Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1218 del 17/01/2019

Cassazione civile sez. II, 17/01/2019, (ud. 13/07/2018, dep. 17/01/2019), n.1218

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17528/2014 proposto da:

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE

MONTAGNE ROCCIOSE 69, presso lo studio dell’avvocato ROSALIA

MANGANO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

G.C., F.M., F.M.P.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1969/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/07/2018 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha chiesto il rigetto

del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 5065/06 rigettava la domanda di annullamento della Delib. Condominiale 21 gennaio 2002, proposta da F.C., G.C. ed altri condomini del Condominio di (OMISSIS), ha riconosciuto legittimo il distacco degli attori dall’impianto di riscaldamento centralizzato, ha disposto che gli stessi contribuissero nel futuro per intero alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria dello stesso e nella misura del 28% delle rispettive quote millesimali a quelle per l’acquisto del combustibile ed ha compensato le spese del giudizio.

Avverso questa sentenza interponeva appello G.C. e F.C., cui sono succeduti in corso di giudizio quali eredi la stessa G. ed i figli F.M. e F.M.P., censuravano la sentenza di primo grado, assumendo che il Tribunale avrebbe,, erroneamente, ritenuto che l’impugnata Delibera oggetto del giudizio non fosse nulla o annullabile in relazione alla ripartizione dei costi del servizio di riscaldamento centralizzato a loro carico per l’intera quota millesimale e che la sentenza non fosse di accertamento della legittimità del distacco e, quindi, retroattiva (primo motivo) e lamentano, inoltre, che la quota di contribuzione per le spese di acquisto combustibile sia stata determinata in eccesso in forza di erronee determinazioni del c.t.u. (secondo motivo). Deducevano, inoltre, gli appellanti che con sentenza inter partes n. 29660/05 il Giudice di Pace di Roma aveva revocato il decreto ingiuntivo ottenuto dal Condominio in forza di analoga ripartizione delle spese di riscaldamento per l’esercizio 2000/2001, approvate con Deli. 13 novembre 2000. Tale sentenza era poi stata impugnata dal Condominio per cassazione ed era stata confermata con sentenza n. 13110/11 della Suprema Corte.

D.P.P. era rimasta contumace.

La Corte di Appello di Roma con sentenza n. 1969 del 2014 accoglieva l’appello, dichiarava legittimo il distacco effettuato dagli appellanti del loro appartamento dal servizio centralizzato di riscaldamento e li dichiarava tenuti a contribuire alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, in misura corrispondente alla quota millesimale di loro pertinenza della relativa tabella, nonchè alle spese di combustibile per l’impianto nella misura del 5% di tale quota millesimale, dichiarava la nullità della Delibera condominiale, nella parte in cui poneva a carico della G.C., F.M. e F.M.P., spese per il servizio di riscaldamento centralizzato superiori a quelle specificate. Condannava il Condominio al pagamento delle spese dell’intero giudizio.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dal condominio di (OMISSIS), con ricorso affidato a cinque motivi. G.C., F.M. e F.M.P.,

in questa fase non hanno svolto attività giudiziale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – il Condominio di (OMISSIS) denuncia:

a) Con il primo motivo di ricorso la nullità della sentenza per violazione dell’art. 24 Cost.artt. 99,101,112 e 183 c.p.c.(testo antiriforma del 2005) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Secondo il ricorrente, la sentenza impugnata avrebbe posto a fondamento della decisione quanto statuito dal Giudice di Pace di Roma con sentenza del 2015, confermata dal Giudice di Appello e dalla Cassazione, tuttavia, la questione di tale giudicato non era stata sollevata nel corso del giudizio di secondo grado e sulla stessa non si sarebbe sviluppato il contraddittorio e, ciò non può che comportare la nullità della sentenza così come afferma la Corte di Cassazione, secondo cui è nulla la sentenza fondata su una questione rilevata di ufficio e non sottoposta dal giudice al contraddittorio delle parti. Per altro, il Giudice di Pace, per una errata interpretazione dei dati ed un calcolo non corretto, ha ritenuto che la percentuale si assestasse al 4,6%, arrotondato poi al 5%, confondendo il valore in millesimi, che è di 12,9/1000 con il valore in percentuale di 1,29%.

b) 2. – Con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., art. 2909 c.c., art. 113 c.p.c., art. 339 c.p.c., comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale nel fondare la decisione sulla base del giudicato intervenuto nella causa tra le stessi parti dinanzi al Giudice di Pace di Roma non avrebbe tenuto conto che la sentenza di cui si dice era stata resa secondo equità con tutte le conseguenti limitazioni alla facoltà di impugnare sancite dall’art. 339 c.p.c.. In particolare, si eccepisce che il Condominio odierno ricorrente “(….) nella causa incardinata innanzi al Giudice di Pace attese le limitazioni proprie di quel tipo di giudizio, non ebbe la possibilità di esercitare alcun diritto di critica alla relativa sentenza, nè sul merito, nè sotto il profilo della tenuta logica della motivazione in ordine all’interpretazione e all’applicazione della consulenza tecnica ivi disposta (….)”

