Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1220 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 21/01/2021, (ud. 06/11/2020, dep. 21/01/2021), n.1220

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – rel. Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10191/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

(C.F.: 80224030587), presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi

12, è domiciliata;

– ricorrente –

contro

D.M.S., rappresentato e difeso dagli avv. De Luca Donato

e Bianco Cinzia ed elettivamente domiciliati presso de Angelis

Antonia in Roma, Via Portuense n. 104;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1552/16/15 della Commissione tributaria

Regionale di Palermo, sezione di Siracusa, depositata il 14/04/2015;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2020

dal Consigliere Dott. Pepe Stefano.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

1. La Commissione tributaria regionale di Palermo, sez. distaccata di Siracusa, con la sentenza n. 1552/16/15, depositata il 14/04/2015, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate e, per l’effetto, confermava la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso del contribuente avverso l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro relativo alla sentenza del Tribunale di Siracusa del 19.06.2003 recante l’annullamento del provvedimento di espropriazione per pubblica utilità e la condanna del Comune di Lentini al risarcimento danni a favore del contribuente.

3. Avverso tale sentenza l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.

4. Il contribuente depositava controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. L’Agenzia delle entrate censura, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la sentenza emessa dalla CTR per violazione del, art. 37, nonchè del medesimo D.P.R. n. 131 del 1986, Tariffa, Parte I, art. 8, comma 1, lett. b) ed e,) allegata al medesimo.

La ricorrente rileva che la CTR avrebbe erroneamente sussunto la fattispecie in esame, ai fini della determinazione dell’imposta dovuta, nell’ipotesi di cui all’art. 8, comma 1, lett. e), cit., dovendo al contrario applicarsi il disposto di cui alla lett. b) e, dunque, il pagamento dell’imposta in misura proporzionale (3%) e non fissa.

A fondamento della indicata violazione di legge, la ricorrente rileva che la sentenza posta a fondamento dell’avviso di pagamento aveva ad oggetto, a seguito di precedente sentenza parziale che aveva affermato l’avvenuta decadenza dal potere espropriativo in capo alla pubblica amministrazione, il solo pagamento del risarcimento danni a favore del contribuente-proprietario dei terreni oggetto di espropriazione.

2. Il motivo è inammmissibile.

3. Nella fattispecie oggetto del presente scrutinio assume rilievo la circostanza che la contribuente, nel controricorso, ha dedotto che la sentenza del Tribunale di Siracusa n. 169 del 2003 posta a fondamento dell’avviso di accertamento impugnato era stata riformata in appello (sentenza n. 437 del 16.3.2008) e, per l’effetto il risarcimento liquidato in primo grado di Euro 12.177,95 era stato rideterminato in Euro 2.323,98; sentenza, quest’ultima, confermata da questa Corte con la sentenza n. 11227 del 2015.

3. il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37 (Atti dell’Autorità giudiziaria) prevede che “1. Gli atti dell’autorità giudiziaria in materia di controversie civili, che definiscono anche parzialmente il giudizio, i decreti ingiuntivi esecutivi, i provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali e le sentenze che dichiarano efficaci nello Stato sentenze straniere, sono soggetti all’imposta anche se al momento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato; alla sentenza passata in giudicato sono equiparati l’atto di conciliazione giudiziale e l’atto di transazione stragiudiziale in cui è parte l’amministrazione dello Stato. 2. Il contribuente che ha diritto al rimborso deve chiederlo ai sensi dell’art. 77 all’ufficio che ha riscosso l’imposta”.

La norma in esame, nel sottoporre a tassazione le sentenze, ancorchè non definitive, prevede che dal giudicato possano conseguire eventuali conguagli o rimborsi rispetto alla somma liquidata dal contribuente, così da rendere l’imposta dovuta proporzionale al decisum oggetto del giudicato nel rispetto dell’art. 53 Cost..

Diversamente, nel caso in cui il contribuente, prima dell’intervenuto giudicato non abbia provveduto al pagamento dell’imposta di registro afferente alla sentenza non ancora definitiva, questa Corte (Cass. n. 3617 del 2020) ha affermato che “In tema di registro, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, laddove assoggetta a tassazione l’atto dell’autorità giudiziaria anche se al momento della registrazione è stato impugnato o è ancora impugnabile, salvo conguaglio o rimborso a seguito del passaggio in giudicato della decisione, esclude che l’imposta continui ad essere dovuta in conseguenza della definitiva riforma dell’atto, posto che una diversa interpretazione determinerebbe l’irragionevole conseguenza di obbligare ad un pagamento che dovrebbe essere immediatamente restituito e contrasterebbe con i principi di uguaglianza e di capacità contributiva, equiparando l’ipotesi di presenza, ancora non definitiva ma comunque attuale, del presupposto impositivo a quella di definitivo accertamento della sua insussistenza”.

4. Il principio sopra riportato trova una ulteriore precisazione nell’affermazione (ex plurimis e da ultimo Cass. n. 15645 del 2019) secondo cui, in tema di imposta proporzionale di registro prevista dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37 sugli atti dell’autorità giudiziaria in materia di controversie civili, l’amministrazione finanziaria che abbia bene emesso, inizialmente, l’avviso di liquidazione dell’imposta principale e la relativa cartella esattoriale ma che non abbia riscosso coattivamente l’imposte è, pure se soccombente nel giudizio tributario instaurato contro questi atti, priva di interesse a ricorrere per cassazione, una volta venuta definitivamente meno la decisione che ha giustificato la liquidazione dell’imposta essendo “illogico sostenere la tesi relativa alla necessità di un pagamento, non più preventivo, dell’imposta, cui dovrebbe seguire l’immediato rimborso della stessa”.

Nella fattispecie in esame, assume rilievo la circostanza che l’Amministrazione finanziaria non risulta aver riscosso le somme indicate nell’avviso di accertamento afferenti a sentenza successivamente riformata con efficacia di giudicato; di talchè, in presenza di quest’ultimo, risulta venuto meno il presupposto legittimante la pretesa tributaria che, se azionata, comporterebbe l’irragionevole conseguenza di sottoporre il contribuente al pagamento di una somma non più dovuta nella misura richiesta.

5. Le spese del giudizio di legittimità devono essere poste a carico della ricorrente essendo il giudicato intervenuto prima della proposizione del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte:

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Condanna la Agenzia dell’entrate a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.300,00 oltre spese e accessori.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 novembre 2020, mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. n. 28 ottobre 2020 n. 137, art. 23, comma 9, in corso di conversione in legge, con le modalità stabilite dal decreto reso dal Direttore Generale dei Servizi Informativi ed Automatizzati del Ministero della Giustizia, il 2 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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