Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12193 del 06/06/2011

Cassazione civile sez. VI, 06/06/2011, (ud. 13/05/2011, dep. 06/06/2011), n.12193

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 15490/2010 proposto da:

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona del

Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

S.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato NARDI

Carlantonio, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MONTALDO PAOLO MARIA, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9061/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

23/11/09, depositata il 22/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIANFRANCO BANDINI;

è presente il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Atteso che è stata depositata relazione del seguente contenuto:

1. con sentenza del 23.11.2009 – 22.2.2010 la Corte d’Appello di Roma rigettò l’impugnazione proposta dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti avverso la sentenza di prime cure che aveva riconosciuto a S.S. il diritto al pagamento delle differenze retributive per l’avvenuto svolgimento di mansioni dirigenziali, osservando quanto segue:

– il D.Lgs. n. 387 del 1988, art. 15, modificativo del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56, doveva considerarsi avente efficacia retroattiva e non soltanto ex nunc;

il motivo di appello concernente l’erroneità della ritenuta riferibilità delle mansioni svolte dalla S. alla qualifica dirigenziale era del tutto generico, avendo l’Amministrazione appellante argomentato non tanto con la non ascrivibilità in sè delle mansioni alla qualifica dirigenziale, bensì con la circostanza che la lavoratrice le avrebbe svolte soltanto in funzione di reggenza dell’ufficio nel periodo oggetto di causa (il che, tuttavia, confermava, a contrario, proprio che dette mansioni erano di natura dirigenziale); “ad abundantiam” la natura dirigenziale delle mansioni svolte era ricavabile dalla copiosa documentazione prodotta e dalla circostanza che la S. aveva sottoscritto, in data 1 giugno 20001, il contratto individuale di lavoro per l’espresso affidamento di un incarico a livello dirigenziale (ancorchè poi non ammesso al visto dalla Corte dei Conti);

doveva escludersi che potesse parlarsi di reggenza quando l’ufficio fosse privo di un dirigente titolare, nè si fosse in attesa dell’espletamento, in tempi ragionevoli, delle procedure previste per la copertura del posto, anche alla luce di quanto disposto dal CCNL 1998-2001;

2. avverso la suddetta sentenza della Corte territoriale, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha proposto ricorso fondato su tre motivi; l’intimata S.S. ha resistito con controricorso;

3. con il primo motivo, richiamando giurisprudenza amministrativa, il Ministero ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56, e successive modificazioni, assumendone l’efficacia ex nunc;

3.1 la doglianza è contraria all’orientamento ermeneutico di questa Corte, secondo cui, nel pubblico impiego privatizzato, il divieto di corresponsione della retribuzione corrispondente alle mansioni superiori, stabilito dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56, comma 6, come modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 25, è stato soppresso dal D.lgs. n. 387 del 1998, art. 15, con efficacia retroattiva, atteso che la modifica del comma sesto ultimo periodo, disposta dalla nuova norma, è una disposizione di carattere transitorio, non essendo formulata in termini atemporali, come avviene per le norme ordinarie, ma con riferimento alla data ultima di applicazione della norma stessa e quindi in modo idoneo a incidere sulla regolamentazione applicabile all’intero periodo transitorio; la portata retroattiva della disposizione risulta peraltro conforme alla giurisprudenza della Corte Costituzionale, che ha ritenuto l’applicabilità anche nel pubblico impiego dell’art. 36 Cost., nella parte in cui attribuisce al lavoratore il diritto a una retribuzione proporzionale alla quantità e qualità del lavoro prestato, nonchè alla conseguente intenzione del legislatore di rimuovere con la disposizione correttiva una norma in contrasto con i principi costituzionali (cfr, ex plunmis, Cass., nn. 91/2004, 18286/2006;

9130/2007).

