Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1215 del 18/01/2017


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Cassazione civile, sez. II, 18/01/2017, (ud. 14/12/2016, dep.18/01/2017),  n. 1215

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23629/2012 proposto da:

MEDIAL PROJECTS SA, (OMISSIS), EPPLEY & CO CAPITAL PARTNERS,

elettivamente domiciliate in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 3, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE RAPPAZZO, che le rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ANTONIO RAPPAZZO, in virtù di procura a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

e contro

RGM SPA, (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SALARIA

259, presso lo studio dell’avvocato MARCO PASSALACQUA, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARCO ARATO, VITTORIO

ALLAVENA, in virtù di procura in calce al controricorso;

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1203/2011 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 30/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2016 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

udito l’Avvocato Fabrizio Cipollaro per delega dell’Avvocato Rappazzo

per le ricorrenti e l’Avvocato Giovanni Nervi per la ricorrente

incidentale;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 17 marzo 2004 Medial Projects S.A. ed Eppley & Co. Capital Partner deducevano di avere concluso con la RGM S.p.A. in data 15 maggio 2001 un accordo denominato “parti principali dell’accorcio” che condensava e riassumeva le intese raggiunte nel corso di riunioni tenutesi nei giorni precedenti.

Tuttavia la RGM con nota del 30/10/2001, aveva deciso di interrompere il rapporto contrattuale, e che tale decisione si ricollegava alla volontà della Gesfid S.A. di acquisire una quota del 49 del capitale sociale della RGM, a fronte di un investimento pari a sei miliardi di Lire.

Assumevano che in tal modo la convenuta RGM e la Gesfid avevano pensato di potersi slealmente sottrarre agli impegni assunti in contratto dalla prima, e ciò soprattutto ove si tenga conto che la presentazione della Gesfid alla RGM era stata effettuata proprio dalle società attrici in esecuzione degli impegni scaturenti dal contratto del (OMISSIS). Aggiungevano che la prova delle prestazioni eseguite e la ricollegabilità causale dei benefici risultati ottenuti dalla convenuta erano ampiamente comprovate dalla corrispondenza intercorsa tra le parti e che pertanto la convenuta RGNI era tenuta, previa risoluzione del contratto per grave inadempimento della controparte, al risarcimento dei danni da quantificarsi in Dollari 1.225.000.

Si costituiva la convenuta la quale eccepiva la nullità dell’atto di citazione e l’inammissibilità ovvero l’improcedibilità del giudizio relativamente alla posizione della Eppley & Co. Capital Partners, nonchè la mancanza dei poteri necessari in capo a G.G., firmatario dell’accordo, per impegnare validamente la convenuta stessa. Inoltre deduceva che il contratto in esame non era da reputarsi vincolante, e che ove lo fosse stato, era da ritenersi invalido.

All’esito dell’istruttoria, il Tribunale, con la sentenza n. 2055 del 6/6/2007 rigettava la domanda, in quanto l’accordo denominato “(OMISSIS)” era diretto a fornire i principi ed a porre le basi di un’intesa per la relazione che si intendeva costituire tra le parti al fine di sviluppare l’attività della RGM attraverso varie operazioni finanziarie, sicchè aveva un contenuto in parte programmatico ed in parte operativo, essendo immediatamente vincolante laddove si prevedeva che “le società attrici avrebbero cominciato immediatamente a prestare la loro attività di consulenza ed assistenza in vista degli obiettivi programmatici, il cui perseguimento dipendeva dallo studio di possibilità e di sviluppo ed ipotesi di lavoro che – al momento della stipula del contratto – erano solo in fase di ideazione e progettazione…”.

Inoltre deduceva che il contratto non prevedeva un termine finale di durata del rapporto vincolante per le parti, in quanto era possibile definire soltanto un termine previsionale – meramente ipotetico – di attuazione del programma economico – finanziario.

Inoltre era certo soltanto che le società attrici avrebbero perseguito un compenso di Dollari 50.000 per il lavoro sul progetto nell’arco di due anni, di cui Dollari 25.000 pagati alla firma del contratto Dollari 25.000 pagabili il 1 giugno 2002.

