Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1217 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 21/01/2021, (ud. 03/11/2020, dep. 21/01/2021), n.1217

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19794-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in. ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7882/2017 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 20/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/11/2020 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO.

 

Fatto

RITENUTO

che:

M.R., erede di M.A., deceduto in data (OMISSIS), impugnava l’avviso di liquidazione con cui l’Agenzia delle entrate liquidava le imposte (tra cui l’INVIM) dovute in via principale in relazione alla successione sulla base della relativa dichiarazione presentata, dagli eredi. Il contribuente lamentava che, a causa di intervenute modifiche nella normativa di riferimento (in particolare sostituzione dell’imposta INVIM con ICI) e per il fatto che la successione si era aperta in data (OMISSIS), non si era formato il presupposto legale per l’applicazione dell’imposta INVIM, che aveva solo per oggetto l’incremento maturato al 31.12.1992. Il ricorrente sosteneva che tale incremento doveva essere calcolato in base al valore dei beni caduti in successione, non già alla data della sua apertura ((OMISSIS)), bensì a quella diversa ed anteriore del 31.12.1992. Inoltre, ai sensi del D.P.R. n. 643 del 1972, art. 2 (nel testo in vigore dal 1.1.1974 al 28.12.1974), l’imposta di INVIM non si applicava all’incremento di valore degli immobili trasferiti a causa di morte nell’ambito di una famiglia diretto coltivatrice, quale era la famiglia del contribuente. La Commissione Tributaria Provinciale di Roma, con sentenza n. 14470/51/2016, accoglieva il ricorso ritenendo che il contribuente avesse dimostrato, trattandosi di una successione apertasi nel 1994, che non si fosse formato il presupposto legale per l’applicazione del tributo avente ad oggetto l’incremento di valore maturato al 31.12.1992, poichè trattavasi di trasferimento nell’ambito di famiglia diretto coltivatrice. L’Agenzia delle entrate proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio che, con sentenza n. 7882/14/2017, rigettava il gravame.

L’Agenzia delle entrate ricorre par la cassazione della sentenza, svolgendo due motivi. Il contribuente non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

l. Con il primo motivo si denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto i giudici di appello non avrebbero tenuto conto di due specifici motivi di gravame contenuti nell’impugnazione dell’Ufficio, il quale aveva rilevato che l’avviso di liquidazione recava anche l’indicazione di tributi dovuti per imposta di successione non fatti oggetto di doglianza da parte del contribuente, che si era lamentato solo delle modalità applicative detta normativa INVIM. L’Amministrazione finanziaria avrebbe evidenziato che la Commissione Tributaria Provinciale aveva errato nello stabilire l’annullamento integrale dell’avviso, ma su tale doglianza i giudici di appello non si sarebbero pronunciati. Inoltre, la sentenza impugnata avrebbe omesso di decidere anche con riferimento all’ agevolazione per famiglia diretto coltivatrice invocata dal contribuente, osservando che tale agevolazione era prevista dal D.P.R. n. 643 del 1972, art. 2, solo “nel testo in vigore dal 1.1.1974 al 28.12.1974, come peraltro riconosciuto dallo stesso ricorrente, mentre nel caso di specie il presupposto impositivo si origina in data (OMISSIS) ed è alla legislazione vigente ratione temporis che ne deve essere ricondotta la regolamentazione”.

1.1. Le censure proposte con la prima parte del motivo sono fondate.

Si legge nella parte in fatto della motivazione della sentenza impugnata che l’Agenzia delle entrate aveva censurato la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale facendo rilevare che l’avviso di liquidazione recava anche l’indicazione dei tributi dovuti per l’imposta di successione non fatto oggetto di specifiche eccezioni da parte del contribuente ed, in conseguenza di ciò, l’avviso non andava annullato integralmente. Si legge ancora che il ricorrente aveva impugnato l’avviso di liquidazione facendo riferimento all’imposta INVIM liquidata a seguito di dichiarazione di successione di M.A..

Su tale specifica doglianza proposta dall’Agenzia delle entrate con l’atto di appello, la Commissione Tributaria Regionale ha omesso di pronunciare, argomentando il percorso motivazionale esclusivamente con riferimento alla liquidazione in tema INVIM, e quindi incorrendo nel predicato vizio motivazionale.

Ne consegue che la sentenza impugnata, in parte qua, va cassata.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 643 del 1972, art. 2, del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 17, comma 7, dell’art. 14 preleggi, del D.L. n. 79 del 1997, art. 11, comma 3, convertito in L. n. 140 del 1997 e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, non avendo la Commissione Tributaria Regionale fatto buon governo delle norme richiamate, in quanto sarebbe erronea la motivazione della sentenza sia con riferimento alla spettanza della agevolazione stabilita dal D.P.R. n. 643 del 1972, art. 2, limitatamente alla versione in vigore dal 1.1.1974 al 28.12.1974, sia in ordine all’assenza del presupposto impositivo. Lo stesso contribuente avrebbe evidenziato che, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 17, comma 7, l’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili continuava ad essere dovuta, con le aliquote massime e l’integrale acquisizione del relativo gettito al bilancio dello Stato, anche nel caso in cui il presupposto di applicazione di essa si verificava dal 1 gennaio 1993 al 1 gennaio 2003 limitatamente all’incremento di valore maturato fino al 31 dicembre 1992. Nel caso di specie, il presupposto era la successione di M.A., apertasi in data (OMISSIS), e quindi la fattispecie in esame era pacificamente assoggettatale al tributo INVIM.

