Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12151 del 07/05/2021

Cassazione civile sez. un., 07/05/2021, (ud. 13/04/2021, dep. 07/05/2021), n.12151

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente di Sez. –

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di Sez. –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5674/2020 proposto da:

R.L., elettivamente domiciliatasi in ROMA, PIAZZALE JONIO 50,

presso lo studio dell’avvocato WALTER FELICIANI, che la rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

S.R., elettivamente domiciliatosi in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli

avvocati AMEDEO CIUFFETELLI, e RAFFAELE DANIELE;

SC.MA., elettivamente domiciliatasi in ROMA, VIALE LIEGI

35/b, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO COLAGRANDE, che la

rappresenta e difende;

REGIONE ABRUZZO, in persona del Presidente pro tempore della Giunta

Regionale, elettivamente domiciliatosi in ROMA, VIA GIOVANNI

PIERLUIGI DA PALESTRINA 19, presso lo studio dell’avvocato FABIO

FRANCESCO FRANCO, rappresentato e difeso dagli avvocati ALESSIA

FRATTALE, e STEFANIA VALERI;

F.M., elettivamente domiciliatosi in ROMA, VIA GIOVANNI

PIERLUIGI DA PALESTRINA 47, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO

LATTANZI, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO CIRULLI;

T.S.F., elettivamente domiciliatosi in ROMA,

VIALE LIEGI 35/b, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO COLAGRANDE,

rappresentato e difeso dall’avvocato FABRIZIO RULLI;

– controricorrenti –

e contro

M.M., MA.SA., D.D., L.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 7633/2019 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 07/11/2019.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/04/2021 dal Consigliere Dott. ANGELINA MARIA PERRINO;

lette le conclusioni scritte del sostituto procuratore generale

Alberto Celeste, il quale ha chiesto che le sezioni unite della

Corte di cassazione dichiarino l’inammissibilità del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Emerge dalla narrativa della sentenza impugnata che R.L., insieme con Tr.Vi. e C.S., nella qualità di elettori iscritti nelle liste di Comuni ubicati nella Regione Abruzzo, hanno impugnato il verbale delle operazioni elettorali e l’atto di proclamazione degli eletti del 23 febbraio 2019 nel procedimento per le elezioni amministrative volte al rinnovo del Consiglio regionale e all’elezione diretta del Presidente della Regione Abruzzo, nella parte in cui sono proclamati eletti T.S.F., F.M., S.R., Sc.Ma., Ma.Sa., anzichè I.E., B.L., Mo.Fa., Be.Gi. e t.m..

Due erano i profili di censura proposti: uno concerneva l’ammissione alla competizione elettorale della lista “(OMISSIS)” perchè, nella prospettazione dei ricorrenti, quella lista non aveva raccolto le firme per la presentazione, limitandosi a presentare una dichiarazione di esonero rilasciata da un singolo parlamentare che non faceva capo ad alcun gruppo presente in Parlamento; l’altro riguardava la procedura di calcolo dei resti ai fini della determinazione della cifra elettorale residuale di ciascuna lista circoscrizionale in quanto, ad avviso dei ricorrenti, si sarebbe dovuta scegliere un’interpretazione teleologica della L.R. n. 9 del 2013, art. 17, comma 6, lett. b).

Il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo ha rigettato il ricorso e il Consiglio di Stato ha respinto l’appello successivamente proposto.

A fondamento della decisione il giudice del gravame, quanto al primo profilo, ha riconosciuto alla componente politica del gruppo misto dignità rappresentativa e, in considerazione del legame politico fra lista regionale e componente parlamentare, ha ritenuto consequenziale l’individuazione del responsabile della componente politica interna al gruppo misto come organo competente a dichiarare che la lista regionale è espressione della componente parlamentare.

Con riguardo al secondo profilo, il Consiglio di Stato ha ritenuto che la nozione di resti va definita con riguardo ai voti che residuano rispetto alla parte intera del risultato della divisione della cifra elettorale circoscrizionale di ogni lista circoscrizionale ammessa al riparto dei seggi per il quoziente elettorale circoscrizionale; voti, che secondo il giudice d’appello vanno considerati in termini numerici assoluti, e non già come parte decimale del quoziente.

Contro questa sentenza propone ricorso R.L. per ottenerne la cassazione, che affida a un unico motivo calibrato sul solo primo profilo, e illustra con memoria, cui replicano con distinti controricorsi la Regione Abruzzo, F.M., S.R., Sc.Ma. e T.S.F..

Sc.Ma. e T.S.F. depositano anch’essi memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Va preliminarmente respinta l’eccezione d’inammissibilità dei controricorsi perchè, ad avviso della ricorrente, tardivamente notificati e depositati.

La ricorrente assume a fondamento dell’eccezione l’applicabilità al giudizio di legittimità dell’art. 130 c.p.a., comma 10, che prevede per il contenzioso elettorale il dimezzamento dei termini processuali.

