Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12150 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. I, 22/06/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 22/06/2020), n.12150

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. PACILLI Giuseppina A.R. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18933/2018 proposto da:

A.S.Z., rappresentato e difeso dall’avvocato Martino

Benzoni, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TRIESTE, depositato il

10/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/11/2019 dal cons. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 1436/2018 depositato il 10-05-2018 il Tribunale di Trieste, ha respinto il ricorso di A.S.Z., cittadino del Pakistan, avente ad oggetto il riconoscimento della protezione internazionale. Il Tribunale ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di svolgere il lavoro di autista di un camioncino, di appartenere ad un’organizzazione studentesca di matrice sciita e di essere fuggito sia perchè perseguitato da potenti uomini che intendevano appropriarsi di suoi terreni, sia per motivi religiosi. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, dopo aver acquisito informazioni da fonti Easo sull’associazione J.O.S. (Jafaria Students Organization) di matrice sciita, alla quale il ricorrente dichiarava di appartenere.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente il ricorrente deduce “Eccezione di incostituzionalità del D.L. n. 13 del 2017, artt. 3 e 4, art. 6, comma 1, lett. a), d), f) e g), art. 7, comma 1, lett. a), b), d) ed e), art. 8, comma 1, lett. a), b), numeri 2), 3) e 4), e c) e art. 10 artt. 21 e 23, e di conseguenza quelle di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 14,35 e 35 bis in relazione all’art. 77 Cost., comma 2”;

deduce altresì “Eccezione di incostituzionalità del D.Lgs. n. 25 del 2008, in relazione agli artt. 3,24 e 111 Cost. e art. 6 CEDU, art. 117 Cost. e contrarie alle Direttive 2005/85/CE e 2013/32/UE”. Il ricorrente chiede di sollevare questione di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, introdotto dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g), in relazione ai seguenti profili: 1) l’adozione del rito camerale e l’eliminazione del grado d’appello, per la violazione degli artt. 3,24,111 Cost., nonchè in relazione all’art. 46 par. 3 della direttiva 32/2013 ed agli artt. 6 e 13CEDU; 2) la mancanza del requisito di straordinarietà ed urgenza per violazione dell’art. 77 Cost..

2. Con le ordinanze n. 17717/2018 e n. 28119/2018 questa Corte ha ritenuto manifestamente infondate tutte le questioni di illegittimità costituzionale che il ricorrente ripropone. Le argomentazioni di cui alle citate ordinanze, da intendersi, per brevità, richiamate, sono integralmente condivise dal Collegio.

3. Con il primo motivo il ricorrente denuncia il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, erronea o falsa applicazione delle norme di diritto di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 6, in relazione all’art. 101 c.p.c.”. Deduce che il ricorso di primo grado non era stato notificato a cura della Cancelleria al Ministero, come risulta dai documenti che produce sub n. 2, 3 e 4. Ad avviso del ricorrente il Tribunale decideva nel merito, a sorpresa e in violazione dell’art. 101 c.p.c., senza che fosse stato citato il Ministero.

4. Con il secondo motivo denuncia il vizio di cui all'”art. 360 c.p.c., n. 3, erronea o falsa applicazione delle norme di diritto di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, 11,”. Con il terzo motivo denuncia il vizio di cui all'”art. 360 c.p.c., n. 3, erronea o falsa applicazione delle norme di diritto di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, 8″. Con il quarto motivo denuncia il vizio di cui all'”art. 360 c.p.c., n. 3, erronea o falsa applicazione delle norme di diritto di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 9″. Con il quinto motivo denuncia il vizio di cui all'”art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5, erronea o falsa applicazione delle norme di diritto di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14 “. Deduce che nell’unica udienza, tenutasi il 9 febbraio 2018, il Giudice delegato non aveva proceduto all’audizione del richiedente. Lamenta che il Tribunale non abbia acquisito tutti i documenti relativi alla procedura amministrativa, in violazione del citato art. 35 bis, comma 8 in ordine all’obbligo della Commissione Territoriale di collaborare nell’istruttoria e tale violazione ha compromesso, ad avviso del ricorrente, il suo diritto di difesa, dato che ha privato il Collegio giudicante di elementi di prova necessari ed indispensabili con riferimento al giudizio di credibilità. Lamenta altresì che il Tribunale non abbia acquisito d’ufficio informazioni sul Paese di origine, soprattutto con particolare riferimento alla credibilità della sua vicenda personale, violando il dovere di cooperazione istruttoria, come da giurisprudenza che richiama.

