Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12162 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. I, 22/06/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 22/06/2020), n.12162

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. MACRI’ Ubalda – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 34045/2018 proposto da:

I.P., rappresentato e difeso, in virtù di nomina e

procura speciale in atti, dall’avv. Antonino Novello presso il cui

indirizzo pec è elettivamente domiciliato;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto n. 2883/2018 del Tribunale di Palermo depositato

il 4/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/11/2019 dal Consigliere relatore Macrì Ubalda.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Palermo ha rigettato la domanda del ricorrente di riconoscimento delle varie forme di protezione internazionale, confermando le conclusioni della Commissione territoriale di Trapani in data 19 luglio 2017, che aveva ritenuto l’ I. non credibile.

Il Tribunale ha riportato che l’uomo, nelle due audizioni davanti alla Commissione territoriale, aveva riferito di essere andato via dal suo Paese di origine per il timore di essere ucciso da persone non identificate che minacciavano la sua famiglia, dal momento che dalla religione mussulmana si era convertito a quella cristiana pentecostale. La madre, di religione cristiana, lo aveva educato sin da piccolo a tale confessione, senza trovare ostacoli nel marito, mussulmano, ucciso cinque anni prima da sconosciuti.

Ha ritenuto non credibile il racconto poichè in Nigeria ed in particolare a Benin City, luogo di origine del ricorrente, i matrimoni misti erano pacificamente accettati come dallo stesso riconosciuto. Ha quindi escluso che la Nigeria fosse un luogo pericoloso, perchè non vi era una violenza indiscriminata da conflitto armato ed ha escluso altresì la sussistenza dei presupposti del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Il ricorrente chiede la cassazione del decreto del Tribunale di Palermo sulla base di tre motivi.

Il Ministero dell’Interno non si è costituito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5. Contesta il giudizio di inattendibilità delle sue dichiarazioni, perchè in Niger i mussulmani che si convertivano al cristianesimo erano oggetto di persecuzioni, minacce e vendette. Aggiunge che non erano previste adeguate misure di protezione dei cittadini che erano in balia dei terroristi.

Con il secondo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), perchè il Tribunale non aveva approfondito le condizioni di insicurezza del Paese.

Con il terzo motivo eccepisce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19,D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 32, e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, perchè il Tribunale non aveva considerato che era stato traumatizzato dal transito in Libia e che era entrato in Italia a 16 anni, dopo aver perso a 12 anni il padre che era stato brutalmente ucciso.

Il ricorso è inammissibile perchè con motivazione logica e razionale, immune da censure, il Tribunale ha ritenuto non credibile il racconto del richiedente.

Ed invero, questi ha affermato che non v’era stato alcun problema nel matrimonio misto dei suoi genitori e che non aveva avuto problemi in Nigeria.

Pertanto, correttamente i Giudici non hanno considerato valido il motivo della persecuzione religiosa, sulla base delle informazioni a disposizione. Nè il ricorrente ha offerto argomenti volti a scardinare tale conclusione, limitandosi ad una generica doglianza di reazioni scomposte dei mussulmani verso chi cambiava religione, circostanza questa non compatibile con le dichiarazioni rese, secondo cui la madre lo aveva allevato al cristianesimo non opponendovisi il padre.

Il Tribunale ha poi compiutamente analizzato la situazione della Nigeria con riguardo all’area di provenienza del richiedente, giungendo a formulare un giudizio positivo in termini di stabilità economica e politica, non contraddetta dalle generiche considerazioni su altre aree del Paese o sugli attacchi terroristici ai danni degli stranieri.

Quanto infine ai presupposti per il riconoscimento del permesso a fini umanitari, va osservato che la motivazione si appalesa del pari solida, con riferimento al giudizio di comparazione tra le condizioni del Paese di origine rispetto a quello di arrivo.

Il ricorrente ha dichiarato di aver lavorato in Libia, paese di transito, e non ha indicato di aver subito maltrattamenti, limitandosi a generiche considerazioni sulle condizioni della Libia.

La circostanza della giovane età e della perdita del padre per presunti motivi religiosi correttamente non sono stati ritenuti elementi idonei di per sè a giustificare l’accoglimento della domanda.

Il ricorso è inammissibile. Nulla per le spese a favore del Ministero dell’Interno che non si è costituito.

Sussistono i presupposti di legge perchè la parte versi, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto. Ciò si deve fare a prescindere dal riscontro dell’eventuale provvedimento di ammissione provvisoria del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato, poichè la norma esige dal giudice unicamente l’attestazione dell’avere adottato una decisione di inammissibilità o improcedibilità o di reiezione integrale dell’impugnazione, anche incidentale, competendo poi in via esclusiva all’Amministrazione di valutare se, nonostante l’attestato tenore della pronuncia, vi sia in concreto, per la presenza di fattori soggettivi, la possibilità di esigere la doppia contribuzione (Cass. n. 9661/2019, la cui articolata motivazione si richiama).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA