Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12156 del 08/05/2019

Cassazione civile sez. trib., 08/05/2019, (ud. 28/03/2019, dep. 08/05/2019), n.12156

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13844/15 R.G. proposto da:

A.M.L., nella qualità di erede di B.E.,

rappresentata e difesa, in virtù di delega in calce al ricorso,

dagli avv.ti Adriano Rossi e Paola Rossi, con domicilio eletto

presso il loro studio in Roma, Viale delle Milizie, n. 1;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale del Lazio

n. 2322/01/14 depositata in data 10 aprile 2014;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 marzo 2019

dal Consigliere Dott.ssa Condello Pasqualina Anna Piera.

Fatto

RILEVATO

che:

A.M.L. ricorre, con due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con la quale la Commissione tributaria regionale del Lazio – decidendo in sede di rinvio a seguito di sentenza di questa Corte n. 3757 del 2013 – ha accolto parzialmente l’appello proposto dall’Ufficio, rigettando il ricorso originariamente proposto dal de cuius B.E. avverso il silenzio rifiuto dell’Amministrazione finanziaria opposto sulla sua istanza di rimborso delle ritenute di acconto Irpef operate dalla datrice di lavoro, Enel s.p.a., nell’anno 2000, sulla liquidazione del Fondo Pensioni Dirigenti Enel (PIA- Fondenel) alla cessazione del rapporto di lavoro.

In particolare, la Commissione regionale ha ritenuto che dai documenti prodotti non era possibile desumere elementi di valutazione dell’an e del quantum del rendimento netto e che il contribuente non aveva dato prova di tale quantificazione e dell’impiego sul mercato delle somme accantonate, essendosi limitato ad indicare, in un prospetto di parte, un conteggio non proveniente dall’Enel s.p.a., dal quale non era consentito enucleare, nella prestazione effettuata, la parte composta dal capitale e la parte costituita dal rendimento netto imputabile alla gestione, sul mercato, da parte del Fondo del capitale accantonato.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

L’Agenzia delle Entrate e la contribuente hanno depositato memorie ex art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia violazione dell’art. 2702 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Rileva che la C.T.R., dopo avere affermato che la sentenza di annullamento con rinvio, sulla scorta della pronuncia delle Sezioni Unite n. 13642 del 2011, nel fissare i criteri in ordine alla tassazione degli importi maturati dai dirigenti Enel fino al 2000 a titolo di capitalizzazione delle pensioni integrative loro spettanti, si è limitata ad “una statuizione di principio”, omettendo di individuare la nozione di rendimento rispetto a quella di capitale, ha erroneamente rilevato che la stessa Corte di Cassazione non aveva ritenuto attendibile o comunque sufficiente la certificazione prodotta dal contribuente, pur non avendo la Corte mai esaminato detta documentazione, ed ha poi ritenuto priva di valore probatorio la certificazione rilasciata dall’Enel a firma del Dott. Ba.Pa., in quanto proveniente da soggetto non competente.

1.1. Il motivo è inammissibile.

La sentenza impugnata non ha fatto applicazione di regola diversa da quella che impone di considerare che la scrittura privata faccia piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ma ha piuttosto escluso che la certificazione prodotta dal contribuente nel corso del giudizio di merito potesse fornire prova del “rendimento netto” e dell’eventuale sua quantificazione, oltre che dell’impiego sul mercato delle somme accantonate.

Il richiamo all’art. 2702 c.c. è quindi del tutto inconferente con il decisum, considerato che l’onere del disconoscimento della scrittura privata grava esclusivamente sul soggetto che appare essere autore della sottoscrizione, mentre nel caso di specie non era necessaria alcuna specifica contestazione della certificazione prodotta dal contribuente da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Peraltro, nel caso di specie, non si discute della sottoscrizione della certificazione, ma piuttosto della idoneità del suo contenuto a dimostrare il “rendimento” netto imponibile, per cui la censura, così come prospettata, si risolve nella mera sollecitazione di una diversa lettura delle risultanze probatorie così come accertate e ricostruite dai giudici di secondo grado, preclusa al giudice di legittimità, atteso che la valutazione delle risultanze probatorie postula un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito.

2. Con il secondo motivo, si deduce violazione dell’art. 384 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.

La ricorrente sostiene che il principio di diritto enunciato nella sentenza che ha rimesso la controversia al giudice di rinvio, che recepisce quello affermato dalle Sezioni Unite, non sarebbe applicabile alla fattispecie in esame perchè esso si riferisce ad un “fondo previdenziale a capitalizzazione”, quale era il Fondenel, ma non anche alla diversa previdenza assicurata dall’Enel in base all’accordo del 1986 tramite utilizzo diretto dei capitali costituiti dal riscatto assicurativo e dagli ulteriori contributi versati.

2.1. Il motivo è infondato.

Questa Corte, nella sentenza di rinvio n. 3757 del 2013, dopo avere precisato che, in base alla sentenza n. 13642 del 2011 delle Sezioni Unite, per “rendimento” deve intendersi “il rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato”, ha demandato al giudice di rinvio di accertare “se e quando, sulla base delle norme contrattuali applicabili, i capitali rinvenienti dalla contribuzione siano stati effettivamente investiti sul mercato finanziario, quali siano stati i risultati dell’investimento ed in quale modo sia stata determinata l’assegnazione delle eventuali plusvalenze alle singole posizioni individuali e, sulla scorta di tale indagine, di quantificare la parte della somma complessivamente erogata al contribuente che corrisponda al rendimento netto derivante dalla gestione sul mercato finanziario del capitale accantonato mediante la contribuzione del lavoratore e del datore di lavoro”.

2.2. La Commissione regionale, svolgendo un apprezzamento in fatto, ha affermato che “…nel precedente giudizio di merito, il contribuente non aveva indicato alcuna forma d’impiego del capitale sul mercato finanziario; nè la certificazione in atti indica il rendimento derivante dall’impiego sul mercato delle somme via via accantonate” ed ha conseguentemente ritenuto che il rendimento a cui la certificazione si riferisce è unicamente l’asserito rendimento di polizza, ossia la differenza fra i contributi versati dal contribuente e dall’Enel ed il capitale erogato dalla stessa Enel, e non il rendimento derivante dall’impiego sul mercato delle somme via via accantonate; ha, quindi, escluso che la predetta certificazione potesse assolvere all’onere della prova gravante sul contribuente.

Le argomentazioni poste a fondamento della decisione lasciano emergere che la Commissione regionale si è uniformata al principio di diritto enunciato dalla sentenza di annullamento con rinvio e che, all’esito della valutazione degli elementi probatori offerti dal contribuente, ha ritenuto la documentazione prodotta ed acquisita agli atti inidonea a provare l’esistenza di un rendimento imputabile alla gestione sul mercato del capitale accantonato.

In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, essendosi l’orientamento giurisprudenziale in materia consolidato in data successiva alla proposizione del ricorso, vanno integralmente compensate.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2019

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