Ne traeva da tali premesse che il recesso della convenuta a pochi mesi dalla conclusione dell’accordo era legittimo, in quanto la disciplina del contratto d’opera intellettuale, così qualificato il contratto dalle stesse attrici, prevedeva che il committente potesse recedere ad nutum, con il solo obbligo di rimborsare al prestatore d’opera le spese sostenute e di corrispondere il compenso per l’opera svolta.

Infine, dalle prove raccolte non emergeva che la Gesfid fosse stata presentata alla convenuta dalle attrici, e che pertanto alcuna pretesa poteva essere avanzata in ordine all’aumento di capitale, conseguenza dell’ingresso della Gesfid nella RGM.

La Corte d’Appello di Genova, a seguito di gravame interposto) dalle attrici, con la sentenza n. 1203 del 30/11/2011 rigettava l’appello principale nonchè l’appello incidentale della RGM.

Quanto al primo, rilevava che le appellanti principali non avevano impugnato la decisione di prime cure nella parte in cui aveva affermato la natura non vincolante ma meramente programmatica della maggior parte del documento oggetto di causa (non potendo a tal fine attribuirsi rilievo alle argomentazioni sviluppate solo in comparsa conclusionale), nonchè laddove si era escluso che la Gesfid fosse stata presentata alla convenuta dalle società appellanti.

Quanto alla previsione di un termine, che avrebbe introdotto una deroga convenzionale alla previsione legale di recediblità ad nutum del committente, osservava la sentenza che era la natura stessa dell’accordo ad escludere che fosse possibile individuare nelle date indicate anche la volontà di introdurre siffatta deroga.

Le parti si erano accordate per sviluppare un’attività futura ancora nemmeno ben individuata, per la mancanza di quegli elementi di conoscenza necessari per poter delineare in maniera definita la prestazione da rendere, sicchè anche i dati temporali indicati assumevano un significato ipotetico.

La conseguenza ulteriore è che, in mancanza di una espressa rinuncia alla facoltà di recesso, non vi erano elementi per accertare una volontà in tal senso.

Quanto all’appello incidentale, e sebbene effettivamente le eccezioni della convenuta non fossero state esaminate dal giudice di primo grado, riteneva che le stesse fossero comunque prive di fondamento. Infatti, doveva escludersi la nullità dell’atto di citazione e dell’atto di appello con riferimento alla posizione della Eppley & Co., atteso che l’appellata era ben a conoscenza del soggetto con cui trattava, della sua sede e del legale rappresentante, come comprovato dalla corrispondenza intercorsa tra le parti.

Ancora, quanto al secondo motivo di appello incidentale, concernente l’inesistenza dei poteri in capo al Presidente ed amministratore delegato della società appellata, G.G., per concludere l’accordo oggetto di causa, oltre a rilevare che le controparti non erano tenute a provare che tali poteri fossero stati effettivamente concessi al firmatario dell’accordo, osservava che dalla missiva del 30/10/2001, nella quale il G. parla per la RGM in prima persona plurale, poteva evincersi una ratifica del suo operato da parte della società, la quale aveva altresì provveduto al versamento della somma di Dollari 25.000, immediatamente dovuta alla conclusione del contratto.

Dall’esecuzione di tale prestazione poteva poi ricavarsi la correttezza dell’interpretazione del giudice di primo grado circa il fatto che il contratto fosse in parte operativo e quindi vincolante.

Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso la Media Project S.A. e la Eppley & Co. Capital Partners sulla base di tre motivi. La R.G.M. S.p.A. ha resistito con controricorso proponendo a sua volta ricorso incidentale condizionato affidato a quattro motivi.

Le ricorrenti principali hanno resistito con controricorso al ricorso incidentale.

Le parti hanno altresì depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso principale si denunzia la violazione dell’art. 2237 c.c., in relazione all’art. 2230 c.c., all’art. 1322 c.c. e con riferimento agli artt. 1362 e 1218 c.c., nonchè la violazione dell’art. 2909 c.c., anche in relazione all’art. 111 Cost., comma 6.