Di contro, queste sezioni unite hanno già stabilito (con sentenza 25 luglio 2016, n. 15286) che dell’art. 130 c.p.a., comma 10, a norma del quale “tutti i termini processuali diversi da quelli indicati nel presente articolo e nell’art. 131 sono dimezzati rispetto ai termini del processo ordinario”, non si riferisce al giudizio di cassazione, ma solo alle sequenze procedimentali di primo e secondo grado del giudizio amministrativo rilevanti ai fini del contenzioso elettorale non specificamente regolate.

2.- Con l’unico motivo di ricorso R.L. lamenta la violazione dei limiti esterni della giurisdizione per eccesso di potere giurisdizionale, per violazione degli artt. 103 e 111 Cost., dell’art. 362 c.p.c., dell’art. 110c.p.a., in relazione alla disapplicazione della L.R. n. 9 del 2013, art. 12, comma 2 e art. 13, commi 3 e 4,. Ad avviso della ricorrente, infatti, il Consiglio di Stato, in luogo di applicare la norma della Legge Regionale che prevede, ai fini della presentazione delle liste per partecipare alla consultazione elettorale, o la raccolta delle firme, o la presentazione di una dichiarazione di esonero dalla raccolta per le sole liste espressione di gruppi presenti nel Consiglio regionale o nel Parlamento nazionale, ha creato una norma di esonero dalla raccolta delle firme.

Il ricorso è inammissibile.

2.1.- Alla luce della sentenza n. 6 del 2018 della Corte costituzionale, il sindacato della Corte di cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione concerne le ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione per “invasione” o “sconfinamento” nella sfera riservata ad altro potere dello stato ovvero per “arretramento” rispetto ad una materia che può formare oggetto di cognizione giurisdizionale, nonchè le ipotesi di difetto relativo di giurisdizione, le quali ricorrono quando la Corte dei Conti o il Consiglio di stato affermino la propria giurisdizione su materia attribuita ad altro giudice o la neghino sull’erroneo presupposto di quell’attribuzione; l’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera riservata al legislatore è configurabile solo allorchè il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un’attività di produzione normativa che non gli compete, e non invece quando si sia limitato al compito interpretativo che gli è proprio, anche se tale attività ermeneutica abbia dato luogo ad un provvedimento “abnorme o anomalo” ovvero abbia comportato uno “stravolgimento” delle “norme di riferimento”, atteso che in questi casi si può profilare, eventualmente, un error in iudicando, ma non una violazione dei limiti esterni della giurisdizione (tra varie, Cass., sez. un., 25 marzo 2019, n. 8311; sez. un., 24 gennaio 2020, n. 1608; sez. un., 12 marzo 2021, n. 7031).

2.2.- Indubitabile è, invece, che il Consiglio di Stato abbia interpretato la norma vigente, fornendo una lettura, espressione di quest’attività interpretativa, dell’accezione di gruppo presente nel Parlamento nazionale, cui è conseguita la valutazione di legittimità della dichiarazione utile all’esonero dalla raccolta delle firme, in chiave di semplificazione procedurale per le liste espressione di partiti o di movimenti politici di una certa consistenza a livello locale o nazionale, nell’ottica del favor partecipationis.

Il fulcro del ragionamento del Consiglio di Stato sta, difatti, nella considerazione che i gruppi parlamentari autonomi minori e le componenti politiche autonome del gruppo misto hanno una funzione rappresentativa identica a quella della proiezione parlamentare delle forze politiche che superino una soglia minima di radicamento nel Paese.

2.3.- Questa lettura, lungi dal tradursi nella creazione di una norma che consente l’esonero dalla raccolta delle firme per la presentazione delle liste anche quando vi è una dichiarazione di un solo parlamentare, s’inserisce nel quadro dell’elaborazione concernente la fisionomia dei gruppi parlamentari.

Si è al riguardo riconosciuto (Cass., sez. un., ord. 19 febbraio 2004, n. 3335) che, nel quadro costituzionale vigente, al piano di attività squisitamente parlamentare, in relazione al quale i gruppi costituiscono gli strumenti necessari per lo svolgimento delle funzioni proprie del parlamento (piano, questo, di recente valorizzato da Cass., sez. un., 14 maggio 2020, n. 8906), si giustappone quello, più strettamente politico, che concerne il rapporto del singolo gruppo con il partito politico di riferimento, ed in ordine al quale i gruppi parlamentari sono da assimilare ai partiti politici.

3.- Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile e le spese seguono la soccombenza.

Infondata già in radice è al riguardo l’eccezione, proposta in memoria, di carenza d’interesse a controricorrere di alcuni dei controricorrenti, dovuta alla rinuncia all’impugnativa concernente il secondo profilo indicato in narrativa, giacchè l’interesse è in re ipsa, per il fatto in sè che i controricorrenti in questione sono stati evocati in giudizio.

Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio dei contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese sostenute dai controricorrenti, che liquida per ciascuno in Euro 4200,00 per compensi, oltre a 200,00 Euro per esborsi, e al 15% a titolo di spese forfetarie, nonchè agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2021

 

 

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