Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12165 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. I, 22/06/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 22/06/2020), n.12165

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. MACRI’ Ubalda – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 34563/2018 proposto da:

T.S., elettivamente domiciliato in Roma, alla piazza

Mazzini, n. 8, presso lo studio dell’avv. Francesco Verrastro, e

rappresentato e difeso dall’avv. Gennaro Romano in virtù di nomina

e procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto n. 958/2018 del Tribunale di Trento depositato il

18/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/11/2019 dal Consigliere relatore Macrì Ubalda.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Trento ha rigettato la domanda del ricorrente di riconoscimento dello status di rifugiato, di protezione sussidiaria e di protezione umanitaria, confermando le conclusioni della Commissione territoriale di Verona in data 28 agosto 2018, che aveva ritenuto la storia narrata dal T. generica.

Il ricorrente aveva dichiarato di essere originario del Burkina Faso, di aver lavorato prima come contadino e poi come autista di pullman, che il padre era stato ucciso quando aveva quindici anni, perchè era un coltivatore di cotone ed aveva resistito alla decisione dell’etnia bobo di non praticare la suddetta coltura. Come autista aveva ucciso in un incidente due motociclisti, la gente del villaggio aveva interpretato tale condotta come una vendetta per l’uccisione del padre nel 2004. Era stato avvertito da un collega di fuggire perchè avrebbe avuto problemi con la polizia.

Il Tribunale ha rigettato la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato perchè la vicenda dell’incidente stradale non rilevava in termini di persecuzione dello Stato per motivi razziali o politici, risultando peraltro inverosimile che gli abitanti del villaggio lo avessero riconosciuto ed avessero inteso che era tornato per vendicarsi.

Ha escluso la protezione sussidiaria, poichè, nonostante il quadro di instabilità politica con attentati di matrice terroristica e le criticità delle carceri, non era emerso uno stato di guerriglia continua da costituire una minaccia grave ed attuale nei suoi confronti.

Ha infine escluso il riconoscimento del permesso per motivi umanitari poichè non era emersa una situazione di vulnerabilità e, d’altra parte, era integrato nel territorio italiano. Ha aggiunto che comunque lo Stato italiano non poteva concedere protezione ad un latitante.

Il ricorrente chiede la cassazione del decreto del Tribunale di Trento sulla base di tre motivi.

Il Ministero dell’Interno non si è costituito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, per omessa valutazione di un elemento decisivo quale la persecuzione da parte del gruppo etnico Bobo, che aveva prima ucciso il padre per motivi economici connessi alla coltivazione del cotone e poi l’aveva perseguitato con riferimento all’incidente.

Con il secondo lamenta la contraddittorietà della motivazione circa la rilevanza della situazione politica del Burkina Faso.

Con il terzo eccepisce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32,D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 10, comma 2, lett. b), in relazione al diniego del permesso per motivi umanitari, dal momento che lo stesso Tribunale aveva accertato lo stabile inserimento sociale.

Sono fondate tutte e tre le doglianze.

Ed invero, il Tribunale ha ritenuto contraddittoriamente il racconto non credibile con riferimento all’incidente stradale ed ha al contempo qualificato la vicenda come privata.

Non solo non ha evidenziato gli elementi da cui desumere l’inattendibilità del ricorrente, ma non ha neanche considerato la vicenda nel suo complesso con riferimento all’uccisione del padre. Ha del tutto pretermesso l’esame di tale ultimo evento e della rilevanza del collegamento all’incidente, nonchè l’analisi dell’aggressività del gruppo terroristico Bobo.

Inoltre, nel decreto si dà diffusamente conto della situazione critica del Burkina Faso, anche con riferimento alle condizioni carcerarie, per poi concludere in modo apodittico che non sussisteva alcun pericolo grave o attuale per lui.

Del pari apodittica è stata la valutazione comparativa tra la condizione di vulnerabilità che emerge sia dal racconto personale sia dalle condizioni politiche generali e l’accertato radicamento sul territorio (Cass., Sez. U, n. 29459 del 13/11/2019).

Il provvedimento impugnato merita pertanto di essere cassato perchè il Tribunale non ha fatto buon governo dei principi di diritto, che pure ha richiamato diffusamente, nel decidere il caso di specie.

P.Q.M.

La Corte cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Trento in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

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