3.2 avendo la sentenza impugnata deciso le questioni di diritto in senso conforme alla testè ricordata giurisprudenza di legittimità e non ravvisandosi nella argomentazioni svolte dalla parte ricorrente elementi per mutare tale orientamento, il motivo all’esame si presenta inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c.;

4. con il secondo motivo il Ministero ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. 165 del 2001, art. 52 e successive modificazioni, del D.P.R. n. 266 del 1987 e dell’art. 24 CCNL 1998 – 2001, negando che la reggenza comporti la corresponsione degli emolumenti spettanti al dirigente sostituito ed affermando che la semplice reggenza in sede dirigenziale non equivale, per ciò solo, allo svolgimento delle mansioni dirigenziali;

4.1 la giurisprudenza di questa Corte ha affermato il principio secondo cui il D.P.R. n. 266 del 1987, art. 20 (contenente le norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo del 26 marzo 1987 concernente il comparto del personale dipendente dei Ministeri), in tema di reggenza da parte del personale appartenente alla nona qualifica funzionale del pubblico ufficio sprovvisto temporaneamente del dirigente titolare, deve essere interpretato, ai fini del rispetto del canone di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. e dei principi generali di tutela del lavoro (artt. 35 e 36 Cost.; art. 2103 c.c. e D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52) nel senso che l’ipotesi della reggenza costituisce una specificazione dei compiti di sostituzione del titolare assente o impedito, contrassegnata dalla straordinarietà e temporaneità (“in attesa della destinazione del dirigente titolare”), con la conseguenza che a tale posizione può farsi luogo in virtù della suddetta specifica norma regolamentare, senza che si producano gli effetti collegati allo svolgimento di mansioni superiori, solo allorquando sia stato aperto i procedimento di copertura del posto vacante e nei limiti di tempo ordinariamente previsti per tale copertura, cosicchè, al di fuori di tale ipotesi, la reggenza dell’ufficio concreta svolgimento di mansioni dirigenziali (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 9130/2007; 22932/2008); la giurisprudenza di questa Corte ha altresì ulteriormente precisato che l’art. 24, comma 4, CCNL del comparto Ministeri per il quadriennio 1998-2001 – che la Corte di cassazione può interpretare direttamente ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 5, anche nelle clausole che non hanno costituito oggetto di censura da parte del ricorrente – con il quale le parti hanno disciplinato il conferimento delle mansioni immediatamente superiori, non si riferisce all’ipotesi dell’assegnazione delle mansioni dirigenziali a dipendente non in possesso della relativa qualifica, atteso che la previsione pattizia si limita, al comma 1, a fornire una regolamentazione per la sola parte demandata alla contrattazione e, al comma 6, richiama espressamente la disciplina legale per quanto non previsto, cosicchè il conferimento delle mansioni dirigenziali a dipendenti non in possesso della relativa qualifica resta regolato dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, comma 5, con conseguente diritto del lavoratore alla differenza di trattamento economico (cfr., ex plurimis, Cass., n. 7342/2010);

4.2 avendo la sentenza impugnata deciso le questioni di diritto in senso conforme alla testè ricordata giurisprudenza di legittimità e non ravvisandosi nella argomentazioni svolte dalla parte ricorrente elementi per mutare tale orientamento, il motivo all’esame si presenta inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c.;

5. con il terzo motivo il Ministero ricorrente denuncia vizio di motivazione, assumendo l’insufficienza del rilievo della Corte territoriale secondo cui la natura dirigenziale delle mansioni svolte doveva ricavarsi dalla circostanza che la S. aveva sottoscritto, doveva ricavarsi dalla circostanza che la S. aveva sottoscritto, in data 1 giugno 2001, il contratto individuale di lavoro per l’espresso affidamento di un incarico a livello dirigenziale, nonchè dalla documentazione prodotta;

5.1 anche in disparte dal rilievo che la doglianza, così come formulata, si risolve nell’inammissibile richiesta di un riesame delle risultanze istruttorie, il motivo all’esame appare manifestamente infondato, perchè si rivolge contro considerazioni che la Corte territoriale ha effettuato dichiaratamente ad abundantiam, non restando viceversa censurata la ragione fondante del decisum sul punto, ossia la ritenuta genericità del motivo di appello svolto al riguardo;

Atteso che il Collegio condivide e fa proprie le considerazioni che precedono e che, pertanto, il ricorso va rigettato ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, con condanna del ricorrente alla rifusione delle spese, nella misura indicata in dispositivo, secondo il criterio della soccombenza, con distrazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in Euro 30,00 (trenta), oltre ad Euro 2.000,00 (duemila) per onorari, spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge, da distrarsi in favore egli avv.ti Paolo M. Montaldo e Carlantonio Nardi dichiaratisi antistatari.

Così deciso in Roma, il 13 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2011

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