1.1.= Entrambi i motivi, che per la loro innegabile connessione vanno esaminati congiuntamente, sono infondati ed, essenzialmente, perchè, correttamente, la sentenza impugnata ha ritenuto accertato quanto disposto dalla sentenza n. 29660/05 del Giudice di Pace di Roma passata in giudicato, avendo considerato che l’oggetto del presente giudizio era analogo a quello del giudizio svoltosi davanti al Giudice di Pace e tra gli stessi soggetti. Come emerge chiaramente dagli atti, la sentenza del Giudice di Pace n. 29660 del 2005, ha esaminato e risolto la questione relativa alla legittimità del distacco di taluni condomini dall’impianto di riscaldamento centralizzato alla questione relativa al quantum del contributo di partecipazione alle spese per l’impianto di riscaldamento centralizzato a carico del condominio che si è distaccato, e cioè, ha esaminato e risolto le stesse questioni che sono state riproposte nel giudizio in esame.

Come correttamente ha chiarito la Corte di Appello di Roma “(…) oggetto del presente giudizio (ripartizione delle spese del servizio di riscaldamento centralizzato condominiale) è analogo a quello del giudizio svoltosi davanti al Giudice di Pace, ancorchè quest’ultimo introdotto con una opposizione a decreto ingiuntivo, e che l’analogia di oggetto e parti, impone di tenere conto della sopravvenienza di un giudicato esterno, atteso che qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento, cosi compiuto, in ordine alla situazione giuridica, ovvero, alla soluzione di questioni di fatto di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata” (Cass. Civ., SS.UU., 16/06/2006, n. 13916; conforme Cass. Civ., Sezione Lavoro, 10/11/2008, n. 26927). Inoltre, “L’esistenza di un giudicato, anche esterno, non costituisce oggetto di eccezione in senso tecnico, ma è rilevabile in ogni stato e grado anche d’ufficio, senza che in ciò sia riscontrabile alcuna violazione dei principi del giusto processo” (Cass. Civ., Sez. 6-1, 06/06/2011, Ordinanza n. 12159) (…)”.

1.2. – Pertanto, la sentenza impugnata non presenta l’errore denunciato. Il ricorrente pretenderebbe che la stessa questione, decisa con sentenza passata in giudicato fosse nuovamente esaminata e decisa ed in maniera conforme alle proprie aspettative. D’altra parte, e a ben vedere, non supera il limite di un’opinione personale l’osservazione secondo cui, nel caso concreto, il Condominio, odierno ricorrente “(….) nella causa incardinata innanzi al Giudice di Pace, attese le limitazioni proprie di quel tipo di giudizio, non ebbe la possibilità di esercitare alcun diritto di critica alla relativa sentenza nè sul merito, nè sotto il profilo della tenuta logica della motivazione in ordine all’interpretazione e all’applicazione della consulenza tecnica ivi disposta (….)”, dovendo considerare che la sentenza, di cui si dice, è stata confermata dal Giudice di Appello e dalla stessa Cassazione con sentenza n. 13110 del 2011, la quale ha specificato che “(….) il Giudice di pace era giunto al proprio convincimento sulla base di una ponderata valutazione delle risultanze della c.t.u. e con una motivazione adeguata (….)”. In verità, il ricorrente non tiene conto, neppure, che l’errore che avrebbe commesso il Giudice di Pace, in ordine all’obbligo dei condomini che si erano distaccati dall’impianto di riscaldamento centralizzato, di concorrere alle spese per l’acquisto del combustibile, in proporzione delle proprie quote millesimali, era censurabile nel giudizio di appello, perchè correlato ai principi, regolatori della materia.

1.3. – Piuttosto, correttamente, la Corte distrettuale ha avuto modo di evidenziare che “(….) Ciò posto, va rilevato che la sentenza n. 29660/05 del Giudice di Pace di Roma, ormai passata in giudicato, ha accertato in punto di diritto la legittimità del distacco di taluni condomini dall’impianto di riscaldamento centralizzato, in punto di fatto che l’appartamento degli appellanti è dotato di adeguato autonomo impianto di riscaldamento a norma e che il distacco non modifica il corretto funzionamento dell’impianto centralizzato nè introduce particolari dispersioni ed, ancora, in punto di diritto, che il concorso degli appellanti alle spese per il combustibile va determinato nel 5% delle loro quote millesimali (…)”.

