Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12178 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/06/2020, (ud. 14/02/2020, dep. 22/06/2020), n.12178

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15141-2018 proposto da:

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO SPA, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA IPPOLITO NIEVO

N. 62, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIA CANEVARI,

rappresentata e difesa dall’avvocato EMILIA FRANCESCA ARTURI;

– ricorrente –

contro

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dagli avvocati SALVATORE GRISOLIA, COSTANTINO MONTESANTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 507/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 17/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FALABELLA

MASSIMO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Il Tribunale di Castrovillari, con sentenza del 29 ottobre 2014, pronunciando sulla domanda proposta G.G. nei confronti di Banca Nazionale del lavoro s.p.a., dichiarava la nullità delle clausole del contratto di conto corrente già in essere tra i contendenti, relative agli interessi ultralegali, alla capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori e alla commissione di massimo scoperto; per l’effetto condannava la banca al pagamento, in favore dell’attore, della somma di Euro 174.818,00, a titolo di indebito oggettivo, oltre interessi.

2. – La decisione era impugnata dalla Banca Nazionale del Lavoro.

Con sentenza del 17 marzo 2018 la Corte di appello di Catanzaro, nella resistenza della parte vittoriosa in primo grado, rigettava il gravame.

3. – La stessa banca ricorre ora per cassazione facendo valere quattro motivi. Resiste con controricorso G.G. il quale ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo oppone la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e del t.u.b., art. 119. La censura investe l’affermazione con cui la Corte di appello, a fronte della consegna, attuata dalla banca, t.u.b. ex art. 119, di una parte soltanto degli estratti conto, aveva ritenuto di azzerare il saldo debitore di lire 401.148.238, portato dal primo degli estratti conto prodotti (quello del 30 marzo 1998). In tal modo, ad avviso della ricorrente, la Corte di merito aveva riversato l’onere probatorio su di una parte (essa banca) diversa rispetto a quella su cui doveva gravare.

Col secondo motivo la banca istante lamenta la violazione e falsa applicazione del principio dell’onere della prova ex art. 2697 c.c., in combinato disposto con l’art. 2033 c.c., e l’omesso esame di un fatto decisivo. Deduce la ricorrente che il giudice distrettuale aveva basato la sentenza di condanna sull’erroneo presupposto che l’onere di documentare l’accordo contrattuale da cui desumere l’assenza o la nullità di alcune condizioni rilevanti ai fini del giudizio incombesse su di essa, e non sul correntista, attore in ripetizione.

Il terzo mezzo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c., degli artt. 115,116 c.p.c. e dell’art. 1371 c.c., nonchè omessa, insufficiente e incomprensibile motivazione su di un fatto decisivo della controversia. Viene lamentato che il giudice del gravame abbia disatteso il motivo di impugnazione della banca con cui era stata censurato il recepimento, da parte del giudice del primo grado, delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio: consulenza che, secondo la ricorrente, presentava conclusioni “frutto di grosse lacune probatorie, di risposte a quesiti su domande non formulate”. Rileva la ricorrente che la Corte di merito aveva ritenuto di non poter prendere in esame il motivo di impugnazione proposto, in quanto era onere dell’appellante procedere al deposito di una copia dell’elaborato tecnico non più presente nel fascicolo d’ufficio. Viene di contro osservato che, nel caso di mancato reperimento, all’interno del detto fascicolo, della relazione peritale, non possa gravarsi la parte che aveva sollevato contestazioni circa l’operato del c.t.u. della produzione della stessa.

Col quarto motivo è formulata una doglianza di violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, giusta l’art. 112 c.p.c.. Si deduce che la Corte distrettuale aveva mancato di pronunciarsi sull’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca.

2. – I primi due motivi sono fondati.

La Corte di appello ha basato la decisione di azzerare il primo degli estratti conto prodotti sul rilievo per cui la banca non potesse sottrarsi ai proprio obblighi di conservazione delle scritture contabili invocando il limite della prescrizione; ha rilevato che l’appellante avrebbe dovuto consegnare gli estratti conto a far data dal 1 gennaio 1997, come le era stato richiesto: avendo prodotto gli estratti conto da una data successiva (quella del 30 marzo 1998), la movimentazione del conto andava ricostruita diversamente; il criterio indicato è quello per cui “si inverte l’onere della prova in danno della banca ed il ricalcolo va operato muovendo dalla riconduzione a zero del saldo”. Il giudice di appello ha poi osservato che la banca non aveva nemmeno prodotto il documento contrattuale, pure oggetto della richiesta formulata dal cliente in data 21 aprile 2008; “sicchè anche sotto tale profilo, venendosi ancora una volta ad invertire l’onere della prova, non potevano venir riconosciuti accessori non spettanti perchè non provati”.

Va anzitutto disattesa l’eccezione con cui il controricorrente assume l’inammissibilità del ricorso per cassazione ex art. 348 ter c.p.c., comma 5, per essere la sentenza di appello fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della pronuncia di primo grado. A prescindere da ogni ulteriore rilievo, è da osservare che la pronuncia di accoglimento si impone avendo riguardo alla errata applicazione, da parte della Corte di appello, delle regole di distribuzione dell’onere probatorio e non con riferimento al profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo (censura che è stata svolta, peraltro, nel solo secondo motivo di ricorso). Venendo in questione la fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, la preclusione invocata dal controricorrente, dunque, non opera.