Si deduce che la Corte d’appello ha errato nel non attribuire rilevanza alla previsione di un termine apposto all’accordo, pattuizione che costituisce una deroga alla facoltà di recesso ad nutum della committente.

La decisione avrebbe quindi, in violazione della previsione di cui all’art. 1322 c.c., escluso che sia possibile prevedere un contratto d’opera intellettuale a termine, ben rispondendo tale pattuizione ad un interesse meritevole di tutela.

Inoltre sarebbe stato disatteso il giudicato interno rappresentato dalle affermazioni della sentenza di primo grado non oggetto di censura da parte dei contendenti.

Infatti, il Tribunale ha affermato che il contratto ha un contenuto in parte programmatico ed in parte operativo, e come tale vincolante, e su tale affermazione risulta essersi formato il giudicato.

Ne consegue che la sentenza gravata, nella parte in cui ha omesso di considerare la natura immediatamente vincolante dell’accordo, per escludere che le parti avessero apposto un termine, ha violato il giudicato interno.

Con il secondo motivo si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

Infatti nel corso del giudizio le parti hanno dibattuto circa la natura operativa o meno del contratto di consulenza concluso sicchè la decisione della Corte territoriale è viziata per non avere esaminato la natura giuridica del contratto, e la conseguente rilevanza del termine finale.

Il terzo motivo lamenta ancora l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti nonchè la violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, in quanto una volta accertata la violazione del giudicato interno, la sentenza avrebbe dovuto affrontare il tema delle conseguenze risarcitorie derivanti dal recesso illegittimamente esercitato dalla controparte.

2. Con il primo motivo di ricorso incidentale condizionato, si lamenta l’omessa o insufficiente motivazione circa l’eccezione di nullità assoluta dell’atto di citazione nonchè dell’atto di appello per quanto concerne la Eppley & Co., di cui non è stata provata l’esistenza, nonchè l’omessa pronuncia ovvero l’omessa o insufficiente motivazione con riferimento alla eccezione di inammissibilità e/o improcedibilità del presente giudizio per difetto assoluto di legittimazione processuale della Eppley non essendo stato dimostrato il valido conferimento di una procura alle liti.

Con il secondo motivo di ricorso incidentale condizionato si denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1399 c.c., nonchè la motivazione contraddittoria con riguardo al rigetto dell’eccezione della RGM secondo cui il G., che ha sottoscritto il contratto, non aveva i poteri necessari per impegnare la società convenuta.

Con il terzo motivo di ricorso incidentale condizionato si lamenta l’omessa pronuncia o in subordine la violazione e falsa applicazione dell’art. 1423 c.c., ovvero ancora l’omessa o insufficiente motivazione con riguardo alla eccezione di non vincolatività e/o invalidità dell’accordo.

Infine con il quarto motivo di ricorso incidentale condizionato, si denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2237 c.c., con riguardo all’eccezione formulata dalla RGM, secondo cui la norma de qua è inderogabile ovvero non è derogabile per effetto della semplice apposizione al contratto di un termine finale di durata.

3. Ritiene la Corte che i tre motivi di ricorso principale possano essere congiuntamente esaminati, in quanto nel loro insieme mirano a contestare la correttezza della conclusione alla quale è pervenuta la Corte distrettuale circa la mancanza di una manifesta volontà delle parti di addivenire ad una deroga convenzionale al potere di recesso ad nutum della committente.

I motivi sono tuttavia privi di fondamento, e devono essere disattesi. Va innanzi tutto esclusa la sussistenza della dedotta violazione di un giudicato interno, atteso che la sentenza impugnata, lungi dall’affermare che la conclusione del Tribunale, circa la natura in parte programmatica (o meglio prevalentemente programmatica) ed in parte vincolante, non fosse stata contestata da entrambe le parti, si è limitata semplicemente ad affermare che erano state le appellanti principali a non contestare tale conclusione, traendo da tale considerazione la corretta individuazione dell’ambito delle censure mosse con l’appello principale.

