Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12155 del 07/05/2021

Cassazione civile sez. un., 07/05/2021, (ud. 27/04/2021, dep. 07/05/2021), n.12155

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di Sez. –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso per cassazione iscritto al NRG 914 del 2020 promosso da:

F.C., F.E., e F.F.,

rappresentati e difesi dagli Avvocati Alessandro Pallottino, e

Stefano Di Girolamo, elettivamente domiciliati presso lo studio

dell’Avvocato Alessandro Pallottino in Roma, via Oslavia, n. 12;

– ricorrenti –

contro

ROMA CAPITALE, rappresentata e difesa dall’Avvocato Angela Raimondo,

con domicilio eletto presso gli uffici dell’Avvocatura di Roma

Capitale in Roma, via del Tempio di Giove, n. 21;

– controricorrente –

avverso la sentenza del Consiglio di Stato n. 3215/2019, pubblicata

il 20 maggio 2019.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27 aprile 2021 dal Consigliere Dott. Alberto Giusti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – F.U. chiedeva al Tribunale amministrativo regionale del Lazio l’annullamento della Det. Dirig. 13 febbraio 2001, n. 368, con la quale il Comune di Roma, ritenuta realizzata la fattispecie della lottizzazione abusiva, aveva disposto nei suoi confronti, quale lottizzatore, e di altri soggetti ( L.R., la s.r.l. APAS e la s.r.l. Bigliettonline), quali lottisti, la sospensione della lottizzazione e l’immediata rimozione delle opere, ingiungendo il divieto di disporre dei suoli e delle opere sotto comminatoria di acquisizione gratuita del terreno al patrimonio comunale ed immissione nel possesso.

A sostegno della proposta impugnativa, il F. (al quale, nel corso del processo, subentravano gli eredi F.C., F.E. e F.F.) lamentava, tra l’altro, l’eccesso di potere per difetto di motivazione in ordine ai presupposti applicativi della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 18, facendo presente che l’area in proprietà era stata soltanto concessa in locazione senza l’esecuzione di opere edilizie, laddove la determinazione dirigenziale aveva assunto ad esplicito presupposto che la lottizzazione abusiva si era concretizzata nella trasformazione urbanistico-edilizia del terreno mediante il frazionamento e la vendita o atti equivalenti del terreno.

2. – Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sentenza in data 5 novembre 2009, rigettava il ricorso, rilevando che – sebbene il provvedimento impugnato facesse riferimento all’atto di trasferimento del fondo (relativo unicamente alla prima cessione in capo al de cuius) in assenza di ulteriori atti di trasferimento della proprietà le locazioni delle parti del lotto integravano gli “atti equivalenti”, previsti dalla L. n. 47 del 1985, art. 18, idonei a configurare l’ipotesi di lottizzazione abusiva contestata.

3. – Il Consiglio di Stato, con sentenza resa pubblica mediante deposito in segreteria il 20 maggio 2019, ha respinto il gravame degli eredi del F..

Il giudice amministrativo di appello, premesso l’inquadramento giuridico della vicenda di causa, ha rilevato che dal tenore del provvedimento impugnato si ricava che l’Amministrazione ha configurato la fattispecie lottizzatoria nella sua duplice veste sia materiale, alla luce delle consistenze edilizie riscontrate in loco, sia cartolare, integrata dall’adozione degli “atti equivalenti” menzionati dalla disposizione della L. n. 47 del 1985, art. 18, con conseguente frazionamento del terreno in lotti soggetti a distinto ed autonomo godimento.

Ha affermato il Consiglio di Stato che il fondo è stato interessato, oltre che dalla stipula di atti tra privati in grado di provocarne il frazionamento in termini funzionali, dalla realizzazione di opere edilizie preordinate alla destinazione dei singoli lotti per finalità non coerenti con la originaria vocazione agricola dell’area.

4. – Per la cassazione della sentenza del Consiglio di Stato F.C., F.E. e F.F. hanno proposto ricorso, con atto notificato il 20-27 dicembre 2019, sulla base di un motivo.

