Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12164 del 18/05/2010

Cassazione civile sez. I, 18/05/2010, (ud. 04/02/2010, dep. 18/05/2010), n.12164

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 1667/2009 proposto da:

Z.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIULIA DI

COLLOREDO 46/48, presso lo studio dell’avvocato DE PAOLA Gabriele,

che lo rappresenta e difende, giusta procura alle liti in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI

MINISTRI;

– intimati –

avverso il decreto n. R.R. 948/06 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA

dell’8.11.07, depositato il 26/11/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

p.1.” La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è del seguente tenore: ” Z.F. adiva la Corte d’appello di Venezia, allo scopo di ottenere l’equa riparazione ex lege n. 89 del 2001 in riferimento al giudizio promosso innanzi alla Corte dei conti, con ricorso del 18.6.1998, avente ad oggetto la riliquidazione della pensione, non definito alla data della domanda (poi deciso con sentenza del 23.8.2006).

La Corte d’appello, con decreto del 26.11.2007, fissato, implicitamente, il termine di ragionevole durata del giudizio in anni tre, liquidava, a titolo di equa riparazione per il danno non patrimoniale, per il periodo eccedente detto termine (anni 5, mesi 2), Euro 2.600,00 per anno di ritardo, tenuto conto della posta in gioco e del carattere collettivo del ricorso, con il favore delle spese del giudizio.

Per la cassazione di questo decreto ha proposto ricorso Z. F.; non hanno svolto attività difensiva gli intimati.

Osserva:

1.- In linea preliminare, va osservato che la L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 3, disponeva che il ricorso diretto ad ottenere l’equa riparazione deve essere proposto nei confronti del Ministro della giustizia quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario, al Ministro della difesa quando si tratta di procedimenti del giudice militare, del Ministro delle finanze quando si tratta di procedimenti del giudice tributario. Negli altri casi è proposto nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Il citato art. 3, comma 3, è stato modificato dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 1224, che ora stabilisce: il ricorso è proposto nei confronti del Ministro della giustizia quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario, al Ministro della difesa quando si tratta di procedimenti del giudice militare. Negli altri casi è proposto nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze.

Il comma 1225 di quest’ultima legge reca tuttavia una norma transitoria che così prevede: Le disposizioni di cui al comma 1224 si applicano ai procedimenti iniziati dopo la data di entrata in vigore della presente legge (i successivi periodi riguardano la modalità dei pagamenti e non rilevano in questa sede).

La modifica della legittimazione introdotta alla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, riguarda esclusivamente i giudizi iniziati nella fase di merito successivamente all’entrata in vigore della modifica introdotta dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, non quelli iniziati prima e ritualmente svoltosi e definiti nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Ne consegue che è inammissibile il ricorso proposto contro il Ministero dell’economia e delle finanze, che non è stato parte nella fase di merito, tenuto conto dell’inapplicabilità, ratione temporis, della nuova regola di legittimazione.

2. – Il primo motivo denuncia violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2; artt. 6 e 41 CEDU (art. 360 c.p.c., n. 3), nella parte in cui il decreto ha stabilito il risarcimento per il danno non patrimoniale discostandosi dal parametro della Corte EDU (Euro 1.000,00/1.500,00 ad anno), facendo o riferimento alla posta in gioco ed al carattere collettivo del ricorso, che sarebbe circostanza inidonea a giustificare detto discostamento.

Il mezzo si chiude con quesito di diritto concernente i presupposti del discostamento dal parametro della Corte EDU e la rilevanza a questo fine del carattere collettivo del ricorso.

Il secondo motivo denuncia difetto di motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5), nella parte in cui il decreto ha motivato la quantificazione del risarcimento facendo riferimento alla posta in gioco, senza prendere in esame la natura della controversia ed al carattere collettivo del ricorso.

3.- I motivi, da esaminare congiuntamente, in quanto giuridicamente e logicamente connessi, sembrano manifestamente fondati, entro i limiti e nei termini di seguito precisati.

Alle questioni poste con i motivi va data soluzione ribadendo i seguenti principi, consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, in virtù dei quali:

i criteri di determinazione del quantum della riparazione applicati dalla Corte europea non possono essere ignorati dal giudice nazionale, che deve riferirsi alle liquidazioni effettuate in casi simili dalla Corte di Strasburgo che, con decisioni adottate a carico dell’Italia il 10 novembre 2004 (v. , in particolare, le pronunce sul ricorso n. 62361/01 proposto da Riccardi Fizzati e sul ricorso n. 64897/01 Zullo), ha individuato nell’importo compreso fra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 per anno il parametro per la quantificazione dell’indennizzo, che deve essere osservato dal giudice nazionale, con la facoltà di apportare le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda (quali:

l’entità della posta in gioco, il numero dei tribunali che hanno esaminato il caso in tutta la durata del procedimento ed il comportamento della parte istante; per tutte, Cass. n. 4572 e n. 3515 del 2009; n. 1630 del 2006), purchè motivate e non irragionevoli (tra le molte, a quelle da ultimo richiamate, aggiungi Cass. n. 6039 del 2009; n. 6898 del 2008);

