Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12159 del 06/06/2011

Cassazione civile sez. VI, 06/06/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 06/06/2011), n.12159

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 3594-2010 proposto da:

M.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato CANGEMI LUIGI, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PROVINCIA REGIONALE di MESSINA (OMISSIS), in persona Presidente,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI BETTOLO 17, presso lo

studio dell’avvocato QUINTARELLI ALFONSO, rappresentata e difesa

dall’avvocato MILORO VINCENZO, giusta procura a margine del ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 668/2009 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del

2/11/09, depositata il 24/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO CECCHERINI;

udito l’avvocato Quintarelli Alfonso, delega avv. Miloro, difensore

della controricorrente che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. IMMACOLATA ZENO che nulla

osserva.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. – E’ stata depositata la seguente relazione, in applicazione dell’art. 380 bis c.p.c.:

“La Corte d’appello di Messina, con sentenza in data 24 novembre 2009, in riforma della sentenza pronunciata in primo grado dal Tribunale di Messina, ha rigettato le domande di restituzione e di risarcimento danni per illegittima occupazione di immobili, proposta dal signor M.L. nei confronti della Provincia regionale di Messina.

“La corte di merito ha deciso sulla base del giudicato esterno formatosi tra le medesime parti per effetto di una sua precedente sentenza in data 17 settembre 2007, n. 419, la quale aveva espressamente riconosciuto che gli immobili del M., oggetto del procedimento, non erano stati inseriti nella procedura espropriativa, e che i beni medesimi, dei quali era stata richiesta la restituzione, non erano mai stati occupati dalla pubblica amministrazione. “Per la cassazione della sentenza, notificata il 14 dicembre 2009, ricorre il M. con atto notificato il 28 gennaio 2010, per tre motivi.

Resiste la Provincia regionale di Messina con controricorso notificato il 27 febbraio.

“Con il primo motivo il ricorrente denuncia la falsa applicazione dell’art. 2909 c.c.. La domanda da lui proposta al Tribunale verteva sia sulla condanna dell’ente al risarcimento del danno cagionato con l’occupazione illegittima del suo immobile, e sia sulla determinazione dell’indennità per il periodo di occupazione legittima dello stesso immobile, e su questa seconda domanda il tribunale si era dichiarato incompetente. La corte d’appello, con la sentenza contenente la statuizione ritenuta cosa giudicata, si era pronunciata solo sulla domanda determinazione dell’indennità di occupazione legittima, negando che tale occupazione vi fosse stata, ma la pronuncia non pregiudicava il suo diritto di agire per l’occupazione illegittima. L’affermazione, in motivazione, che secondo la sentenza passata in giudicato il M. sarebbe rimasto nella piena disponibilità e godimento del bene non esprimerebbe il pensiero del giudice, ma riferirebbe l’assunto della parte interessata.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 329 c.p.c. Avendo l’ente impugnato la sentenza di primo grado, che lo aveva condannato alla restituzione e al risarcimento del danno, solo con riguardo al guaritimi, sull’an debeatur si sarebbe formato il giudicato.

Con il terzo motivo si denuncia la violazione dei principi del giusto processo e dei limiti della devoluzione dell’appello, perchè la Provincia regionale di Messina aveva impugnato la sentenza di primo grado, che l’aveva condannata, solo con riguardo al quantum, sicchè la decisione di appello si era basata su una questione diversa da quella devoluta con il gravame.

Il ricorso può essere deciso in camera di consiglio, se saranno condivise le considerazioni che seguono.

Il primo motivo è inammissibile per la sua genericità, e specificamente per l’omessa esposizione dei fatti decisivi della controversia. Lo stesso ricorrente afferma di aver proposto la sua domanda al tribunale sulla premessa che il periodo di occupazione legittima era scaduto il 3 aprile 1984 senza che fosse stato emesso il decreto di espropriazione. Da ciò si desume che l’occupazione illegittima lamentata sia quella proseguita dopo il termine di occupazione legittima, con la conseguenza che se non vi è stata occupazione legittima, come accertato con sentenza passata in giudicato tra le parti, non può esservi stata neppure occupazione illegittima. Nel ricorso non si chiarisce a quale altro atto o fatto si dovrebbe ricollegare l’occupazione illegittima, si da sottrarla all’efficacia della cosa giudicata dichiarata dalla corte siciliana.

Gli altri due motivi sono manifestamente infondati. Il giudicato, anche esterno, non costituisce oggetto di eccezione in senso tecnico, ma è rilevabile in ogni stato e grado anche d’ufficio (Cass. Sez. un. 25 maggio 2001 n. 226), senza che in ciò sia ravvisabile alcuna violazione del giusto processo.

Si propone pertanto il rigetto del ricorso in camera di consiglio per manifesta infondatezza, a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5”.

2. – La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata alle parti.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

3. – Il collegio ha esaminato il ricorso, il controricorso, e la relazione, e ha condiviso il contenuto della relazione.

Il ricorso è respinto per manifesta infondatezza. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Il rigetto del ricorso è adottato ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.2 00,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione della Corte suprema di cassazione, il 28 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2011

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