Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12192 del 18/05/2010
Cassazione civile sez. trib., 18/05/2010, (ud. 15/04/2010, dep. 18/05/2010), n.12192
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,
nei cui uffici, in Roma, Via dei Portoghesi, 12 è domiciliata;
– ricorrente –
contro
G.C.M., quale erede di G.G., rappresentata e
difesa, giusta delega in calce al controricorso, dall’Avv.
CASSAMAGNAGHI Giorgio, elettivamente domiciliata in Roma, Via della
Giuliana, 73 presso lo studio dell’Avv. Nicola Nanni;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 12/28/2007 della Commissione Tributaria
Regionale di Milano – Sezione n. 28, in data 23/02/2007, depositata
il 22 febbraio 2007.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
15 aprile 2010 dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;
Presente il Sostituto Procuratore Generale Dr. Eduardo Vittorio
Scardaccione.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte:
Considerato che nel ricorso iscritto al n. 5917/2008 R.G., è stata depositata la seguente relazione:
1 – E’ chiesta la cassazione della sentenza n. 12/28/2007, pronunziata dalla C.T.R. di Milano, Sezione n. 28, il 23.02.2007 e DEPOSITATA il 27 febbraio 2007. Con tale decisione, la C.T.R., ha rigettato l’appello dell’Agenzia Entrate, – che aveva riconosciuto deducibili le spese esposte dall’originario contribuente -, dichiarando illegittima la pretesa impositiva.
2 – Il ricorso di che trattasi, che riguarda impugnazione del diniego di rimborso dell’IRPEF dell’anno 1996, censura l’impugnata decisione per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10, comma 1, lett. b), nonchè per insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo.
3 – L’intimata, resiste con controricorso.
4 – La questione posta dal ricorso in esame sembra doversi risolvere applicando l’inequivoco disposto normativo, alla cui stregua sono deducibili gli oneri sostenuti dal contribuente per “spese mediche e quelle di assistenza specifica necessarie nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione”.
L’impugnata decisione, confermando quella di primo grado nella considerazione che il tenore dell’art. 10 citato non giustificava la distinzione prospettata dall’Agenzia tra spese mediche, in senso stretto, e spese di ricovero, sembra aver dato logica lettura della disposizione, facendone, quindi, corretta applicazione. Deve, in vero, ritenersi che anche le rette di ricovero, corrisposte a strutture sanitarie per pazienti in regime di lungodegenza, affetti da gravissime infermità invalidanti, che necessitino di cure ed assistenza continua, rientrino tra le spese mediche e di assistenza specifiche previste dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10, comma 1, lett. b), e siano quindi deducibili.
Inammissibile, appare, poi, la doglianza con cui si deduce il vizio di motivazione, alla stregua del principio secondo cui in sede di legittimità, la parte che lamenti vizi di motivazione della sentenza impugnata, ha l’onere di indicare in modo esaustivo le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione, in quanto il ricorso deve risultare autosufficiente e, quindi, contenere in sè tutti gli elementi che diano al giudice la possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata, non essendo sufficiente un generico rinvio agli atti ed alle risultanze processuali (Cass. n. 849/2002, n. 2613/2001, C.T.C., n. 10154/2005, n. 5295/2006, n. 6034/2006, n. 7951/2006).
Ciò in quanto, “per potersi configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, è necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza (Cass. n. 9368/2006; n. 1014/2006; n. 22979/2004).
E’ di tutta evidenza che, nel caso la formulazione del mezzo, assolutamente generica, non appare coerente ai richiamati principi.
5 – Si ritiene, quindi, sussistano i presupposti per la trattazione del ricorso in Camera di consiglio, proponendosene la definizione, con declaratoria di rigetto, per manifesta infondatezza, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c..
Il Relatore Cons. Dott. Antonino Di Blasi”.
Considerato che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori;
Visti il ricorso, il controricorso e tutti gli altri atti di causa;
Considerato che il Collegio condivide le argomentazioni, svolte nella relazione;
Ritenuto che, in base a tali condivisi motivi ed ai richiamati principi, il ricorso va rigettato;
Considerato, altresì, che le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi Euro millecento, di cui Euro mille per onorario ed Euro cento per spese vive, oltre contributo, spese generali ed accessori di legge;
Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..
PQM
rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia Entrate al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, in ragione di complessivi Euro millecento, oltre contributo, spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 15 aprile 2010.
Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2010