Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12154 del 03/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 03/06/2011, (ud. 23/02/2011, dep. 03/06/2011), n.12154

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 6605-2010 proposto da:

P.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato

ANGELOZZI GIOVANNI, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ANGELOZZI LUIGI, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS) in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI

CLEMENTINA, RICCI MAURO, RICCIO ALESSANDRO, giusta procura in calce

al ricorso notificato;

– resistente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE – DIP. TESORO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3494/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

30/04/08, depositata il 14/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/02/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA LA TERZA;

udito l’Avvocato Angelozzi Luigi, difensore del ricorrente che

insiste per l’accoglimento del ricorso; udito l’Avvocato Sgroi

Antonino, (delega avvocato Pulli Clementina), difensore del

resistente che ha chiesto il rigetto o l’inammissibilità del

ricorso;

è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO che nulla

osserva.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con la sentenza impugnata resa il 14 aprile 2009, la Corte d’appello di Roma, riformando la statuizione di primo grado che aveva riconosciuto a P.A. solo l’indennità di accompagnamento di cui alla L. n. 18 del 1980, dichiarava il diritto del medesimo a percepire anche la pensione di invalidità di cui alla L. n. 118 del 1971, art. 12 a partire dal febbraio 2006. Precisava la Corte territoriale che l’atto di appello, benchè contenente un riferimento alla prestazioni per i ciechi assoluti, nelle doglianze in merito al diritto alla prestazione, aveva argomentato solo con richiamo alle disposizioni relative alla pensione di invalidità civile L. n. 118 del 1971, ex art. 12 ed alla indennità di accompagnamento di cui alla legge 18/80, per cui, evidenziava la Corte, solo sulla base di dette censure era stata esaminata la fondatezza del gravame.

Avverso detta sentenza ricorre il P., mentre l’Inps ha depositato procura ed il Ministero dell’Economia è rimasto intimato.

Con il primo mezzo si denunzia difetto di motivazione il secondo violazione dell’art. 112 cod. proc. civ e si formula il seguente quesito di diritto: “A norma dell’art. 112 cod. proc. civ. il Giudice del merito è tenuto a pronunziarsi su tutti i capi della domanda,e, in particolare, su quelli individuabili tanto dai presupposti di fatto e di diritto che dalle rassegnate conclusioni?” Letta la relazione resa ex art. 380 bis cod. proc. civ. di inammissibilità del ricorso;

Letta la memoria depositata dal ricorrente;

Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione sono condivisibili e da confermare anche a seguito della difesa di cui in memoria;

Ritenuta infatti la inidoneità dei quesiti formulati, perchè, in relazione al quesito di diritto, l’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, (applicabile, ai sensi dell’art. 27, comma 2, di detto decreto, ai ricorsi per cassazione proposti avverso sentenze rese pubbliche in data successiva all’entrata in vigore del decreto stesso, come nella specie) stabilisce che l’illustrazione di ciascun motivo di ricorso proposto ai sensi del precedente art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3, e 4, debba concludersi, a pena d’inammissibilità del motivo, con la formulazione di un quesito di diritto. Attraverso questa specifica norma, in particolare, il legislatore si propone l’obiettivo di garantire meglio l’aderenza dei motivi di ricorso (per violazione di legge o per vizi del procedimento) allo schema legale cui essi debbono corrispondere. La formulazione del quesito funge da prova necessaria della corrispondenza delle ragioni del ricorso ai canoni indefettibili del giudizio di legittimità, inteso come giudizio d’impugnazione a motivi limitati. Ne consegue non solo che la formulazione del quesito di diritto previsto da detta norma deve necessariamente essere esplicita, in riferimento a ciascun motivo di ricorso (cfr., in tal senso, Sez. un, n. 7258 del 2007, e Cass. n. 27130 del 2006), ma anche che essa non deve essere generica ed avulsa dalla fattispecie di cui si discute (cfr. Sez. un. n. 36 del 2007), risolvendosi altrimenti in un’astratta petizione di principio, perciò inidonea tanto ad evidenziare il nesso occorrente tra la singola fattispecie ed il principio di diritto che il ricorrente auspica sia enunciato, quanto ad agevolare la successiva enunciazione di tale principio, ad opera della Corte, in funzione nomofilattica. Inoltre la Corte, con la sentenza 26 marzo 2007 n. 7258 delle sezioni unite, ha affermato che la disposizione non può essere interpretata nel senso che il quesito di diritto si possa desumere implicitamente dalla formulazione del motivi di ricorso, perchè una tale interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma.

Nella specie, in relazione al secondo motivo concernente la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. si osserva che, se il contenuto della censura deve emergere immediatamente e direttamente quesito, giacchè non è consentito desumere tali elementi dal contenuto del motivo, è evidente che una formulazione siffatta non consente di comprendere neppure quale parte della sentenza impugnata venga criticata ed ancor meno quale sia il contenuto della doglianza;

il quesito infatti si riferisce genericamente alla violazione di omessa pronuncia, ma nulla dice di come il difetto si sarebbe configurato nella specie, pecca quindi di genericità e come tale è inammissibile.

Quanto al dedotto difetto di motivazione, manca il prescritto momento di sintesi, la censura cioè appare priva di adeguata specificità e di un necessario momento di sintesi in ordine al fatto controverso riguardante l’omessa o contraddittoria motivazione, nonchè in ordine alle ragioni per cui la dedotta carenza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile. Nulla per le spese non avendo le controparti depositato controricorso.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2011

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