Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12189 del 07/05/2021

Cassazione civile sez. III, 07/05/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 07/05/2021), n.12189

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35561/2019 proposto da:

O.M., domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato SERGIO ORLANDO.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1112/2019 della CORTE DI APPELLO DI L’AQUILA,

depositata il 21/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/12/2020 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. – Con ricorso affidato a cinque motivi, O.M., cittadino (OMISSIS), ha impugnato la sentenza della Corte di Appello di L’Aquila, resa pubblica il 21 giugno 2019, che ne rigettava il gravame avverso la decisione di primo grado del Tribunale della medesima Città, che, a sua volta, ne aveva respinto l’opposizione avverso il diniego della competente Commissione territoriale del riconoscimento, in via gradata, dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

2. – La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, osservava che: a) il racconto del richiedente (aver lasciato il Paese di origine perchè, dopo che alcuni amici avevano cercato, in occasione di una festa, di inserirlo a forza in una setta, egli reagiva colpendo con una bottiglia di vetro rotta chi gli precludeva il passo per la fuga, apprendendo successivamente che costui era morto) era generico, confuso, lacunoso e privo di riscontri; b) non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), poichè dalle informazioni disponibili i fenomeni di violenza erano in regresso e riguardavano le sole regioni del nord-est, mentre quella di provenienza del richiedente era situato al sud delle Nigeria, come peraltro riconosciuto da precedenti di legittimità del 2017; c) non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, poichè la vicenda narrata dal richiedente non era credibile e non si rinvenivano situazioni di particolare sua vulnerabilità.

3. – L’intimato Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva, essendosi limitato al deposito “atto di costituzione” al fine di eventuale partecipazione ad udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. – Il ricorso denuncia “violazione e falsa applicazione della legge ex art. 360 c.p.c., commi 3 e 5 – Violazione di legge in relazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3,5 e 6 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8. Vizio di motivazione – Carenza istruttoria – Contraddizione Violazione del diritto di difesa e del diritto alla retribuzione del difensore”, per poi direttamente soffermarsi: “1) Sulla protezione internazionale” (lamentando la affermata non credibilità del racconto, nonostante con esso si evidenziasse la persecuzione subita come cristiano e la paura di rimanere vittima delle stragi contro gli stessi cristiani anche nel sud delle Nigeria); “2) Sul riconoscimento dello status di rifugiato” (per il rischio di rientro nel Paese di origine in quanto appartenente alla religione cristiana e dunque in pericolo per la situazione terroristica in atto, evidenziata anche dal sito “(OMISSIS)” del Ministero degli esteri); “3) Sulla protezione sussidiaria” (per la situazione di violenza presente in Nigeria); “4) Sulla protezione umanitaria” (per il rischio al quale era esposto esso richiedente, in quanto cristiano, in caso di rimpatrio in Nigeria); “5) Patrocinio a spese dello Stato – Violazione del diritto di difesa ed alla retribuzione” (per aver la Corte territoriale revocato l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato per manifesta infondatezza del gravame).

2. – Il ricorso è inammissibile in tutta la sua articolazione.

2.1. – In riferimento alle doglianze sub 1), 2), 3) e 4), le stesse sono affatto generiche, in palese violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, nonchè in assenza della indicazione specifica e intelligibile dei contenuti degli atti e documenti su cui le censure medesime si fondano, oltre ad essere del tutto omessa, di detti atti e documenti, la necessaria localizzazione processuale (ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6). Inoltre, con il ricorso non è veicolata una idonea critica della ratio decidendi della sentenza impugnata, la cui portata non viene presa in considerazione dal ricorrente, insistendosi, peraltro, su una situazione personale del richiedente (quale elemento centrale di tutte le doglianze) – ossia il professare la religione cristiana -, di cui però non vi è menzione nella decisione del giudice di appello e della quale situazione il ricorrente medesimo non fornisce in alcun modo dimostrazione di averla tempestivamente allegata nel giudizio di merito.

2.2. – Quanto alla censura sub 5), la stessa è inammissibile giacchè il provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, comunque pronunciato (sia con separato decreto che all’interno del provvedimento di merito) deve essere sempre considerato autonomo e di conseguenza soggetto ad un separato regime di impugnazione ovvero l’opposizione del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15. Contro tale ultimo provvedimento è ammesso il ricorso ex art. 111 Cost., mentre è escluso che della revoca irritualmente disposta dal giudice del merito possa essere investita la Corte di Cassazione in sede di ricorso avverso la decisione (Cass. n. 16117/2020; Cass. n. 10487/2020).

3. – Ne consegue l’inammissibilità del ricorso.

Non occorre provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità in assenza di attività difensiva della parte intimata.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2021

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