la proposizione di un ricorso in forma collettiva e indifferenziata non equivale certamente a trasferire sul gruppo, come entità amorfa, e quindi a neutralizzare situazioni di angoscia o patema d’animo riferibili specificamente a ciascun singolo consorte in lite (Cass. n. 27610 del 2008) e non consente, in carenza di ulteriori argomenti, un irragionevole discostamento dal parametro della Corte EDU. la precettività, per il giudice nazionale, della giurisprudenza del giudice europeo non concerne anche il profilo relativo al moltiplicatore della base di calcolo per l’equa riparazione: mentre, infatti, per la CEDU l’importo assunto a base del computo in riferimento ad un anno va moltiplicato per ogni anno di durata del procedimento (e non per ogni anno di ritardo), per il giudice nazionale è, sul punto, vincolante della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a), ai sensi del quale è influente solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole, non incidendo questa diversità di calcolo sulla complessiva attitudine della citata L. n. 89 del 2001 ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo (per tutte, Cass. n. 4572 del 2009; n. 11566 e n. 1354 del 2008; n. 23844 del 2007). Dando continuità all’orientamento di questa Corte, in relazione al quesito posto con il primo mezzo va data soluzione nel senso che il carattere collettivo del ricorso, di per sè, in difetto di ulteriori esplicitazioni non può giustificare un irragionevole discostamento dal parametro del giudice europeo.

Siffatti principi non sono stati correttamente applicati dal giudice del merito, il quale ha liquidato per il danno non patrimoniale Euro 2.600,00 per una violazione di anni 5 e mesi due, discostandosi in modo irragionevole dal parametro del giudice europeo, facendo generico riferimento al carattere collettivo del ricorso, quindi con motivazione insufficiente ed incongrua.

In relazione alle censure accolte, il decreto deve essere cassato e la causa potrà essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto Pertanto, in applicazione dello standard minimo CEDU – che nessun argomento del ricorso impone e consente di derogare in melius – individuato nella somma di Euro 750,00 per ciascun anno di ritardo il parametro di indennizzo del danno non patrimoniale (tenuto conto della durata del giudizio e della mancanza di ogni deduzione in ordine all’entità della controversia ed alla situazione economico-patrimoniale del ricorrente, in grado di far apprezzare la peculiarità del danno), potrebbe essere riconosciuta all’istante la somma di Euro 3.875,00, in relazione agli anni eccedenti il triennio, come incensurabilmente accertato dal giudice del merito (anni 5 e mesi 2), oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

Le spese, liquidate come in dispositivo, potrebbero essere poste a carico della soccombente quanto al giudizio di merito e per la metà quanto alla presente fase, dichiarando compensata la residua parte, sussistendo giusti motivi, in considerazione della natura della questione controversa. Pertanto, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, ricorrendone i presupposti di legge”.

p.2.- Il Collegio reputa di dovere fare proprie le conclusioni contenute nella relazione, condividendo le argomentazioni che le fondano e che conducono all’accoglimento del ricorso.

Peraltro, secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte e alla luce di quella della Corte di Strasburgo, l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa, alla luce delle quantificazioni operate dal giudice nazionale nel caso di lesione di diritti diversi da quello in esame, impone una quantificazione che, nell’osservanza della giurisprudenza della Corte EDU, deve essere, di regola, non inferiore ad Euro 750,00, per anno di ritardo, per i primi tre anni e non inferiore ad Euro 1.000,00 per gli anni successivi al triennio.

Ravvisandosi le condizioni per la decisione della causa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c, dovendosi quantificare il periodo di eccessiva durata del processo in 5 anni e 2 mesi, tenuto conto dei criteri per la liquidazione del danno non patrimoniale stabiliti dalla CEDU, l’indennizzo va liquidato nella misura di Euro 4.416,00, con gli interessi dalla domanda.

Le spese del giudizio vanno poste a carico della parte soccombente e vanno liquidate come in dispositivo, secondo le tariffe vigenti ed i conseguenti criteri di computo costantemente adottati da questa Corte per cause similari, quanto al giudizio di merito, e, quanto al giudizio di legittimità, vanno compensate nella misura di 1/2 in considerazione del limitato accoglimento del ricorso. Spese distratte.

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso proposto contro il Ministero dell’Economia e delle Finanze; accoglie il ricorso nei confronti della P.D.C.M. nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere alla parte ricorrente la somma di Euro 4.416,00 per indennizzo, gli interessi legali su detta somma dalla domanda e le spese del giudizio:

che determina per il giudizio di merito nella somma di Euro 50,00 per esborsi, Euro 378,00 per diritti e Euro 445,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario; che compensa in misura di 1/2 per il giudizio di legittimità, gravando l’Amministrazione del residuo 1/2 e che determina per l’intero in Euro 595,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2010

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