Ciò detto, va fatta applicazione del principio per cui ove sia il correntista ad agire giudizialmente per l’accertamento giudiziale del saldo e la ripetizione delle somme indebitamente riscosse dall’istituto di credito, è tale soggetto, attore in giudizio, a doversi far carico della produzione dell’intera serie degli estratti conto (Cass. 7 maggio 2015, n. 9201; Cass. 13 ottobre 2016, n. 20693; Cass. 23 ottobre 2017, n. 24948; Cass. 3 dicembre 2018, n. 31187). In particolare, nel caso di domanda proposta dal correntista, la mancata produzione della parte iniziale degli estratti conto, in assenza di ulteriori elementi che forniscano indicazioni circa il pregresso andamento del rapporto, impone di elaborare i conteggi partendo dal primo saldo debitore documentato (Cass. 2 maggio 2019, n. 11543).

Per la medesima ragione, posta l’esistenza di un contratto scritto di conto corrente, l’attore in ripetizione che alleghi la nullità o l’assenza di pattuizioni atte a giustificare alcuni degli addebiti attuati nel corso del rapporto è onerato della produzione in giudizio del documento contrattuale (cfr. Cass. 13 dicembre 2019, n. 33009): è infatti attraverso di esso che egli dimostra l’assenza della causa debendi delle contestate appostazioni.

La Corte di merito ha ritenuto che detto onere probatorio fosse rovesciato per effetto della parziale inottemperanza della banca alla richiesta di consegna della documentazione inerente al rapporto: richiesta che era stata formulata dal correntista a norma del t.u.b., art. 119, comma 4.

L’assunto non poggia su alcun dato normativo ed è errato nella parte in cui ascrive alla banca una inadempienza che è, in realtà, insussistente.

Infatti, l’istanza venne pacificamente formulata da G.G. in data 21 aprile 2008 (prima quindi dell’introduzione del giudizio che, come ricorda lo stesso controcorrente, prese l’avvio il 31 luglio dello stesso anno); l’odierna istante provvide poi a trasmettere al medesimo la documentazione dei dieci anni anteriori, e cioè tutti gli estratti conto a partire da quello del 31 marzo 1998: lo riconosce il giudice distrettuale (pag. 9 della sentenza impugnata). Così facendo, la Banca Nazionale del Lavoro ebbe ad ottemperare a quanto prescritto dalla richiamata norma, che circoscrive l’obbligo dell’istituto di credito che ne sia richiesto alla consegna di “copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni”. Tale proposizione vale anche per il contratto di conto corrente, il quale datava 1992 (come si desume dall’affermazione della banca per cui l’inizio del rapporto risaliva a quell’anno: sempre pag. 9 della sentenza).

Nella propria memoria conclusiva (pag. 12) il controricorrente assume che con la citazione introduttiva del giudizio egli ebbe a far valere la nullità del contratto di apertura di credito regolata in conto corrente, assumendo, a quanto pare, che tale contratto non venne mai documentato e sottoscritto nonostante esistesse un obbligo di forma da assolvere al riguardo, con riguardo al negozio o alla pattuizione che regolava gli interessi (le deduzioni svolte al riguardo sono estremamente sintetiche e non appaiono agevolmente comprensibili). Il rilievo, ove pure si rivelasse fondato, non varrebbe tuttavia ad escludere la cassazione della pronuncia impugnata: la Corte di Catanzaro ha infatti basato la sua pronuncia non sulla nullità di tale contratto (affermazione, questa, che avrebbe imposto un accertamento da cui il giudice di appello prescinde del tutto) ma sulla mancata produzione, da parte della banca, dello stesso. E’ appena il caso di aggiungere, in proposito, che, del resto, il rilievo d’ufficio della nullità del contratto troverebbe ostacolo proprio nell’esistenza di una domanda diretta a tal fine, giacchè tale rilievo officioso può configurarsi solo ove manchi una domanda della parte sul medesimo oggetto.

3. – Il terzo motivo è assorbito.

L’accertamento del saldo, operato a mezzo della consulenza tecnica, è condizionato dall’accoglimento dei primi due motivi, onde le questioni inerenti a tale verifica, che vanno riesaminate alla luce di quanto in precedenza rilevato, sono devolute al giudice del rinvio.

4. – Il quarto mezzo è invece inammissibile.

La Corte di appello non si è pronunciata sull’eccezione di prescrizione in quanto non è stata acquisita al giudizio documentazione delle movimentazioni che hanno avuto luogo oltre il decennio: l’ha pertanto ritenuta assorbita. Ebbene, il vizio d’omessa pronuncia, configurabile allorchè manchi completamente il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto, deve essere escluso, pur in assenza di una specifica argomentazione, in relazione ad una questione implicitamente o esplicitamente assorbita in altre statuizioni della sentenza (Cass. 16 gennaio 2016, n. 1360): in tal caso, infatti, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita (di rigetto oppure di accoglimento) anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione è proprio quella dell’assorbimento (Cass. 12 novembre 2018, n. 28995; Cass. 27 dicembre 2013, n. 28663).

5. – In conclusione, vanno accolti i primi due motivi, mentre il terzo va dichiarato assorbito e il quarto inammissibile.

La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di appello di Catanzaro, in altra composizione, cui è pure devoluta la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il primo e il secondo motivo; dichiara assorbito il terzo e inammissibile il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, cui demanda di statuire sulle spese del giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6a Sezione Civile, il 14 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

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