5. Con il sesto motivo denuncia il vizio di cui all'”art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, erronea o falsa applicazione delle norme di diritto di cui all’art. 16 Direttiva 32/2013/UE nullità della decisione”. Ad avviso del ricorrente è stato violato il suo diritto ad una valutazione imparziale della domanda proposta ed il diritto al contraddittorio perchè non gli è stato consentito di presentare gli elementi necessari a motivare le pretese. L’omessa audizione ha compromesso il suo diritto al confronto dialettico ed incide sulla validità della decisione, stante la violazione della norma processuale immanente di cui all’art. 16 della direttiva indicata in rubrica.

6. Il primo motivo è inammissibile.

6.1. In disparte la considerazione che dal decreto impugnato risulta la difesa del Ministero in proprio (pag. n. 3), la violazione delle norme sulla notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, con conseguente nullità della stessa, e la inosservanza delle disposizioni sulla regolare costituzione del contraddittorio nei confronti di un convenuto costituiscono eccezioni de iure tertii, che possono essere deducibili soltanto dalla parte direttamente interessata (Cass.n. 28464/18 e Cass. n. 27607/19).

Non può, pertanto, dolersi il ricorrente della violazione del principio del contraddittorio adducendo un’asserita lesione riferibile ad altra parte, ossia al Ministero.

7. Sono inammissibili anche tutti gli altri motivi (dal secondo al sesto), da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione.

7.1. Le doglianze, affastellate in modo non lineare e ripetitivo, afferiscono alla mancata acquisizione della documentazione che si assume prodotta in sede amministrativa e dirimente in ordine alla credibilità della vicenda personale narrata, alla mancata attivazione del potere istruttorio ufficioso, in particolare di nuovo per il vaglio di credibilità, nonchè all’omessa audizione del richiedente all’udienza di comparizione delle parti.

7.2. Premesso che il ricorrente neppure espone quale sia la propria vicenda personale, pur se prospettata come il fulcro dei motivi di gravame, e che già solo a detta considerazione potrebbe arrestarsi l’esame delle censure ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, dei documenti depositati nella fase amministrativa non è affatto precisato il contenuto, ai fini della dedotta rilevanza sul giudizio di credibilità, nè è precisata la loro decisività (Cass. n. 16812/2018).

Il Tribunale ha evidenziato plurimi profili di inattendibilità del racconto del richiedente, confrontato anche con le informazioni reperite dai rapporti EASO. Il ricorrente non si confronta affatto con dette argomentazioni e non specifica quale vulnus alla sua difesa sia dipeso dalla lamentata mancata acquisizione documentale o dalla sua mancata audizione, che non è obbligatoria (Cass. n. 17717/2018), omettendo di esporre, come già evidenziato, finanche la sua versione dei fatti e di confutare quanto espresso al riguardo nel decreto impugnato.

7.3. Del pari inammissibile è la doglianza sulla mancata attivazione dei poteri istruttori ufficiosi. Con riferimento al riscontro oggettivo del narrato in base alle fonti, ancora una volta le censure non si confrontano con il percorso motivazionale di cui al decreto impugnato, avendo il Tribunale dato conto che aveva reperito informazioni da rapporti Easo sull’organizzazione studentesca a cui il richiedente riferiva di appartenere e che dette informazioni erano in contraddizione con quanto asserito dal ricorrente. Con riferimento alla situazione generale del suo Paese, il ricorrente non deduce di aver allegato in primo grado la sussistenza dei presupposti di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), necessitando l’accertamento della situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale quanto meno della corrispondente allegazione (da ultimo Cass. n. 20223/2019, richiamata nella memoria illustrativa dallo stesso ricorrente).

8. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, nulla dovendosi disporre circa le spese del presente giudizio, stante la mancata costituzione del Ministero.

9. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

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