Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12192 del 06/06/2011

Cassazione civile sez. VI, 06/06/2011, (ud. 13/05/2011, dep. 06/06/2011), n.12192

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 14832/2010 proposto da:

C.V.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA MOLVENO 121, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO

LOMBARDO, rappresentata e difesa dagli avvocati LOMBARDO Michele,

MARIELLA VULTAGGIO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS) in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati RICCIO Alessandro, PATTERI ANTONELLA, MAURO RICCI, giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 243/2010 della CORTE D’APPELLO di PALERMO del

4.2.2010, depositata il 10/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito per il controricorrente l’Avvocato Luigi Caliulo (per delega

avv. Alessandro Riccio) che si riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO

PATRONE che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Atteso che è stata depositata relazione del seguente contenuto:

1. con sentenza del 4.2 – 10.3.2010 la Corte d’Appello di Palermo ha confermato la pronuncia di prime cure, che aveva rigettato la domanda proposta da C.V.R. nei confronti dell’Inps diretta al riconoscimento della pensione di reversibilità quale figlia inabile, sul rilievo che, in base alle risultanze di CTU, le infermità riscontrate non integravano il requisito sanitario necessario per la fruizione della prestazione richiesta;

2. avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale C. V.R. ha proposto ricorso per cassazione fondato su un unico motivo; l’Inps ha resistito con controricorso;

3. con l’unico motivo di ricorso la ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia accolto le valutazioni del CTU senza far luogo ad una determinazione del grado complessivo di inabilità fondata su una considerazione unitaria del quadro clinico, con riferimento agli effetti delle singole malattie riscontrate sulla concreta capacità di lavoro, in un’attività particolarmente impegnativa dal punto di vista fisico e senza considerare l’incidenza dell’elevato grado di inabilità cardiopatica ipertensiva in relazione al particolare tipo di lavoro svolto;

4. il motivo svolto è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non essendo stati ivi trascritti i passi della CTU in base ai quali l’ausiliario ha ritenuto l’insussistenza del requisito sanitario, sicchè resta privo di termine di raffronto l’assunto relativo alla dedotta inadeguatezza delle valutazioni compiute ed accolte nella sentenza impugnata;

5. al contempo deve rilevarsi che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in materia di prestazioni derivanti da patologie relative allo stato di salute dell’istante, il difetto di motivazione, denunciabile in cassazione, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica (nella specie neppure indicate), mentre al di fuori di tale ambito la censura anzidetta costituisce mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale traducendosi, quindi, in un’inammissibile critica del convincimento del giudice (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 8654/2008; 17324/2005;

10552/2003; 16223/2003);

Atteso che il Collegio condivide e fa proprie le considerazioni che precedono e che, pertanto, il ricorso va rigettato, con esonero della parte soccombente dalle spese ai sensi dell’art. 152 c.p.c., nel testo vigente anteriormente all’entrata in vigore del D.L. n. 269 del 2003, applicabile ratione temporis alla presente controversia.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 13 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2011

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