Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12168 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. I, 22/06/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 22/06/2020), n.12168

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. MACRI’ Ubalda – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 36172/2018 proposto da:

B.S., elettivamente domiciliato in Messina, alla via Cesare

Battisti, n. 191, presso lo studio dell’avv. Giuseppe Romeo che lo

rappresenta e difende come da nomina e procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto in data 9 ottobre 2018 del Tribunale di Messina

nell’ambito del procedimento RGN 2316/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/11/2019 dal Consigliere relatore Macrì Ubalda.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Messina ha rigettato la domanda del ricorrente di riconoscimento della protezione internazionale, confermando le conclusioni della Commissione territoriale di Palermo in data 16 gennaio 2018, che aveva escluso nella storia narrata dal B. la ricorrenza dei presupposti di legge per le tutele invocate.

Ed invero, il ricorrente aveva narrato che nel marzo 2016 era stato minacciato di sequestro di persona da parte dei ribelli del movimento MFDC, ma, al suo rifiuto, avevano risposto che, se fossero tornati, lo avrebbero sequestrato con la forza o l’avrebbero ucciso. Perciò, su suggerimento della madre, era fuggito ed era arrivato in Italia, passando per la Libia.

Il Tribunale ha accertato all’attualità che la situazione in Senegal era stabile, ciò che escludeva sia lo status di rifugiato sia la protezione sussidiaria ed ha osservato, ai fini della protezione umanitaria, che l’inserimento in Italia non costituiva di per sè una condizione apprezzabile e comunque che non poteva ritenersi che, in caso di rimpatrio, avrebbe vissuto al di sotto delle condizioni minime di dignità umana.

Il ricorrente chiede la cassazione del decreto del Tribunale di Messina sulla base di due motivi.

Il Ministero dell’Interno non si è costituito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 2 e art. 14, perchè il Tribunale aveva ammesso che nella zona della Casamance vi era un conflitto a bassa intensità, ma poi aveva escluso le tutele richieste.

Con il secondo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in merito al giudizio di comparazione ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria.

Il ricorso è manifestamente infondato, perchè la motivazione del decreto impugnato ha preso in considerazione tutti i punti devoluti, rispondendo con argomenti solidi e razionali alle doglianze.

Innanzi tutto, correttamente il Tribunale ha valutato la situazione del Senegal all’attualità (Cass., Sez. 1, n. 28990 del 12/11/2018, Rv. 651579), osservando che il conflitto nella zona della Casamance era in regressione, perchè vi era stato un formale “cessate il fuoco” nel 2014 e permanevano solo sporadici attacchi di ribelli irregolari nel 2016, non tali da integrare la violenza indiscriminata che avrebbe giustificato il riconoscimento dello status di rifugiato o la protezione sussidiaria.

Tale accertamento, non specificamente contestato dal ricorrente, ha assunto un peso decisivo anche rispetto alla negazione della protezione umanitaria, dal momento che nel giudizio di comparazione è risultata inconsistente la condizione di vulnerabilità del ricorrente. Il mutamento del quadro politico in Senegal, infatti, è tale da garantire condizioni di vita rispettose della dignità umana in caso di rimpatrio. D’altra parte il ricorrente non ha neanche dedotto gli elementi fondanti il suo radicamento sul territorio italiano.

Il ricorso è pertanto inammissibile. Nulla per le spese, stante la contumacia del Ministero dell’Interno. Sussistono i presupposti di legge perchè la parte versi, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto. Ciò si deve fare a prescindere dal riscontro dell’eventuale provvedimento di ammissione provvisoria del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato, poichè la norma esige dal giudice unicamente l’attestazione dell’avere adottato una decisione di inammissibilità o improcedibilità o di reiezione integrale dell’impugnazione, anche incidentale, competendo poi in via esclusiva all’Amministrazione di valutare se, nonostante l’attestato tenore della pronuncia, vi sia in concreto, per la presenza di fattori soggettivi, la possibilità di esigere la doppia contribuzione (Cass. n. 9661/2019, la cui articolata motivazione si richiama).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

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