2. – Con il terzo motivo il ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Secondo il Condominio di (OMISSIS), la Corte distrettuale avrebbe omesso di esaminare, valutare ed esprimere motivazione in ordine alla questione relativa all’efficacia retroattiva o meno della sentenza nella parte in cui ha stabilito la quota di partecipazione alle spese del consumo dell’impianto centralizzato da parte del condomino che aveva eseguito il distacco. In particolare, secondo il ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe omesso l’esame della critica, alla sentenza del Tribunale, da parte degli appellanti “(atto di appello pag. 7 a detta sentenza non dovrebbe però essere riconosciuto un valore costitutivo ma un’efficacia meramente dichiarativa della realizzazione di una situazione legittima)” cui si era contrapposto il condominio odierno ricorrente.

2.1. – Il motivo è inammissibile perchè il vizio denunciato non integra gli estremi dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ma gli estremi una violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, ovvero, quale lesione della normativa di cui all’art. 112 c.c., Per altro, solo una corretta denuncia della violazione della normativa di cui all’art. 112 c.p.c., avrebbe consentito a questa Corte l’esame degli atti di causa al fine di avere contezza della relativa censura e, dunque, della effettiva rilevanza nel presente giudizio. Occorre ricordare, in proposito, che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica, con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c..

3. – Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta l’omesso esame di altro fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe totalmente omesso di prendere in esame e valutare le emergenze processuali della causa ed, in particolare, avrebbe omesso di prendere in esame l’accertamento sulla percentuale di consumo posta a carico dei condomini che si erano distaccati stabilita dalla sentenza del Tribunale nella misura del 28,8% sulla base di CTU dallo stesso disposta.

3.1. – Anche questo motivo è inammissibile per genericità. A ben vedere, la sentenza in esame, non ha mancato di esaminare l’accertamento relativo alla percentuale di consumo posto a carico dei condomini che si erano distaccati ma ha accolto, su uno specifico motivo di appello avanzato dai condomini che si erano distaccati, il ragionamento della sentenza n. 29660 del 2005 del Giudice di Pace, ritenendo, consapevolmente, legittima la misura del 5% delle corrispondenti quote millesimali in relazione alle spese per l’acquisto di combustibile per l’impianto centralizzato. E, a conferma di ciò, la Corte distrettuale ha avuto modo di specificare “(…) che a nulla rileva che gli altri condomini attori in primo grado abbiano deciso di transigere con il Condominio a condizioni diverse, atteso che si verte, comunque, in tema di diritti soggettivi disponibili e che l’autonomia negoziale delle parti non può produrre effetti che tra quelle contraenti (…)”.

3.1. – Per altro, l’interpretazione e la valutazione dei dati processuali, considerati nel loro complesso, posti a fondamento della decisione non sarebbero censurabili in cassazione perchè attività tipiche affidate al Giudice del merito. Va qui osservato che il compito di valutare le prove e di controllarne l’attendibilità e la concludenza – nonchè di individuare le fonti del proprio convincimento, scegliendo tra le complessive risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti – spetta in via esclusiva al giudice del merito; di conseguenza la deduzione con il ricorso per Cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata, non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, restando escluso che, le censure concernenti il difetto di motivazione, possano risolversi nella richiesta alla Corte di legittimità di una interpretazione delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito.

4. – Con il quinto motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale, basando il proprio convincimento su un elemento estraneo al processo e slegato dalle difese proposte dalle parti, avrebbe dovuto provvedere alla compensazione delle spese del giudizio.

4.1. – Il motivo è inammissibile dato che, nel liquidare le spese del giudizio, la Corte distrettuale ha osservato, correttamente, cioè, così come avrebbe dovuto, il principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c.. E’ ius receptum che il regolamento delle spese processuali è rimesso al potere discrezionale del giudice di merito e trova un limite nella violazione del principio della soccombenza sancito dall’art. 91 c.p.c., secondo cui il relativo onere non può mai essere posto a carico della parte rimasta totalmente vittoriosa.

Ora, nel caso in esame, totalmente vittoriosi sono risultati gli appellanti ( G.C. e F.C. cui sono succeduti, in corso di giudizio, quali eredi, la stessa G. e i figli F.M. e F.M.P.).

In definitiva, il ricorso va rigettato. Non occorre liquidare le spese del presente giudizio, dato che gli intimati in questa fase non hanno svolto attività giudiziale. Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile di questa Corte di Cassazione, il 13 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2019

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