Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12156 del 14/06/2016


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Cassazione civile sez. III, 14/06/2016, (ud. 15/03/2016, dep. 14/06/2016), n.12156

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14302/2013 proposto da:

L.A., (OMISSIS), D.A.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO

VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo studio dell’avvocato GIANMARCO

GREZ, rappresentati e difesi a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

R.M.D., (OMISSIS);

– intimata –

nNonchè da:

R.M.D. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA ITALO CARLO FALBO 22, presso lo studio dell’avvocato

ANGELO COLUCCI, rappresentata e difesa dagli avvocati FRANCESCO DE

GIORGIO, MARIO DE GIORGIO giusta procura in calce al controricorso e

ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

D.A. (OMISSIS), L.A.

(OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 366/2012 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI

TARANTO, depositata il 04/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/03/2016 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito l’Avvocato MARIO SAVINI per delega;

udito l’Avvocato ANGELO COLUCCI per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Dichiarata la nullità dell’atto di citazione per violazione dei termini minimi di comparizione ex art. 163 bis c.p.c. e la conseguente nullità della sentenza e di tutti gli atti del processo di primo grado, la Corte d’appello di Lecce, con sentenza 4.6.2012 n. 366, accertava l’illecito diffamatorio commesso mediante il comunicato stampa in data 9.10.2004 e diffusione di articoli di giornale da D.A. e L.A., in qualità di segretario provinciale e funzionario della segreteria nazionale del SIAP, in danno della dirigente della Polstrada R.M.D., e condannava i responsabili in solido al risarcimento del danno non patrimoniale, da liquidarsi in separato giudizio, per lesione della reputazione professionale e sociale, rigettando la domanda di risarcimento del danno biologico.

La sentenza di appello è stata impugnata per cassazione da entrambi i soccombenti che hanno dedotto con due motivi vizi processuali, errori di diritto, e vizi di motivazione.

Ha resistito R.M.D. con controricorso e ricorso incidentale affidato ad un unico motivo deducendo vizi di violazione di norme di diritto e vizio di motivazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo è infondato.

I ricorrenti deducono cumulativamente vizi inerenti l’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, ritenendo violato l’art. 164 c.p.c., anche in relazione all’art. 354 c.p.c., omessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione, violazione al principio ex art. 101 c.p.c..

Sostengono i ricorrenti che il Giudice di appello si sarebbe dovuto limitare a constatare e dichiarare la nullità della citazione, limitandosi all’esame di tale esclusivo motivo di gravame, senza passar e all’esame del merito della controversia. Diversamente operando ha creato un vulnus al principio del doppio grado di giudizio ed al diritto di difesa dei convenuti-appellanti.

La tesi non ha pregio alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte i cui principi non vengono neppure presi in considerazione dalla difesa dei ricorrenti. Va pertanto dato seguito al principio di diritto secondo cui, nel caso in cui sia fatta valere davanti al giudice di appello una nullità non sanata dell’atto di citazione del giudizio di primo grado, tale giudice non deve rimettere la causa al giudice di primo grado, nè deve pone termine all’intero giudizio a causa di detta nullità, ma – dopo aver dichiarato la nullità del procedimento di primo grado e avere consentito le attività dalla stessa impedite – deve decidere nel merito (salvo che nessuna delle parti gli abbia richiesto una pronuncia di merito, assumendo rilievo in tal caso il principio della necessaria corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato), considerata la mancanza di una garanzia costituzionale del principio del doppio grado di giurisdizione e il carattere eccezionale del potere del giudice di appello di rimettere la causa al primo giudice, potere che, concretandosi in una deroga al principio per il quale i motivi di nullità si convertono in motivi di gravame, può essere esercitato solo nei casi tassativamente previsti dagli artt. 353 e 354 cod. proc. civ. (cfr. Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 2251 del 13/03/1997; id. Sez. 1, Sentenza n. 18571 del 15/09/2004; id. Sez. U, Sentenza n. 9217 del 19/04/2010; id. Sez. 1, Sentenza n. 22914 del 11/11/2010 con riferimento alla nullità dell’atto introduttivo per difetto dei termini minimi di comparizione).

