Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12182 del 06/06/2011

Cassazione civile sez. VI, 06/06/2011, (ud. 13/05/2011, dep. 06/06/2011), n.12182

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 9709/2010 proposto da:

M.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato

ANGELOZZI Giovanni, che lo rappresenta e difende, giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS) in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati RICCIO Alessandro, GIANNICO GIUSEPPINA, MAURO RICCI, giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 147/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

12.1.09, depositata il 19/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito per il ricorrente l’Avvocato Giovanni Angelozzi che si riporta

ai motivi del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato Luigi Caliulo (per delega

avv. Alessandro Riccio) che si riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO

PATRONE che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. con sentenza del 12.1 – 19.10.2009 la Corte d’Appello di Roma ha rigettato l’impugnazione proposta da M.L. nei confronti dell’Inps avverso la sentenza di prime cure che aveva disatteso il ricorso diretto ai riconoscimento della pensione d’inabilità o, in subordine, dell’assegno di invalidità ai sensi della L. n. 222 del 1984; a sostegno del decisum la Corte territoriale ha condiviso le conclusioni del CTU, secondo cui il complesso patologico accertato non consentiva il raggiungimento della soglia invalidante, confutando altresì la fondatezza delle osservazioni critiche all’operato del CTU svolte dall’assicurato;

2. avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, M. L. ha proposto ricorso per cassazione, denunciando, con trattazione congiunta, violazione della L. n. 222 del 1984, art. 1, con riferimento all’art. 36 Cost., e vizio di motivazione; in particolare il ricorrente ha dedotto che alle menomazioni riscontrate non era stato attribuito il giusto rilievo invalidante, con sottostima delle medesime da parte dell’ausiliario, e mancata considerazione dell’età, della formazione professionale e della possibilità del soggetto di impiegare le residue energie lavorative senza esporsi al rischio di abnorme usura; l’intimato Inps ha resistito con controricorso;

3. secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, nelle controversie in materia di prestazioni previdenziali derivanti da patologie dell’assicurato, le conclusioni del consulente tecnico di ufficio sulle quali si fonda la sentenza impugnata possono essere contestate in sede di legittimità se le relative censure contengano la denuncia di una documentata devianza dai canoni fondamentali della scienza medico-legale o dai protocolli praticati per particolari assicurazioni sociali che, in quanto tale, costituisce un vero e proprio vizio della logica medico – legale e rientra tra i vizi deducibili con il ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, sicchè, in mancanza di detti elementi, le censure, configurando un mero dissenso diagnostico, sono inammissibili in sede di legittimità (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 8654/2008; 9988/2009); le doglianze del ricorrente, nel caso specifico, contrariamente at suo assunto, si risolvono nella richiesta di una difforme valutazione, in senso a lui più favorevole, dell’incidenza del quadro diagnostico, senza dimostrare – al di là delle apodittiche affermazioni in tal senso – per quali ragioni le non condivise conclusioni del CTU si tradurrebbero in una effettiva devianza dei canoni fondamentali della medicina legale; la Corte territoriale, nel condividere le conclusioni dell’ausiliario, ha fatto inoltre espresso riferimento all’attività lavorativa svolta in precedenza dall’assicurato ed alle possibilità occupazionali confacenti alle sue attitudini, sicchè, anche sotto questo profilo, le doglianze si risolvono nella richiesta – inammissibile in questa sede di legittimità – di un riesame del merito;

Atteso che il Collegio condivide e fa proprie le considerazioni che precedono e che, pertanto, il ricorso va rigettato, con esonero della parte soccombente dalie spese ai sensi dell’art. 152 c.p.c., nel testo vigente anteriormente all’entrata in vigore del D.L. n. 269 del 2003, applicabile ratione temporis alla presente controversia.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 13 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2011

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