Roma Capitale ha resistito con controricorso.

5. – Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

I ricorrenti hanno depositato una memoria illustrativa in prossimità della Camera di consiglio.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo i ricorrenti denunciano eccesso di potere giurisdizionale, lamentando che il Consiglio di Stato abbia integrato e modificato la motivazione dell’atto amministrativo impugnato. Il giudice amministrativo avrebbe modificato la motivazione dell’atto impugnato, assumendo che il presupposto del provvedimento potesse essere una locazione laddove lo stesso sarebbe esplicitamente (ma erroneamente) fondato sulla avvenuta stipulazione di una compravendita, per giunta citata nei suoi estremi notarili. Lo sconfinamento nella sfera del merito sarebbe avvenuto in quanto il Consiglio di Stato, di fronte ad un provvedimento caratterizzato da una ben specifica e dettagliata motivazione, basata (erroneamente) su un frazionamento determinato da un atto di compravendita a più soggetti, avrebbe preteso di sostituirla con una sua autonoma motivazione. Deducono i ricorrenti che, poichè a fondamento del provvedimento amministrativo era stato posto un atto di compravendita, indicato anche nella motivazione della determinazione impugnata, il Consiglio di Stato non avrebbe potuto “sostituire quella motivazione con una nuova, frutto di sue autonome valutazioni discrezionali”.

2. – Il motivo è inammissibile.

3. – Occorre premettere che il ricorso per cassazione contro le sentenze del Consiglio di Stato può essere proposto soltanto per motivi inerenti alla giurisdizione (art. 111 Cost., comma 8, art. 362 c.p.c. e art. 110 cod. proc. amm.).

Il ricorso è dunque ammesso quando il giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o all’amministrazione (cosiddetta invasione o sconfinamento) ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non può formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale (cosiddetto arretramento); ovvero nelle ipotesi di difetto relativo di giurisdizione, che si ha quando il giudice amministrativo affermi la propria giurisdizione su materia attribuita ad altra giurisdizione o, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici (Cass., Sez. Un., 12 marzo 2021, n. 7031).

In particolare, le decisioni del giudice amministrativo concernenti la legittimità dei provvedimenti della P.A. possono essere impugnate, con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 8, qualora siano affette da eccesso di potere giurisdizionale sotto il profilo della usurpazione della funzione amministrativa. Tale vizio è configurabile quando l’indagine svolta dal giudice amministrativo ecceda i limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato e sconfinando nella sfera del merito, istituzionalmente riservato alla pubblica amministrazione, compia una diretta e concreta valutazione dell’opportunità e convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, evidenzi l’intento dell’organo giudicante di sostituire la propria volontà a quella dell’amministrazione mediante una pronuncia che, in quanto espressiva di un sindacato di merito ed avente il contenuto sostanziale e l’esecutorietà propria del provvedimento sostituito, non lasci spazio ad ulteriori provvedimenti dell’autorità amministrativa (Cass., Sez. Un., 4 febbraio 2021, n. 2604).

3.1. – Questa Corte ha più volte affermato che, in relazione alle pronunce di rigetto dell’impugnazione del provvedimento amministrativo, non è ipotizzabile lo sconfinamento nella sfera del merito, per la semplice e decisiva ragione che simili pronunce si esauriscono nella conferma del provvedimento impugnato, per cui l’autorità che l’ha emesso mantiene intatti tutti i poteri che avrebbe avuto se l’atto non fosse stato impugnato, con la sola eccezione di ravvisare in esso i vizi di legittimità ritenuti insussistenti dal giudice amministrativo (Cass., Sez. Un., 26 novembre 2018, n. 30526; Cass., Sez. Un., 13 marzo 2019, n. 7207; Cass., Sez. Un., 9 settembre 2020, n. 18671).