Peraltro deve rilevarsi che la natura vincolante, anche in parte del contratto, era oggetto di un motivo di appello incidentale da parte della RGM, che è stato disatteso dalla Corte distrettuale alla pag. 9, nella parte in cui conviene circa la natura operativa del contratto per il fatto che la società convenuta avesse provveduto al pagamento) della somma di Dollari 25.000 immediatamente dovuta al momento della conclusione del contratto, e che tale statuizione è interessata dal terzo motivo di ricorso incidentale, sebbene condizionato, dalla controricorrente, il che esclude ex actis la possibilità di affermare l’esistenza di un giudicato interno.

In ogni caso, limitandosi a voler dare rilievo a quanto affermato dal Tribunale, e per la parte che, a detta delle ricorrenti, costituirebbe oggetto di un accertamento non più contestabile, la lettura che ne offre la parte ricorrente appare del tutto soggettiva, e non trova in realtà riscontro nel tenore letterale della decisione di primo grado.

La sentenza di primo grado, le cui conclusioni non sono in realtà contestate dalle ricorrenti, che addirittura, sebbene in maniera erronea per quanto detto, ne invocano il vincolo del giudicato, a pag. 3, dopo avere premesso che il contratto) oggetto di causa aveva un contenuto in parte programmatico ed in parte operativo, chiarisce che la parte operativa concerneva l’immediata prestazione dell’attività di consulenza ed assistenza, ma in vista degli obbiettivi programmatici, correlandosi a tale immediato impegno l’obbligo della RGM di corrispondere un compenso di Dollari 50.000, di cui una prima tranche, pari ad Dollari 25000 alla data della stipula, e Dollari 25000 alla data del 1 giugno 2002. Quanto agli obiettivi in questione si evidenziava che gli stessi erano ancora in una fase di ideazione e progettazione, sicchè avrebbero potuto prendere corpo solo all’esito delle ulteriori attività per le quali era prevista la collaborazione delle ricorrenti.

Ne conseguiva quindi che non era possibile disciplinare in maniera compiuta il contenuto del contratto, e che per l’effetto lo stesso non prevedeva alcun termine finale di durata, ma soltanto un termine previsionale – meramente ipotetico – di attuazione del programma economico-finanziario.

Ulteriore conseguenza tratta dal Tribunale è che, stante l’assenza di un termine di durata del contratto, era del tutto legittimo il recesso della committente, fatti salvi gli obblighi posti dell’art. 2237 c.c., comma 1.

Orbene, anche a sorvolare sul difetto di specificità del motivo di ricorso, nella parte in cui riporta solo alcuni degli articoli dell’accordo intercorso tra le parti, impedendo quindi alla Corte di poter apprezzare la complessiva disciplina concordata, l’erroneo presupposto da cui parte la tesi dei ricorrenti principali è che in realtà fosse stato previsto un termine di durata del contratto, conclusione questa che invece hanno concordemente escluso entrambi i giudici di merito, e ciò sulla base di una logica ed argomentata interpretazione del contratto, che, in quanto supportata da un’adeguata motivazione, non è sindacabile in questa sede.

Le previsioni letterali di cui agli artt. 4 e 6, riportati in ricorso, sono state in tal senso lette dalla decisione gravata come volte a delineare il programma economico finanziario che la RGM si prospettava, ed in vista del quale aveva sollecitato la collaborazione delle ricorrenti, senza che però tale rapporto dovesse necessariamente protrarsi sino alla scadenza del termine, escludendo anche la facoltà di recesso della committente.

Nè la previsione di cui all’art. 14 secondo cui le società ricorrenti avrebbero agito come esclusivi consulenti finanziari della RGM per il periodo precedente la IPO, “ma comunque non oltre 36 mesi dalla firma del presente accordo” depone in maniera inequivoca per la esclusione della facoltà di recesso della committente.