L’Ufficio ricorrente lamenta, inoltre, che sarebbero erroneamente assorbite anche le ulteriori deduzioni dallo stesso proposte, riferite alle modalità concrete di liquidazione del tributo ed alla inapplicabilità ratione temporis dei regime stabilito dal D.L. n. 79 del 1997, art. 11, comma 3, convertito in L. n. 140 del 1997, tese ad evidenziare ulteriori presupposti di illegittimità della decisione di integrale annullamento dell’avviso.

2.1. Il secondo motivò è fondato e va esaminato con la seconda parte del primo mezzo, laddove l’Ufficio ricorrente lamenta che la sentenza impugnata avrebbe omesso di pronunciarsi anche con riferimento alla agevolazione per famiglia diretto coltivatrice invocata dal contribuente, osservando che tale agevolazione era prevista dal D.P.R. n. 643 del 1972, art. 2, solo “nel testo in vigore dal 1.1.1974 al 28.12.1974, come peraltro riconosciuto dallo stesso ricorrente, mentre nel caso di specie il presupposto impositivo si origina in data (OMISSIS) ed è alla legislazione vigente ratione temporis che ne deve essere ricondotta la regolamentazione”.

Questa Corte, con sentenza n. 27049 del 2016, ha affermato il principio (condiviso anche da Cass. n. 11707 del 2011), a cui si intende dare continuità, secondo cui: “In tema di INVIM, il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 17, con i quale è stata abrogata INVIM, disponendosene allo stesso tempo “la sopravvivenza” per un periodo transitorio, non ha alterato il meccanismo, stabilito dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6, istitutivo dell’imposta secondo il quale, quando l’imposizione relativa all’incremento di valore sugli immobili è collegata – identico essendo il presupposto di fatto – all’imposta di registro, il potere di accertamento ai fini INVIM è privo di autonomia ed è strettamente ancorato al potere di accertamento ai fini dell’altra imposta, sì che l’imponibile definitivamente accertato (qualunque sia il modo di accertamento, e quindi anche, come nella specie, per concordato) ai fini dell’imposta di registro costituisce il valore di riferimento ai fini dell’INVIM. Pertanto, la deroga introdotta, per il periodo transitorio, dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 17, comma 7, lett. a), al criterio di determinazione del valore finale dell’immobile, stabilito dal D.P.R. n. 643 del 1973, art. 6, comma 2, è nel senso che, ove il presupposto della sua applicazione si verifichi nel “decennio transitorio” (come nella specie, essendo stata registrata la compravendita dell’immobile nel 1993), tale valore, anzichè essere riferito al momento di verificazione del presupposto stesso (D.P.R. n. 643 del 1972, art. 2, comma 1), deve esserlo, coerentemente con detta soppressione alla data del 1 gennaio 1993, alla data del 31 dicembre 1992 (oltre la quale non rileva più l’incremento di valore imponibile), ma senza incidere sul principio generale secondo cui, ai fini dell’INVIM, il valore del bene immobile trasferito è lo stesso di quello definito ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro”.

Pertanto nell’ipotesi in cui il presupposto della applicazione dell’INVIM si verifichi nel “decennio transitorio” (come nella fattispecie, essendosi aperta la successione il (OMISSIS)), il valore, anzichè essere riferito al momento di verificazione del presupposto stesso (D.P.R. n. 643 del 1972, art. 2, comma 1), deve esserlo, coerentemente con la soppressione dell’imposta, dalla data del 1 gennaio 1993 alla data del 31 dicembre 1992 (oltre la quale non rileva più l’incremento di valore imponibile), pertanto la sentenza va in parte qua cassata. Da siffatti rilievi consegue che, con riferimento al trattamento agevolativo, l’esenzione di cui potevano giovarsi i coltivatori diretti poteva valere solo per due anni. Quanto alle doglianze relative all’errato assorbimento delle ulteriori deduzioni proposte, riferite alle modalità concrete di liquidazione del tributo ed alla inapplicabilità ratione temporis del regime stabilito dal D.L. n. 79 del 1997, art. 11, comma 3, convertito in L. n. 140 del 1997, si intendono assorbite e potranno essere riproposte al giudice del merito in sede di rinvio.

3. Da siffatti rilievi consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, per il riesame sulla base degli enunciati, la quale provvederà anche alla liquidazione delle spese di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, per il riesame, alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, la quale provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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