Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12170 del 06/06/2011

Cassazione civile sez. I, 06/06/2011, (ud. 21/02/2011, dep. 06/06/2011), n.12170

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.L., rappresentato e difeso dall’avv. CUCINELLA Luigi

Aldo ed elett.te dom.to presso il suo studio in Napoli, Via G. Ribera

n. 1;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso il decreto n. 8031/07 cron. pronunciato della Corte d’appello

di Napoli nel proc. n. 656/07 R.G. e depositato il 26 novembre 2007;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 21

febbraio 2011 dal Consigliere Dott. Carlo DE CHIARA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Sig. A.L. ha proposto ricorso per Cassazione avverso il decreto depositato il 26 novembre 2007, con il quale la Corte di appello di Napoli ha rigettato il ricorso dal medesimo proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze per il pagamento di un indennizzo per il superamento del termine di ragionevole durata di un processo, instaurato davanti al T.A.R. Campania per chiedere il riconoscimento del diritto all’indennità di vigilanza, promosso con ricorso 24 gennaio 2000 e deciso con sentenza del 14 ottobre 2005.

Il Ministero intimato non ha svolto difese. Il ricorrente ha anche presentato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte d’appello di Napoli ha respinto la domanda ritenendo che nel caso concreto le risultanze acquisite consentissero di escludere che il ricorrente avesse subito un danno, in quanto egli non aveva enunciato alcuna particolare ragione a sostegno della domanda medesima, nè si era attivato per una più rapida definizione del procedimento in corso, attendendo inoltre oltre dieci anni prima di promuovere il giudizio, con un comportamento chiaramente sintomatico dell’originaria consapevolezza dell’insuccesso dell’iniziativa assunta, in effetti preclusa all’intervenuta estinzione del diritto per prescrizione, e della mancanza di plausibili attese circa la fondatezza della pretesa.

Il ricorrente censura il decreto impugnato proponendo nove motivi di ricorso, con i quali lamenta:

il mancato riconoscimento, con vizio di motivazione, del danno non patrimoniale, pur avendo la Corte di merito accertato il superamento del termine ragionevole di durata del processo (primo e secondo motivo);

la mancata considerazione, con vizio di motivazione, dell’avvenuta presentazione dell’istanza di prelievo (terzo e quarto motivo);

l’avere la Corte di merito, con vizio di motivazione, ritenuto il ricorrente consapevole dell’infondatezza della propria domanda (quinto e sesto motivo);

l’avere la Corte di merito, con vizio di motivazione, attribuito rilevanza al ritardo con il quale è stato promosso il giudizio davanti al T.A.R. Campania (settimo motivo);

la sua condanna alle spese in luogo della loro compensazione (ottavo e nono motivo).

Il primo e secondo motivo, esaminati congiuntamenente, sono manifestamente fondati. Infatti, in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, il danno non patrimoniale è conseguenza normale, ancorchè non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; sicchè, pur dovendo escludersi la configurabilità di un danno non patrimoniale in re ipsa – ossia di un danno automaticamente e necessariamente insito nell’accertamento della violazione – il giudice, una volta accertata e determinata l’entità della violazione relativa alla durata ragionevole del processo secondo le norme della citata L. n. 89 del 2001, deve ritenere sussistente il danno non patrimoniale ogniqualvolta l’altra parte non dimostri l’esistenza, nel caso concreto, di circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente (Cass. S. U. 2004/1338; Cass. 2005/3396; 2005/5992; 2005/7088; 2005/23271;

2006/1047; 2008/24269); inoltre non rileva l’asserita consapevolezza da parte dell’istante della scarsa probabilità di successo dell’iniziativa giudiziaria, che sia priva di specifici riferimenti di riscontro (Cass. 2008/24269), che devono comunque essere forniti (il che non risulta dal decreto impugnato) dalla parte che tale consapevolezza asserisce (Cass. 2003/13741), restando altresì irrilevante l’eventuale ritardo con cui sia stato promosso il giudizio della cui irragionevole durata il ricorrente si duole.

Restano assorbiti gli altri motivi di ricorso.

Il decreto impugnato deve quindi essere cassato. Non è tuttavia necessario far luogo al giudizio di rinvio, dato che la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, ult. parte, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.

In particolare, determinata dal giudice di merito la durata complessiva del processo presupposto in cinque anni e nove mesi, con accertamento di fatto non censurato dalle parti, e stimato in tre anni, secondo i parametri cronologici elaborati dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo (cfr. Cass. 2008/14), il periodo di ragionevole durata del processo di primo grado, va stabilito in due anni e nove mesi il periodo di durata non ragionevole.

Va inoltre considerato che il parametro per indennizzare la parte del danno non patrimoniale subito nel processo presupposto va individuato nell’importo non inferiore ad Euro 750,00 per anno di ritardo, alla stregua degli argomenti svolti nella sentenza di questa Corte n. 16086 del 2009; che, secondo tale pronuncia, in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo e in base alla giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo (sentenze 29 marzo 2006, sui ricorsi n. 63261 del 2000 e nn. 64890 e 64705 del 2001), gli importi concessi dal giudice nazionale a titolo di risarcimento danni possono essere anche inferiori a quelli da essa liquidati, “a condizione che le decisioni pertinenti” siano “coerenti con la tradizione giuridica e con il tenore di vita del paese interessato”, e purchè detti importi non risultino irragionevoli, reputandosi, peraltro, non irragionevole una soglia pari al 45 per cento del risarcimento che la Corte avrebbe attribuito, con la conseguenza che, stante l’esigenza di offrire un’interpretazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, idonea a garantire che la diversità di calcolo non incida negativamente sulla complessiva attitudine ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, evitando il possibile profilarsi di un contrasto della medesima con l’art. 6 della CEDU (come interpretata dalla Corte di Strasburgo), la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo eccedente il termine di ragionevole durata.

Tali principi vanno confermati in questa sede, con la precisazione che il suddetto parametro va osservato in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, dovendo invece aversi riguardo per quelli successivi, ad un parametro non inferiore ad Euro 1.000,00 per anno di ritardo, tenuto conto che l’irragionevole durata eccedente tale periodo comporta un evidente aggravamento del danno (Cass. 2009/21840).

Di conseguenza si deve riconoscere al ricorrente, in considerazione della accertata durata non ragionevole di due anni e nove mesi, l’indennizzo di Euro 2.100,00 oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo, al cui pagamento deve essere condannato il Ministero soccombente.

Le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di. cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo – compensate per la metà quelle del giudizio di cassazione tenuto conto dell’accoglimento soltanto di due dei nove motivi di ricorso proposti – in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397; 2008/25352), con distrazione delle spese relative a entrambi i giudizi in favore del difensore del ricorrente, dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi, assorbiti gli altri; cassa il decreto impugnato in ordine alla censura accolta e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 2.100,00, oltre agli interessi legali a decorrere dalla domanda; condanna il Ministero suddetto al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 806,00, di cui Euro 311,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, nonchè di quelle del giudizio di cassazione, compensate per la metà, che si liquidano per l’intero in Euro 595,00 di cui Euro 495,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione, per le spese di entrambi i giudizi, in favore del difensore del ricorrente, avv. Luigi Aldo Cucinella, dichiaratosi antistatario.

Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2011

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