La tassatività delle ipotesi di rinvio – che costituisce una deroga al principio della devoluzione delle nullità processuali del primo grado in motivi di gravame, non produce alcun al diritto di difesa delle parti, atteso che il doppio grado di giudizio è coperto da garanzia costituzionale soltanto per il giudizio amministrativo ex art. 125 Cost., mentre la dichiarazione di nullità della sentenza di primo grado e di tutti gli atti processuali compiuti in quel grado di giudizio, viene a pone sullo stesso piano entrambe le parti (parità delle armi) che dovranno – sempre che ne abbiano fatto richiesta al giudice di appello – rinnovare l’intero giudizio di merito, provvedendo alla reiterazione anche degli atti istruttori ai sensi dell’art. 356 c.p.c..

La rinnovazione esclude, in caso di impugnazione della sentenza di promo grado da parte del convenuto rimasto contumace, anche la rinotifica dell’atto di citazione ai sensi dell’art. 164 c.p.c., comma 2, dovendo intendersi tale atto introduttivo – e quindi la domanda attorea – pervenuto a conoscenza del soggetto che ha proposto la impugnazione “sanando in tal modo ex art. 156 c.p.c., comma 3, la nullità originaria della citazione”, se pure senza effetti retroattivi, atteso che – essendosi svolto in difetto di regolare contraddittorio – il giudizio di primo grado e la sentenza finale rimangono affetti da nullità insanabile (cfr. Sez. U, Sentenza n. 9217 del 19/04/2010; id. Sez. 6-3, Sentenza n. 10580 del 07/05/2013).

Inammissibile appare poi il motivo nella parte in cui sembra dolersi genericamente della pronuncia resa nel merito dalla Corte d’appello in difetto di svolgimento di ulteriore attività istruttoria:

premesso che non è dato ricondurre tale critica ad alcuno dei vizi di legittimità denunciati (tanto meno al vizio motivazionale, difettando del tutto la indicazione del fatto controverso e decisivo che sarebbe stato omesso dal Giudice di merito), è appena il caso di osservare come la Corte territoriale, diversamente da quanto opinato dalla parte ricorrente, abbia fatto corretta amministrazione del processo laddove:

a) ha ritenuto di decidere nel merito attesa la richiesta – se pure implicita – formulata in tal senso dalla parte appellata, avendo la R. nella comparsa di costituzione e risposta contraddetto alla impugnazione ritenendo la gravata sentenza esente da censura, con ciò intendendo voler conseguire una decisione sul merito confermativa della sentenza di prime cure;

b) ha evidenziato come nessuna delle parti avesse formulato istanza di rinnovazione dei mezzi di prova assunti in primo grado, e che pertanto la decisione della controversia doveva essere assunta in base esclusivamente ai documenti (ri)prodotti dalla R. con la comparsa di costituzione in grado di appello.

Il secondo motivo (violazione degli artt. 112, 279, 294 e 354 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4) è volto a censurare la statuizione della sentenza impugnata secondo cui alcuna attività istruttoria doveva essere compiuta in quanto “gli appellati recte appellanti non hanno espresso necessaria istanza di eventuale concessione di termini ex art. 183 c.p.c., inammissibilmente nel contempo riservandosi (nella sostanza) di articolare, ma solo nel prosieguo, capitoli di prova testimoniale” (sentenza di appello, pag.

7, che intende la riserva di articolazione come riferita a “nuovi” mezzi di prova in relazione ai quali giudica, infatti, fondata la eccezione di inammissibilità ex art. 345 c.p.c., formulata dalla R.).

I ricorrenti sostengono che nell’atto di citazione in grado di appello (pag. 2-7, 25) avevano provveduto in via gradata a richiedere “la rimessione in termini ex artt. 101 e 291 c.p.c. e art. 183 c.p.c., comma 6” nonchè “ad articolare i mezzi di prova da ammettersi” nella eventualità di un passaggio all’esame del merito da parte della Corte d’appello.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza sul fatto processuale, requisito la cui carenza si palesa tanto più evidente, ove si consideri, da un lato, che la parte ricorrente omette del tutto di descrivere i mezzi istruttori richiesti e di indicare i fatti rilevanti ai fini della decisione che si intendeva provare in giudizio, così impedendo alla Corte di verificare se trattavasi o meno di “nuove” prove, come tali inammissibili in grado di appello;

dall’altro che la parte resistente, nel controricorso (pag. 4) eccepisce specificamente la genericità della richiesta istruttoria, in quanto gli appellanti non avevano formulato nell’atto di impugnazione alcuna articolazione per capitoli delle prove per testi ed interrogatorio formale, non insorgendo pertanto alcun obbligo per il Giudice di appello di pronunciare sulla rilevanza ed ammissibilità dei mezzi di prova.

