Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12167 del 18/05/2010

Cassazione civile sez. I, 18/05/2010, (ud. 04/03/2010, dep. 18/05/2010), n.12167

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

A.I., elettivamente domiciliata in Roma, via Cristoforo

Colombo 436, presso l’avv. Caruso Renato, che la rappresenta e

difende, insieme con l’avv. Ernesto Refolo giusta procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Potenza in data 19

novembre 2008, nella causa iscritta al n. 211/08 R.G.;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4

marzo 2010 dal relatore, cons. Dr. Stefano Schirò;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, dott.ssa CARESTIA Antonietta che nulla ha

osservato.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti:

“IL CONSIGLIERE RELATORE, letti gli atti depositati;

Ritenuto Che:

1. A.I. ha proposto ricorso per cassazione nei confronti del Ministero della giustizia avverso il decreto della Corte di appello di Potenza in data 19 novembre 2008 in materia di equa riparazione della L. n. 89 del 2001;

1.1. il Ministero intimato ha resistito con controricorso;

Osserva:

2. il primo motivo appare manifestamente infondato, in quanto è vincolante per il giudice nazionale, il disposto della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a) ai sensi del quale è influente solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole di durata del processo (Cass. 2005/21597; 2008/14) e considerato altresì che la durata complessiva del processo, protrattosi per cinque anni e sette mesi attraverso i due gradi di merito e la fase di legittimità, appare ragionevole alla stregua dei parametri fissati dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo alla stregua della valutazione sintetica e unitaria dell’unico processo nella sua complessiva articolazione (Cass. 2008/23506); a non diverse conclusioni si perviene anche conteggiando nel periodo di durata complessiva del processo, come richiesto dalla ricorrente, il tempo occorso per il tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione, protrattosi dal marzo al luglio 2002, in quanto la durata complessiva del processo, nei due gradi di merito e nella fase di legittimità, non supera il termine di sei anni, da ritenersi come termine ragionevole secondo la giurisprudenza della Corte europea;

3. anche il secondo motivo appare manifestamente infondato, in quanto, attesa la natura ordinatoria dei termini previsti dal codice di rito per la trattazione delle controversie di lavoro e di previdenza e assistenza, la violazione del principio della ragionevole durata del processo non può discendere in modo automatico dall’accertata inosservanza dei termini medesimi, dovendo in ogni caso il giudice della riparazione procedere a tale valutazione alla luce degli elementi previsti dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 (Cass. 2004/6856; 2005/19204; 2005/19352); nella specie, con apprezzamento di fatto congruamente motivato, il giudice di merito ha tenuto conto della complessità della vicenda a seguito della introduzione della norma di interpretazione autentica e della sua impugnativa dinanzi al Giudice della legge;

4. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilievi formulati, si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;

B) osservato che la ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione, non inficiate dalle argomentazioni difensive svolte dalla ricorrente in detta memoria, che reiterano sostanzialmente quelle già prospettate nel ricorso e confutate nella relazione in atti;

ritenuto pertanto che, in base alle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato e che le spese del giudizio di cassazione, da liquidarsi come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 1.000,00 (mille/00), oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 4 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2010

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