Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1215 del 21/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 1215 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

ORDINANZA
sul ricorso 15785-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro
AUTOMOBILI CRISTOFARO SAS;
– intimata avverso il provvedimento n. 26/3/2011 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di CAMPOBASSO del 28/10/2011,
depositata il 06/05/2011;

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Data pubblicazione: 21/01/2014

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/12/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO
COSENTINO.
rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:

« L’Agenzia delle entrate ricorre contro la società Automobili Cristofaro sas per la
cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale del Molise,
confermando la sentenza di primo grado, ha annullato un avviso di rettifica IVA 2003 con il
quale l’Ufficio richiesto aveva richiesto il pagamento in misura ordinaria, oltre interessi e
sanzioni, dell’IVA relativa ad acquisti di autoveicoli effettuati da cedenti comunitari con il
regime del “margine”.
Secondo la Commissione Tributaria Regionale – avendo il cedente consegnato il cessionario i
documenti con la dicitura “operazione soggetta al regime del margine”, e “nell’assenza di
qualsiasi elemento fraudolento”, confermata in sede penale – sarebbe stato onere dell’ufficio
dimostrare “che si trattava di auto nuove ovvero non in possesso dei requisiti di cui alle
articoli 36 e seguenti del decreto legge 331/95”.

Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia promiscuamente il vizio di
violazione di legge (articolo 36 d.l. 41/95 e articoli 2699 e segg. cc e 654 cpp) ed il vizio di
omessa o insufficiente motivazione in cui il giudice di merito sarebbe incorso ritenendo
sufficiente, per l’affermazione del diritto della contribuente beneficiare del regime del margine,
la sussistenza della certificazione del cedente attestante la soggezione delle operazioni in
questione al regime del margine e l’insussistenza di evidenze di comportamenti fraudolenti del
cessionario; spettando semmai all’Ufficio l’onere di provare i fatti impeditivi della applicabilità
di detto regime.
I motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per la loro intima connessione, appaiono
fondati. La ratio decidendi della sentenza gravata si risolve in sostanza nell’assunto che, in
presenza di documenti contenenti l’attestazione del cedente di soggezione dell’operazione al
regime del margine e nella assenza di evidenze di condotte fraudolente del cessionario, non
sarebbe quest’ultimo a dover provare la sussistenza, bensì l’ufficio a dover provare
l’insussistenza, dei presupposti per l’applicazione del regime tributario del margine. Tale
assunto è giuridicamente infondato, perché questa Corte ha già chiarito, con la sentenza
8828/12, che “In tema di IVA, ai fini dell’applicazione negli acquisti intra-comunitari del
regime del margine di utile di cui all’art. 36 del d.l. 23 febbraio 1995, n. 41, convertito nella
legge 22 marzo 1995, n. 85, non costituisce unica condizione la regolarità formale della
fattura emessa dal cedente, poiché in tal modo si attribuirebbe a tale documento un’efficacia
probatoria, in realtà non prevista, in relazione all’esistenza dei presupposti giustificativi di
tale regime fiscale, e cioè che il cedente abbia assolto l’imposta in modo definitivo e risponda
ad uno dei requisiti soggettivi indicati dalla medesima disposizione, configurandosi o come
Ric. 2012 n. 15785 sez. MT – ud. 04-12-2013
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privato consumatore, o come soggetto che non abbia potuto detrarre l’imposta per aver
destinato i beni ad attività esente, ovvero che agisca in regime di franchigia nel proprio Stato
membro, ovvero ancora che abbia a sua volta assoggettato il proprio acquisto al regime del
margine di utile.”
Alla stregua di tale insegnamento deve concludersi che tanto i requisiti oggettivi quanto quelli
soggettivi dell’applicazione del regime del margine devono essere accertati dal contribuente

eccezione che il suddetto accertamento non risulti in concreto possibile (vedi Cass. 8636/12:
“Colui il quale intenda avvalersi, per il pagamento dell’1VA su beni acquistati da soggetti
residenti in altro Stato membro, dello speciale regime del “margine di utile”, ha l’obbligo di
accertarsi della sussistenza dei presupposti di applicabilità di quel regime, tra i quali la
circostanza che il cedente del bene non abbia potuto esercitare, nel suo Paese, alcuna rivalsa
per l’imposta versata quando acquistò quel bene. Tale accertamento non può limitarsi ad un
mero controllo di regolarità formale delle fatture emesse dal cedente, ma deve estendersi al
controllo della regolarità sostanziale dell’operazione, a condizione che esso sia possibile alla
stregua dell’ordinaria diligenza esigibile dal cessionario”); in quest’ultimo caso, peraltro,
graverà sul contribuente l’onere di provare le ragioni di tale impossibilità.
La sentenza gravata ha quindi errato nel ritenere che, per il solo fatto che il cedente avesse
certificato la soggezione delle operazioni al regime del margine e che il cessionario fosse
stato assolto in sede penale dall’accusa di condotte fraudolente, gravasse sull’Ufficio l’onere di
provare l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione del regime del margine, invece che
sul contribuente l’onere di provare la sussistenza di tali presupposti o di provare le ragioni che
gli avevano impedito di accertare tale sussistenza nonostante l’impiego dell’ordinaria
diligenza.
Si propone l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza gravata con rinvio alla
Commissione Tributaria Regionale che si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati.»;

che la società intimata non si è costituita;
che non sono state depositate memorie difensive;
che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alla
ricorrente;
che il Collegio condivide gli argomenti esposti nella relazione;
che pertanto si deve accogliere il ricorso e cassare la sentenza gravata, con
rinvio alla Commissione Tributaria Regionale, che regolerà anche le spese del
giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza gravata e rinvia alla
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che di tale regime intenda avvalersi e, quindi, da quest’ultimo provati in giudizio; con l’unica

dr” M:c. (( )
Commissione Tributaria Regionale ‘1el1ajiru1ardi4Jhe regolerà anche le
spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma il 4 dicembre 2013.

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