Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12173 del 07/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 07/05/2021, (ud. 02/02/2021, dep. 07/05/2021), n.12173

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11460-2020 proposto da:

Z.Z., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANTONINO FICARRA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 657/2019 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 22/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 02/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA

VELLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. il cittadino pakistano Z.Z., nato in (OMISSIS) (Punjab) il (OMISSIS), ricorre avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello di Caltanissetta ha confermato il diniego, da parte del Tribunale di Caltanissetta, della protezione internazionale o umanitaria invocata per il timore che i suoi creditori facciano del male alle sorelle, avendo abbandonato il Pakistan a giugno 2015 per le difficoltà economiche derivate dall’inondazione del 2014, che aveva colpito la casa familiare e i terreni presi in affitto, costringendoli a contrarre debiti;

1.1. il Ministero intimato ha depositato un “atto di costituzione” per l’eventuale partecipazione alla pubblica udienza;

1.2. a seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

2. con i primi due motivi si deduce violazione dell’art. 24 Cost., D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, commi 4 e 5, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7, della Conv. Diritti dell’Uomo, art. 6, comma 3, art. 132 c.p.c., lamentandosi la “mancata traduzione nella lingua conosciuta dal ricorrente sia della decisione della Commissione (la parte motiva) sia dell’impugnato decreto” e la “conseguente nullità per mancanza di motivazione in lingua comprensibile al ricorrente”, il quale in sede di audizione “aveva dichiarato di conoscere e comprendere compiutamente la lingua “urdu”, nonchè solo “un pò di pujab e inglese%;

2.1. le censure sono infondate, avendo questa Corte già chiarito che: i) “in tema di protezione internazionale, il del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, comma 5, non può essere interpretato nel senso di prevedere fra le misure di garanzia a favore del richiedente anche la traduzione nella lingua nota del provvedimento giurisdizionale decisorio che definisce le singole fasi del giudizio, in quanto la norma prevede la garanzia linguistica solo nell’ambito endo-procedimentale e inoltre il richiedente partecipa al giudizio con il ministero e l’assistenza tecnica di un difensore abilitato, in grado di comprendere e spiegargli la portata e le conseguenze delle pronunce giurisdizionali che lo riguardano” (Cass. n. 23760/2019, n. 21450/2020); ii) “la comunicazione della decisione negativa della Commissione territoriale competente, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, commi 4 e 5, deve essere resa nella lingua indicata dallo straniero richiedente o, se non sia possibile, in una delle quattro lingue veicolari (inglese, francese, spagnolo o arabo, secondo l’indicazione di preferenza), determinando la relativa mancanza l’invalidità del provvedimento; tale vizio, tuttavia, analogamente alle altre nullità riguardanti la violazione delle prescrizioni inderogabili in tema di traduzione, può essere fatto valere solo in sede di opposizione all’atto che da tale violazione sia affetto, ivi compresa l’opposizione tardiva, qualora il rispetto del termine di legge sia stato reso impossibile proprio dalla nullità” (Cass. n. 16470/2019, n. 8367/2020); “la nullità del provvedimento amministrativo, emesso dalla Commissione territoriale, per omessa traduzione in una lingua conosciuta dall’interessato o in una delle lingue veicolari, non esonera il giudice adito dall’obbligo di esaminare il merito della domanda, poichè oggetto della controversia non è il provvedimento negativo ma il diritto soggettivo alla protezione internazionale invocata, sulla quale comunque il giudice deve statuire, non rilevando in sè la nullità del provvedimento ma solo le eventuali conseguenze di essa sul pieno dispiegarsi del diritto di difesa” (Cass. n. 26576/2020, n. 7385/2017);

2.2. peraltro, non può mancarsi di rilevare come a pagina 18 dello stesso ricorso si legga che “il ricorrente, come pacifico in atti, parla italiano”;

3. con i motivi terzo, quarto, quinto e sesto si deduce la violazione degli artt. 1364,1365,1369,2697 c.c.; artt. 115,116,132 c.p.c.; art. 111 Cost.; del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 3; del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3; della Conv. Ginevra, art. 1, nei seguenti termini: “motivazione perplessa ed obbiettivamente incomprensibile” (3); “motivazione apparente: petizione di principio” (4); “lo status di rifugiato, contrariamente a quanto sostenuto dalla corte territoriale, rientra nei motivi indicati dalla Convenzione di Ginevra, art. 1, alla lett. a, e del D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 2, comma 1, lett. e) ed f)” (5); “il giudicante ritiene da un lato non credibile il racconto del r.a. ma lo rigetta perchè non rientra nella fattispecie delineata dalla Convenzione di Ginevra” (6);

