Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1215 del 17/01/2019

Cassazione civile sez. II, 17/01/2019, (ud. 29/05/2018, dep. 17/01/2019), n.1215

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11632/2013 R.G. proposto da:

G.O.R., rappresentata e difesa dall’Avv. Raffaele

Pinto, con domicilio eletto in Roma, via Fabio Massimo n. 107,

presso lo studio dell’Avv. Ciro Intino;

– ricorrente –

contro

O.V., O.N. di M., O.S. in

C., tutti in proprio e nella qualità di eredi con beneficio

d’inventario di O.M. e C.R.A.,

rappresentati e difesi dal Prof. Avv. Domenico Garofalo, con

domicilio eletto in Roma, viale delle Milizie n. 1, presso lo studio

del Prof. Avv. Edoardo Ghera;

– controricorrenti –

e contro

O.P., O.N. di P., O.M.S. e

A.S.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari n. 223 depositata

il 29 febbraio 2012.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 29 maggio

2018 dal Consigliere Dott. Milena Falaschi.

Fatto

OSSERVA IN FATTO E DIRITTO

Per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Bari n. 223, depositata il 29.02.2012, con la quale – proposto gravame principale dalla G. ed incidentale da O.M. e C.R.A. – rigettato l’appello principale, in accoglimento di quello incidentale e in riforma della decisione di primo grado, venivano respinte integralmente le originarie domande attoree ritenendo la tempestività e la fondatezza nel merito dell’eccezione di validità dell’atto dispositivo dell’intera quota operata da O.P., ha proposto ricorso, articolato su tre motivi, la G..

Al ricorso resistevano con controricorso O.V., O.N. di M. e O.S. in C., tutti in proprio e nella qualità di eredi con beneficio d’inventario di O.M., nonchè C.R.A.. Non svolgevano difese O.P., D.P.O.N., O.M.S. e A.S..

Fissata adunanza camerale al 1 marzo 2017, in prossimità della quale parte ricorrente depositava memoria illustrativa, con ordinanza interlocutoria n. 23977 del 2017, veniva disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti di A.S., originariamente chiamato in garanzia dai convenuti evocati nel giudizio introdotto dalla G., adempimento che veniva assolto ai sensi dell’art. 149 c.p.c., in data 8 gennaio 2018.

Atteso che:

– con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c., art. 2909 c.c. e art. 112 c.p.c., con riferimento all’eccezione di giudicato ed ultrapetizione. Ad avviso della G. la corte territoriale avrebbe omesso di rilevare di ufficio la mancata proposizione di appello incidentale relativamente al capo della sentenza di primo grado che attribuiva all’originaria attrice l’usufrutto sul bene nella misura di 1/4 e in violazione del giudicato formatosi sui presupposti di fatto e di diritto posti a fondamento dell’accoglimento, sia pure parziale, della domanda della G., nonchè del dovere di pronunciare in base alle domande ed alle eccezioni delle parti, ha dichiarato infondata la domanda introduttiva del giudizio. Del resto l’appello era stato proposto esclusivamente dall’originaria attrice perchè il giudice di primo grado aveva omesso di individuare la materiale assegnazione e consegna della quota di bene “per consentirle l’effettivo godimento”, oltre che per l’erronea quantificazione del risarcimento del danno richiesto quale conseguenza dell’illegittima detenzione del bene da parte di O.M., il quale non era stato neanche condannato al risarcimento. Nè una domanda riconvenzionale era stata spiegata dai convenuti, i quali si erano limitati a contestare la fondatezza della domanda attorea di attribuzione dell’usufrutto e del risarcimento del danno sul presupposto del tacito consenso prestato dalla G. all’accordo transattivo stipulato tra i due fratelli O. e della presunta omessa pubblicità della convenzione di separazione dei beni dei coniugi O. ( P.) – G..

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 184,2938 e 2697 c.c., nonchè dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte territoriale statuito la validità della transazione sottoscritta dal solo coniuge O.P. in data 19.05.1988 giacchè la ricorrente non si era avvalsa del diritto di annullamento dell’atto, per cui l’obbligo di trasferimento assunto dal coniuge era valido a tutti gli effetti, senza però indicare da quale data l’anno avrebbe iniziato a decorrere, non sollevata eccezione di prescrizione dell’azione di annullamento da parte dei convenuti.

Con il terzo ed ultimo motivo la ricorrente deduce omessa, contraddittoria e comunque insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (vizio denunciabile per essere stata la sentenza impugnata depositata il 29.02.2012) per avere il giudice del gravame travisato il thema decidendum dell’appello.

