Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1219 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 21/01/2021, (ud. 06/11/2020, dep. 21/01/2021), n.1219

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2270-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.r.L., in persona del Curatore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato

BARBERA MARCO, rappresentato e difeso dall’Avvocato MAROZZI SILVIO

giusta procura speciale estesa a margine del controricorso;

– controricorrente –

e

S.R., S.A., SP.AN., S.L.,

N.F., M.E., M.A., M.G.,

M.P.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 589/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE delle MARCHE, depositata il 16/9/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 6/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

DELL’ORFANO ANTONELLA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

l’Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale delle Marche aveva accolto l’appello avverso la sentenza n. 565/2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Ascoli Piceno in rigetto del ricorso proposto dal Fallimento (OMISSIS). S.r.L. avverso avviso di rettifica e liquidazione di imposta di registro ed ipocatastale 2013, relativamente ad atto pubblico, datato 11.3.2013, con il quale erano stati acquistati da S.R., S.A., Sp.An. e S.L., N.F., M.E., M.A., M.G. e M.P. appezzamenti di terreno siti nel Comune di Ascoli Piceno;

la Curatela resiste con controricorso, i venditori degli immobili sono rimasti intimati;

la Curatela ha infine depositato memoria difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1. va preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione, per tardività della notifica, proposta dalla Curatela;

1.2. la sentenza, notificata in data 8.11.2016, poteva essere infatti impugnata entro il termine di sessanta giorni, che veniva così a scadere il 9.11.2017, poichè il termine ultimo per la notifica stessa, individuato nell’8.1.2017, cadeva in giorno festivo;

1.3. il ricorso è stato dunque tempestivamente notificato, a mezzo PEC, in data 9.1.2017;

2.1. con il primo mezzo si censura la sentenza denunciando, in rubrica, ex art. 360 c.p.c., n. 4 “violazione dell’art. 333 e 335 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49,61 e 29” per non avere la Commissione Tributaria Regionale disposto la riunione delle impugnazioni proposte dalle parti venditrici avverso la medesima sentenza di primo grado, pur essendo stata disposta la trattazione simultanea di tutti gli appelli, con successive decisioni contrastanti ed inconciliabili tra loro, essendo stato respinto l’appello dei venditori ed accolto l’appello dell’acquirente;

2.2. la doglianza è infondata in quanto ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 57, comma 1, l’obbligazione per il pagamento dell’imposta di registro grava sulle parti contraenti in solido, sicchè deve essere esclusa la sussistenza tra le stesse, sul piano processuale, di un litisconsorzio necessario, ed inoltre, nel caso di specie, il giudizio di appello risulta instaurato mediante evocazione in giudizio non solo dell’Ufficio impositore, ma anche dei venditori, nè l’Ufficio – unico ricorrente per cassazione potrebbe oggi far valere un interesse (quello alla unitaria definizione del rapporto tributario) asseritamente proprio di una parte (i cedenti, non costituiti nel giudizio di appello) diversa, da lui non rappresentata, ed acquiescente, considerato peraltro anche che l’acquirente di un immobile, al quale sia stato notificato avviso di liquidazione dell’imposta di registro, sul presupposto che il valore dichiarato nell’atto fosse inferiore a quello reale, può opporre all’erario il giudicato riduttivo del maggior valore ottenuto dal venditore (coobbligato in solido con l’acquirente) (cfr. Cass. nn. 2231/2018, 7334/2008);

3.1. con il secondo motivo, in via gradata, si denuncia nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente, avendo la Commissione Tributaria Regionale reputato erronee le valutazioni di stima effettuate dall’Ufficio finanziario sulla base delle risultanze della perizia, prodotta dalla parte privata, circa i criteri di stima utilizzati a fondamento dell’atto impositivo;

3.2. con il terzo motivo si denuncia, in via ulteriormente gradata, omesso esame di fatto controverso, decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, avendo la Commissione Tributaria Regionale conferito rilevanza alla perizia di parte senza valutare l’inidoneità della valutazione estimativa destinata alla valutazione attuale e soggettiva di un’impresa in corso di liquidazione e nell’ambito di procedura concorsuale, poi seguita dal fallimento;

3.3. le censure sono inammissibili;

3.4. la giurisprudenza di questo giudice di legittimità ha affermato che si ha motivazione omessa o apparente quando il giudice di merito omette di indicare, nei contenuto della sentenza gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro disamina logico-giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. n. 16736/2007);

3.5. ciò non ricorre nel caso in esame, laddove la Commissione Tributaria Regionale, ha ritenuto di dovere confermare quanto statuito dai giudici di primo grado in ordine all’erronea stima del valore dei beni sottoposti a tassazione evidenziando che gli elementi forniti dall’Ufficio costituivano una presunzione semplice e che la contribuente aveva fornito, invece, convincenti argomenti di segno opposto circa le varie incongruenze da cui era affetta la stima dell’Ufficio, a loro volta avvalorate dalle risultanze della perizia di parte;

3.6. si tratta di una motivazione che non può considerarsi meramente apparente, in quanto esplicita appieno le ragioni della decisione;

3.7. con le rimanenti censure, inoltre, la ricorrente mira ad ottenere una riconsiderazione degli elementi fattuali ed estimativi della vicenda, il che è certamente inammissibile nella presente sede di legittimità;

3.8. ciò in presenza di una motivazione del tutto congrua, perchè volta ad evidenziare – da un lato – l’erroneità ed assoluta opinabilità dei valori di stima da parte dell’Ufficio e – dall’altro – la validità delle argomentazioni della contribuente, basate su perizia di parte che, pur utilizzando il medesimo criterio merceologico adottato dall’Ufficio, giungeva ad un valore delle aree sostanzialmente coincidente con quello indicato nell’atto di acquisto;

4. per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso in ordine a tutti e tre motivi proposti e la ricorrente condannata alle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna l’Agenzia ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla controricorrente che liquida in Euro 9.000,00 per compensi, oltre rimborso forfettario e accessori di legge, se dovuti.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 6 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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