3.1. i motivi presentano plurimi profili di inammissibilità: i) essi veicolano genericamente e indistintamente vizi eterogenei, in contrasto col principio di tassatività dei mezzi di ricorso per cassazione e con l’orientamento di questa Corte per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure (ex plurimis, Cass. n. 26790/2018, n. 11222/2018, n. 2954/2018, n. 27458/2017, n. 16657/2017, n. 19133/2016); ii) le censure motivazionali non rispettano i canoni del novellato art. 360 c.p.c., n. 5), che onerano il ricorrente di indicare – nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti, nonchè la sua “decisività” (ex multis Cass. Sez. U, n. 8053/2014; Cass. n. 19987/2017, n. 27415/2018, n. 6735/2020);

vengono contestate valutazioni di merito, sottratte al sindacato di legittimità (Cass. n. 11863/2018, n. 29404/2017, n. 16056/2016); iv) le deduzioni difettano infine di autosufficienza;

4. con i motivi settimo, ottavo e nono si deduce la violazione degli artt. 1364,1365,1369,2697 c.c.; artt. 115,116,132 c.p.c.; art. 111 Cost.; del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3; del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3; artt. 6 e 13 Cedu; della Carta di Nizza, art. 47; della Dir. UE n. 32 del 2013, art. 46, nei seguenti termini: “motivazione perplessa ed obbiettivamente incomprensibile” (7); “la Corte ha rigettato il ricorso errando nel richiedere quasi il coinvolgimento territoriale del r. a.: Cass. Sez 6-1 n. 20083/2017, rv. 67042-01” (8); “le informazioni non sono aggiornate al momento della decisione. Il giudice merito non ha acquisito elementi anche presso il Paese di origine” (9);

4.1. le censure, oltre ad essere inficiate dagli stessi vizi di inammissibilità esposti nel precedente blocco di motivi, sono anche infondate, poichè la motivazione della sentenza impugnata supera la cd. soglia del minimo costituzionale sindacabile in sede di legittimità (Cass. Sez. U, n. 8053/2014; cfr. Cass. Sez. U, n. 22232/2016; Cass. n. 13977/2019) e la Corte d’appello ha in realtà utilizzato e valutato C.O.I. qualificate e aggiornate (report EASO 2018) senza che il ricorrente abbia indicato alcuna fonte alternativa idonea a sovvertire la decisione (cfr. Cass. n. 22769/2020, n. 4037/2020, n. 13255/2020, n. 9230/2020, n. 13897/2019, n. 13449/2019, n. 11312/2019).

5. il decimo mezzo lamenta le medesime violazioni di legge, nell’assunto che “il racconto del ricorrente è preciso, veritiero e non contraddittorio; la persecuzione del ricorrente è di tipo sociale e va intercalata negli usi e costumi del ricorrente (Sez 6-1, n. 16201 /2015, rv. 636625-01 e Sez. 61, n. 14998/2015)”;

5.1. la censura è generica e fa riferimento a fatti non conducenti rispetto al tenore della motivazione della decisione impugnata.

6. con i motivi undicesimo, dodicesimo e tredicesimo si lamentano le medesime violazioni di legge da ultimo enunciate, per le seguenti ragioni: “motivazione perplessa ed obbiettivamente incomprensibile, motivazione apparente: il giudice ha omesso di indicare la situazione personale che non rimanderebbe ad una vulnerabilità necessaria per il beneficio richiesto” (11); “il giudice non ha sussunto correttamente i fatti alla fattispecie normativa” (12); “il ricorrente sarebbe vulnerabile in caso di rimpatrio per la sua integrazione nel nostro paese a causa della assoluta povertà del proprio ambiente personale e sociale” (13);

6.1. le censure sono inammissibili per difetto di autosufficienza, poichè introducono fatti nuovi apparentemente avulsi dai fatti allegati nel corso del giudizio di merito e perchè riguardano il merito, avendo la Corte territoriale affermato, tra l’altro, che il livello di integrazione nel tessuto sociale italiano è “rimasto assolutamente indimostrato”;

7. al rigetto del ricorso non segue alcuna statuizione sulle spese, in assenza di difese del Ministero intimato.

8. ricorrono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater (Cass. Sez. U, n. 4315/2020).

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2021

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