquadramento al 1^ livello per il periodo successivo ai sensi dell’art. 108 del CCNL del 23 novembre 1990.

Quella operata dalla Corte d’Appello è tipica valutazione di merito censurabile per vizio di motivazione, nei limiti di seguito precisati.

La denuncia di un vizio di motivazione, nella sentenza impugnata con ricorso per cassazione (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5) non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare autonomamente il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì soltanto quello di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, le argomentazioni – svolte dal giudice del merito, al quale spetta in via esclusiva l’accertamento dei fatti, all’esito della insindacabile selezione e valutazione della fonti del proprio convincimento – con la conseguenza che il vizio di motivazione deve emergere – secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 21680 del 2008) – dall’esame del ragionamento svolto dal giudice di merito, quale risulta dalla sentenza impugnata, e può ritenersi sussistente solo quando, in quel ragionamento, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico- giuridico posto a base della decisione, mentre non rileva la mera divergenza tra valore e significato, attribuiti dallo stesso giudice di merito agli elementi da lui vagliati, ed il valore e significato diversi che, agli stessi elementi, siano attribuiti dal ricorrente ed, in genere, dalle parti.

Alla luce dei suddetti principi, sono ravvisabili nella specie, nell’iter argomentativo della Corte d’appello deficienze motivazionali.

E’ palese, infatti, come manchi un lineare esame delle mansioni della categoria commessi e di quella impiegati di 2^ qualifica secondo quanto previsto dalla contrattazione collettiva, manchi una espressa indicazione analitica delle mansioni svolte dal D.L., al fine di ravvisare quelle riconducibili all’una o all’altra categoria, ai fini del richiesto inquadramento, manchino riferimenti temporali. Ragione per la quale la statuizione del giudice di secondo grado in ordine all’inquadramento superiore risulta assertiva.

5. In ragione delle considerazioni svolte il ricorso deve essere accolto solo con riguardo al primo e al quarto motivo e rigettato in ordine agli altri motivi.

La sentenza della Corte d’Appello di Napoli deve essere cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il quarto motivo di ricorso. Rigetta gli altri motivi del ricorso. Cassa in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2011

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