Ritiene il Collegio, a tal riguardo, di dover dare continuità a quanto di recente affermato da questa Corte nella sentenza n. 469/2016, la cui massima recita che in tema di contratto di opera professionale, la previsione di un termine di durata del rapporto non esclude di per sè la facoltà di recesso “ad nutum” previsto, a favore del cliente, dell’art. 2237 c.c., comma 1, dovendosi accertare in concreto, in base al contenuto del regolamento negoziale, se le parti abbiano inteso o meno vincolarsi in modo da escludere la possibilità di scioglimento del contratto prima della scadenza pattuita.

In motivazione si è chiarito altresì che certamente è legittima l’apposizione di un termine di durata del contratto, non essendo vietata da alcuna specifica norma, così come è derogabile pattiziamente la facoltà di recesso ad nutum del cliente.

Tuttavia occorre verificare se, in presenza di una durata convenzionale, il rapporto sia suscettibile di anticipato scioglimento per effetto del recesso ad nutum da parte del cliente ovvero se la previsione di un termine di durata integri rinuncia alla facoltà di recesso da parte del cliente.

Sebbene la previsione della possibilità di recesso ad nutum del cliente contemplata dall’art. 2237 c.c., non abbia carattere inderogabile e quindi sia possibile che, per particolari esigenze delle parti, sia esclusa tale facoltà fino al termine del rapporto, tuttavia la predeterminazione di un termine di durata del contratto intanto può integrare rinuncia da parte del cliente al recesso ove dal complessivo regolamento negoziale possa inequivocabilmente ricavarsi la volontà delle parti di vincolarsi per la durata del contratto vietandosi reciprocamente il recesso prima della scadenza del termine finale (in tal senso provvedendosi a mitigare l’apparente assolutezza del principio affermato da Cass. n. 22786/2013 e da Cass. n. 27293/2006, secondo cui doveva ritenersi sufficiente ad escludere la facoltà di recesso di cui dell’art. 2237 c.c., comma 1, la mera apposizione di un termine al rapporto di collaborazione professionale, senza necessità di un patto espresso e specifico).

Nella fattispecie i giudici di merito, hanno puntualmente adempiuto a tale verifica in concreto, avendo ancora più a monte escluso che il contratto avesse in realtà un termine di durata, ma offrendo una serie di argomentazioni assolutamente logiche e immuni da censure sul piano dell’applicazione delle regole di ermeneutica contrattuale, secondo le quali la fase ancora embrionale di progettazione ed ideazione degli interventi di collaborazione, rendeva il contratto dal contenuto assolutamente generico, quanto alle prestazioni da rendere nel termine indicato negli articoli richiamati in ricorso, di modo che non poteva ritenersi che le parti avessero altresì inteso precludere l’esercizio del diritto di recesso.

Ne consegue che deve escludersi la dedotta violazione di legge, di cui alla censura formulata nel primo motivo di ricorso.

Quanto agli altri due motivi, ed anche a voler sorvolare sul fatto che gli stessi risultano formulati sulla scorta della novella previsione di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, inapplicabile alla fattispecie, trattandosi di ricorso proposto avverso sentenza pubblicata in data anteriore al termine previsto dalla L. n. 134 del 2012, il che già ne determinerebbe l’inammissibilità, trattasi in ogni caso di censure che mirano surrettiziamente a contestare la valutazione dei fatti di causa così come operata dal giudice di appello, ed in particolare a contrastare l’interpretazione del contratto e l’affermazione del giudice di merito circa l’assenza di un termine di durata del contratto, o meglio la sua riferibilità alla parte programmatica del contratto, come tale priva di efficacia vincolante.

Le suesposte considerazioni, e soprattutto il limite alla sindacabilità in sede di legittimità dell’attività interpretativa del giudice di merito, peraltro in assenza di una specifica individuazione delle norme in tema di interpretazione del contratto violate, forniscono l’evidenza dell’infondatezza anche degli altri due motivi proposti.

3. Il rigetto del ricorso principale determina poi l’assorbimento del ricorso incidentale, che è stato proposto in via espressamente condizionata.

4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna delle ricorrenti al rimborso delle spese di lite che si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale, e condanna le ricorrenti al rimborso delle spese di lite che liquida in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 sui compensi, ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 14 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2017

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