Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12171 del 07/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 07/05/2021, (ud. 02/02/2021, dep. 07/05/2021), n.12171

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10080-2020 proposto da:

I.J., domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA n. 91, presso

lo studio dell’avvocato ANNA PENSIERO, rappresentato e difeso

dall’avvocato EDOARDO CAVICCHI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende

ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3074/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 19/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA

VELLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. il cittadino nigeriano I.J., nato a (OMISSIS) (Sokoto State) il (OMISSIS), ricorre avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello di Firenze ha confermato il diniego, da parte del Tribunale di Firenze, della protezione internazionale o umanitaria che egli aveva invocato dichiarando: di essere di religione cristiana pentecostale e di aver frequentato la scuola primaria; di aver perso entrambi i genitori e di avere in Nigeria quattro sorelle; di essersi trasferito a 25 anni ad (OMISSIS) dove ha aperto un’officina meccanica e ha avuto una relazione sentimentale con una ragazza di religione musulmana, ostacolata dal padre (un militare in pensione), il quale lo ha denunciato alla Corte della Sharia, che prevede l’interruzione della relazione pena il taglio della mano o di una gamba; di essersi trasferito nel gennaio 2014 a (OMISSIS) (stato del Benin) ma, essendo la ragazza rimasta incinta, di aver deciso di tornare in famiglia per farsi aiutare; di essere stati però sequestrati durante il viaggio dai terroristi di Boko Haram, che li hanno tenuti per tre mesi tra Camerun e Nigeria al fine di venderli ai miliziani libici nel deserto sahariano, dove la coppia è stata separata; di essere infine giunto in Italia il 4 maggio 2015; di temere in caso di rimpatrio le pene della sharia o la vendetta della famiglia della ragazza;

1.1. il Ministero intimato ha depositato un “atto di costituzione” per l’eventuale partecipazione alla pubblica udienza;

1.2. a seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

2. con i due motivi – proposti congiuntamente per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 4, art. 14, lett. c); art. 3 Cedu; del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8; art. 111 Cost.; art. 132 c.p.c.; art. 118 disp. att. c.p.c., nonchè “omessa valutazione di fatti decisivi accertati nella istruttoria” – il ricorrente deduce che: nell’escludere la protezione sussidiaria, la Corte d’appello non avrebbe citato alcuna COI; che nel sito viaggiare sicuri del MAE aggiornato al 2019-2020 emergono attacchi terroristici ad (OMISSIS) e nei maggiori centri urbani, “nonostante la zona di provenienza del richiedente asilo – parte meridionale – non sia interessata direttamente dall’azione devastatrice del gruppo terroristico, operante invece nella zona nord-est”; che “l’emergenza della guerra contro il gruppo islamico ha accelerato un’altra grave crisi e la tensione tra contadini e pastori semi-nomadi nella parte centrale del paese – (OMISSIS) e, soprattutto, lo Stato di (OMISSIS) – ha provocato già migliaia di morti”; che “lo scontro religioso in Nigeria ha assunto già da anni dei toni drammatici proprio contro le comunità cristiane (…) l’instabilità domina un pò tutto il Paese (…) la povertà dilaga”;

3. le censure sono fondate, nei termini che si vanno ad illustrare;

3.1. in primo luogo la Corte territoriale non ha indicato le fonti consultate per escludere la protezione sussidiaria (Cass. n. 28349/2020) mentre il ricorrente ha allegato C.O.I. pertinenti e aggiornate da valutare ai fini della decisione (Cass. n. 22769/2020);

3.2. in secondo luogo il giudice a quo – senza mai dichiarare espressamente non credibile il dettagliato racconto del richiedente (di cui si limita a segnalare l’assenza di riscontri probatori) – afferma lapidariamente che questi non avrebbe “narrato di aver subito persecuzioni individuali per ragioni attinenti alla… religione” ed esclude sbrigativamente che vi possa essere un trattamento inumano nelle pene comminategli da un tribunale religioso (taglio di mani o gambe), in caso di disobbedienza alla legge della Sharia nelle proprie scelte matrimoniali;

3.3. una simile motivazione non raggiunge la soglia del “minimo costituzionale” sindacabile in sede di legittimità (Cass. Sez. U, n. 8053/2014; cfr. Cass. Sez. U, n. 22232/2016; Cass. n. 13977/2019), tanto più in difetto di un compiuto esercizio del potere-dovere di cooperazione istruttoria officiosa (Cass. n. 14674/2020, n. 19716/2018, n. 26921/2017), ai fini della protezione internazionale e con possibili riflessi anche sull’invocata protezione umanitaria;

4. la sentenza impugnata va quindi cassata con rinvio, per quanto di ragione, anche per la statuizione sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2021

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