E’ appena il caso di aggiungere che non può venire in soccorso alla parte ricorrente la qualificazione giuridica del vizio di legittimità come “error in judicando de jure procedendi” – in relazione al quale la Corte è anche “giudice del fatto”, potendo accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito-, dovendo distinguersi, anche nell’ambito del vizio di legittimità attinente l’attività processuale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la fase di ammissibilità da quella –

cronologicamente successiva – relativa alla fondatezza della censura:

ed infatti, se è vero che la Corte di Cassazione, allorquando sia denunciato un vizio per “errores in procedendo” è anche giudice del fatto ed ha il “potere-dovere” di esaminare direttamente gli atti di causa, tuttavia, per il sorgere di tale “potere-dovere” è necessario – non essendo il predetto vizio rilevabile “ex officio” – che la parte ricorrente indichi puntualmente gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, è indispensabile che il corrispondente motivo presenti tutti i requisiti di ammissibilità e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 1170 del 23/01/2004; id. Sez. 3, Sentenza n. 9275 del 04/05/2005; id. Sez. 3, Sentenza n. 16245 del 03/08/2005;

id. Sez. 3, Sentenza n. 1221 del 23/01/2006; id. Sez. 1, Sentenza n. 20405 del 20/09/2006; id. Sez. 3, Sentenza n. 21621 del 16/10/2007;

id. Sa L, Sentenza n. 488 del 14/01/2010; id. Sez. L, Sentenza n. 23420 del 10/11/2011; id. Sez. 3, Sentenza n. 56 del 10/01/2012; id.

Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 5036 del 28/03/2012; id. Sa U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012; id. Sez. 5, Sentenza n. 12664 del 20/07/2012;

id. Sez. L, Sentenza n. 896 del 17/01/2014).

L’unico motivo di ricorso incidentale (vizio di violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c.; vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione), volto a contestare la statuizione con la quale la Corte d’appello ha dichiarato la nullità dell’atto di citazione e della sentenza di primo grado, è inammissibile per carenza di interesse, atteso che la parte, vittoriosa nel merito, non potrebbe ottenere alcuna ulteriore e diversa utilità maggiore di quella già conseguita con la pronuncia d’appello.

Il motivo è altresì inammissibile in quanto dalla esposizione non è consentito individuare partitamente gli argomenti svolti a supporto della censura di error in judicando e quelli a sostegno della censura di error facti, vizio ontologicamente incompatibili se rivolti ad impugnare la medesima statuizione (cfr. Corte Cass. 2^, sez. 29.4.2002 n. 6224, id. 3^ sez. 18.5.2005 n. 10385, id. 5^ sez. 21.4.2011 n. 9185 sulla inammissibilità del ricorso con cui si denuncia violazione di norma di diritto deducendo nella esposizione del motivo argomenti a fondamento del vizio motivazionale della sentenza; id. 3^ sez. 7.5.2007 n. 10295 sulla antinomia tra “error in judicando” e vizio di motivazione).

Il motivo è comunque anche infondato: il ricorso allo schema del procedimento presuntivo, in caso disconoscimento della conformità della copia fotostatica all’originale, è legittimo e riservato alla discrezionalità del Giudice di merito; la contestazione della esistenza dei requisiti ex art. 2729 c.c., è stata formulata dalla ricorrente incidentale in modo anapodittico: correttamente la Corte territoriale, ai fini dell’accertamento ex art. 2712 c.c., ha ritenuto prevalente sull’atto di citazione in originale in possesso dell’attrice R., la copia dell’atto – in originale – notificata ai convenuti in primo grado e prodotta in giudizio dal L.; il motivo, non indicando alcun fatto “decisivo” pretermesso dal giudice di merito, viene a risolversi in una inammissibile richiesta di revisione delle valutazioni di merito compiute dal Giudice di appello.

In conclusione il ricorso principale ed il ricorso incidentale debbono essere dichiarati inammissibili. La reciproca soccombenza determina la integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

Sussistono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che dispone l’obbligo del versamento per il ricorrente principale e per il ricorrente incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato nel caso in cui la sua impugnazione sia stata integralmente rigettata, essendo iniziato il procedimento in data successiva al 30 gennaio 2013 (cfr. Corte Cass. SU 18.2.2014 n. 3774).

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso principale ed il ricorso incidentale, compensando interamente tra le parti le spese del giudizio di legittimità;

– dichiara che sussistono i presupposti per il versamento della somma prevista dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma l quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2016

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