3.2. – Nella specie va escluso che il giudice amministrativo abbia esercitato un indebito sindacato sull’opportunità e convenienza del provvedimento amministrativo con cui, ravvisata la fattispecie della lottizzazione abusiva, è stata ordinata la sospensione della lottizzazione ed è stato ingiunto il divieto di disporre dei suoli e delle opere.

Il Consiglio di Stato, difatti, rimanendo nell’ambito dei limiti della propria giurisdizione, ha espresso un giudizio di mera legittimità, fondato sulla valutazione della conformità della impugnata determinazione dirigenziale alla disciplina legale della materia.

Il giudice amministrativo d’appello ha infatti evidenziato:

che il fondo in questione è stato interessato, oltre che dalla stipula di atti tra privati in grado di provocarne il frazionamento in termini funzionali, dalla realizzazione di opere edilizie complessivamente preordinate alla destinazione dei singoli lotti per finalità non coerenti con la originaria vocazione agricola dell’area; che tali concorrenti profili sono stati congiuntamente valorizzati nel quadro motivazionale dell’atto impugnato in primo grado, ove si discorre di “atti equivalenti”, in tal modo alludendosi ai contratti di locazione a suo tempo stipulati dal F.;

che nella disciplina sulla lottizzazione l’attività negoziale è presa in considerazione quale strumento per il perseguimento dell’intento lottizzatorio e, quindi, quale indice della sussistenza di tale intento, il quale deve trovare conferma anche in altre circostanze, che rendano evidente la non equivocità della destinazione a scopo edificatorio; con la conseguenza che non è decisiva la qualificazione giuridica dell’attività negoziale secondo gli schemi contemplati dalla disciplina civilistica, quanto piuttosto la sua possibile preordinazione allo scopo edificatorio.

Il Consiglio di Stato non ha dunque creato un nuovo provvedimento attraverso un’operazione di costruzione in giudizio di un apparato motivazionale non riscontrabile nell’atto impugnato. Il Consiglio di Stato si è limitato ad esplicitare le ragioni indicate nel provvedimento impugnato, il quale, elencate nel dettaglio le opere eseguite su ciascun lotto, contiene l’espressa motivazione che la lottizzazione si era concretizzata nella trasformazione del terreno mediante “il frazionamento e la vendita o atti equivalenti del terreno di circa mq. 56616”.

Nessuna operazione novativa della motivazione ha compiuto il giudice amministrativo: l’accertamento della sussistenza del requisito della motivazione è stato effettuato alla luce del suo tenore e del suo contesto nonchè della disciplina giuridica della fattispecie.

E d’altra parte va ribadito che l’interpretazione e la qualificazione da parte del giudice amministrativo dei requisiti, del contenuto o della portata dell’atto impugnato, così come l’interpretazione della legge da applicare, costituiscono il proprium della funzione giurisdizionale, e non un’attività riservata alla P.A. (Cass., Sez. Un., 11 luglio 2018, n. 18240).

3.3. – Non incorre, pertanto, in eccesso di potere giurisdizionale per usurpazione della funzione amministrativa la sentenza del Consiglio di Stato che, nel confermare il rigetto dell’impugnazione del provvedimento amministrativo in fattispecie di lottizzazione abusiva, affermi che anche il contratto di locazione – in quanto costitutivo di un diritto personale di godimento in capo al conduttore, suscettibile di assicurare a quest’ultimo la disponibilità materiale ed il godimento dell’immobile – può integrare, al pari degli atti di compravendita, uno degli elementi costitutivi della fattispecie della lottizzazione, e quindi può essere fatto rientrare nella categoria degli “atti equivalenti”, valorizzati nel quadro motivazionale del provvedimento impugnato, che la disciplina sulla lottizzazione equipara alla vendita.

4. – Il ricorso è inammissibile.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

5. – Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, ricorrono i presupposti processuali per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese processuali sostenute dal Comune con-troricorrente, che liquida in complessivi Euro 7.200, di cui Euro 7.000 per compensi, oltre a spese generali nella misura del 15% e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2021

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