Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12172 del 06/06/2011

Cassazione civile sez. I, 06/06/2011, (ud. 06/04/2011, dep. 06/06/2011), n.12172

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – rel. Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 14110/2009 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

B.S.;

– intimato –

nonchè da:

B.S. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIALE PARIOLI 50, presso l’avvocato PICONE GIUSEPPE,

rappresentato e difeso dall’avvocato CANDIANO ORLANDO MARIO, giusta

procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di BARI, depositato il

12/03/2009; n. 830/08 R.G.A.C.C.;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

06/04/2011 dal Presidente Dott. DONATO PLENTEDA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale, rigetto del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto 12 marzo 2009 la Corte di appello di Bari ha accolto la domanda che B.S. aveva proposto il 2 novembre 2008 nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze per la equa riparazione del danno non patrimoniale da ritardo maturato nel giudizio promosso il 5 dicembre 2003, quale dipendente Inps, presso il Tar Puglia, in riferimento ad una graduatoria relativa al passaggio interno a 22 posti di categoria C3.

Aveva dedotto che il giudizio si era articolato in sede cautelare, con riguardo alla istanza di inibitoria, su due gradi , e che in data 11 settembre 2008 era stata proposta la domanda di prelievo.

La Corte territoriale, dopo avere escluso ratione temporis l’incidenza sulla fattispecie del D.L. n. 112 del 2008, convertito da legge 1331/2008, che ha previsto la istanza di prelievo come condizione di proponibilità dei ricorsi in materia di legge Pinto, ha quantificato l’indennizzo in Euro 2166,66 oltre interessi dalla domanda, stimando ragionevole la durata di tre anni e liquidando Euro 1000,00 ad anno, per il periodo eccedente, in ragione di anni 2 e mesi 2 ed ha compensato interamente le spese del processo.

Propone ricorso con tre motivi il Ministero; resiste B.S. con controricorso e propone ricorso incidentale con due motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Lamenta il Ministero con il primo mezzo violazione e falsa applicazione del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, e R.D. n. 642 del 1907, art. 51, comma 2, rilevando che erroneamente l’istanza di prelievo sia stata identificata con quella di fissazione di udienza L. n. 1034 del 1971, ex art. 23, intesa a far pervenire il giudizio ad una sollecita definizione, sicchè l’unica istanza a riguardo proposta era stata dell’11 settembre 2008; e aggiunge che il giudizio indennitario era stato introdotto dopo la entrata in vigore del decreto legge 112, e cioè dopo il 25 giugno 2008, per cui tale normativa deve ritenersi applicabile alla specie, tanto da rendere improponibile l’azione indennitaria, costituendo di essa non solo una condizione, appunto, di proponibilità, ma strumento giuridico idoneo a “sterilizzare” il tempo decorso anteriormente al deposito dell’istanza, con la conseguente irrilevanza dello stesso al fine del computo del termine di irragionevole durata, soggetto a riparazione monetaria.

Con il secondo mezzo si denunziano violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2, in ordine alla omessa valutazione da parte del giudice della natura collettiva del giudizio presupposto, sul rilievo che tali giudizi sono instaurati con uno spirito emulativo o in funzione di pressione e propongono costi monetari molto minori; della modestia della controversia e del comportamento processuale delle parti – elementi necessari in considerazione della nozione relativa di durata ragionevole, in forza dei quali si sarebbe dovuto tener conto del ritardo con cui il ricorrente aveva presentato la istanza di prelievo, tale da giustificare il discostamento dal parametro indennitario della Cedu di Euro 1000,00 per anno – circostanze tutte incidenti sul reale patimento sofferto dalle parti, avuto anche riguardo all’insuccesso della istanza di sospensione, sia dinanzi al Tar che dinanzi al Consiglio di Stato.

Con il terzo motivo il Ministero denunzia insufficiente o contraddittoria motivazione sul riconoscimento automatico dello stato di disagio della parte e sulla sproporzionata quantificazione del danno morale, al di là della valutazione del comportamento tenuto nel giudizio presupposto.

Posto che l’eventuale ritardo nella definizione del giudizio non costituisce danno ma fonte di danni risarcibili, solo se e nella misura in cui sono provati, deduce il ricorrente che nessuna prova era stata fornita del danno morale preteso, con l’effetto che la quantificazione dell’indennizzo avrebbe dovuto essere limitata, al punto da escludere che lo strumento risarcitorio della L. n. 89 del 2001, abbia un valore superiore a quello della controversia.

Con il primo mezzo di ricorso incidentale B.S. denunzia la erronea determinazione della durata ragionevole, che in luogo dei tre anni stimati avrebbe dovuto essere contenuta in due anni, trattandosi di causa di lavoro ed essendosi conclusa solo il 24 febbraio 2009, nel corso cioè del giudizio di equa riparazione; conclusione peraltro limitata alla questione della giurisdizione, al punto da far regredire ad un solo anno la durata ragionevole.

Con il secondo motivo viene denunziata violazione degli artt. 92 e 115 c.p.c. e art. 360 c.p.c., n. 5, in considerazione della illogicità della motivazione che aveva portato alla compensazione delle spese processuali.

Al ricorso incidentale ha resistito con controricorso la Avvocatura dello Stato.

Quanto alla impugnazione principale, giuridicamente infondato è il primo mezzo, posto che la normativa invocata, che contempla come condizione di proponibilità della domanda di equa riparazione la mancata presentazione dinanzi al giudice amministrativo, nel giudizio presupposto, della “istanza ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51, comma 2” (c.d. istanza di prelievo) è sopravvenuta nel corso di quel giudizio essendo entrata in vigore il 25 giugno 2008, alla quale ha subito corrisposto la istanza predetta, senza che la omissione precedente avesse potuto assumere per la natura processuale della nuova norma la valenza ostativa pretesa, anche con riguardo agli atti precedenti alla sua vigenza (per tutte Cass. 28 novembre 2008 n. 28.428).

Il secondo motivo è inammissibile, in quanto propone valutazioni di merito oppositive rispetto a ciò che ha considerato il giudice di merito che, pur prendendo atto che non possa configurarsi un danno non patrimoniale in re ipsa, ha concluso che nulla di specifico ed apprezzabile era stato dedotto dall’Amministrazione contro la denunziata condizione psicologica di disagio e di sofferenza patita dal ricorrente, quale conseguenza della tardiva definizione del giudizio, in considerazione della rilevanza dei diritti – connessi alla impugnazione di una graduatoria di selezione nell’ambito lavorativo interno – e della notevole aspettativa che aveva per una sollecita soluzione della causa.

La somma liquidata di Euro 1000,00 per ogni anno di ritardo si conforma ai criteri della giurisprudenza comunitaria ed interna.

Infondato è il terzo mezzo, in quanto la corte di appello ha congruamente motivato sull’oggetto del precedente motivo come prima osservato.

Neanche il ricorso incidentale può essere accolto.

Nessuna norma stabilisce in via generale ed astratta per i giudizi di lavoro misure indennitarie privilegiate, in relazione a durate inferiori a quelle degli altri giudizi.

Il secondo mezzo è inammissibile, avendo la corte territoriale con giudizio insindacabile in sede di legittimità rinvenuto nella natura della causa, il cui esito è stato inferiore alle aspettative del B., la ragione della compensazione delle spese processuali.

Il rigetto dei ricorsi giustifica la compensazione delle spese anche in questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2011

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