L’analisi delle tre doglianze deve essere preceduta da una ricostruzione dell’articolata vicenda processuale – onde consentire di individuare con sufficiente intellegibilità le questioni ancora controverse fra le parti – che ha riguardato ben tre giudizi, peraltro, riuniti e definiti in primo grado con la sentenza del Tribunale di Bari n. 620 del 2005, avverso la quale sono stati proposti ben due diversi appelli principali con altrettanti appelli incidentali, anche in questo caso decisi tutti con la sentenza impugnata.

Dall’esame degli atti (in particolare delle sentenze di primo e di secondo grado, nonchè dei rispettivi atti difensivi) – consentito in sede di legittimità essendo stato dedotto un error in procedendo (cfr ex multis, Cass. n. 25259 del 2017) – emerge che il primo giudizio è stato introdotto dal coniuge della ricorrente, Pietro O., con atto di citazione notificato il 10 giugno 1989, con il quale ha evocato O.M., fratello germano, e C.A.R., per avere quest’ultimo l’uso gratuito dei locali siti in (OMISSIS), beni ricompresi nell’accordo transattivo sottoscritto dalle parti in data 19.05.1988, chiedendo accertarsi il tardivo rilascio degli immobili e la condanna del primo convenuto alla corresponsione della penale risarcitoria concordata, giudizio nel corso del quale il convenuto O., con comparsa di costituzione, negata ogni responsabilità, spiegava domanda riconvenzionale per ottenere il pagamento di penale concordata con la transazione, oltre ad interessi sull’importo di Lire 90.000.000 e risarcimento del danno, per inadempimenti da riferire all’attore ai punti 3), 5) e 7) del medesimo accordo.

Il secondo giudizio, il cui atto di citazione è stato notificato il 3 agosto 1989, è stato iniziato da G.O.R. nei confronti di O.M., O.V., O.N. e O.T.V., O.S. in C. e C.R.A., ed è quello col quale l’attrice, odierna ricorrente, ha chiesto accertarsi che ella è titolare dell’usufrutto vitalizio su una quota parte indivisa degli immobili siti nel Comune di (OMISSIS), pari a tre dodicesimi dell’intero, causa nella quale il convenuto O.M., dopo avere contestato, unitamente agli altri convenuti, il difetto di legittimazione passiva, e richiesto ed ottenuto di chiamare in garanzia O.P., D.P.O.N., O.M.S. e A.S., ha spiegato domanda riconvenzionale per ottenere l’adempimento coattivo della transazione sottoscritta dal coniuge dell’attrice il 19.05.1988 mediante sentenza costitutiva del trasferimento dei cespiti immobiliari di cui alla domanda attorea.

Il terzo ed ultimo processo è stato introdotto sempre da O.P., con atto di citazione notificato il 29 novembre 1989, nei confronti di O.M., con il quale ha chiesto la condanna del convenuto a corrispondere il controvalore dei materiali conservati nella sede della O. Bloc s.r.l., ma non di proprietà della stessa, per inadempimento alla relativa obbligazione assunta con l’atto del 19.05.1988, non avendo consentito al loro ritiro, eccepita la carenza di legittimazione passiva dal convenuto. Riuniti i tre giudizi, il giudice di primo grado ha accolto la domanda principale e quella riconvenzionale svolte nel primo e nel terzo giudizio e per l’effetto ha regolato i rapporti di dare ed avere fra i germani O.; ha dichiarato la G. titolare dell’usufrutto vitalizio nella misura di 3/12 dell’intero su di una quota parte indivisa degli immobili descritti in citazione, determinando il valore della quota di usufrutto in Lire 64.002.683 gravante materialmente sulla villa B, oltre ad accogliere la domanda riconvenzionale spiegata ex art. 2932 c.c. e per l’effetto ha trasferito a O.M. gli immobili siti in (OMISSIS), costituiti da terreno, capannone con villetta, nonchè ulteriori villette sulle quali ha riconosciuto insistere l’usufrutto in favore dell’attrice, disponendo la trascrizione del trasferimento, comprensivo anche dell’usufrutto.

Avverso la sentenza di primo grado O.P. ha proposto, con citazione notificata il 20 dicembre 2006, appello in relazione alla pronuncia riguardante le domande da lui svolte nel primo e nel terzo giudizio, in ordine al quale O.M. oltre a resistere, ha presentato appello incidentale; con diverso atto di citazione, notificato il 22 dicembre 2006, O.P. e G.R. hanno proposto ulteriore impugnazione avverso la medesima decisione lamentando, per quanto qui ancora di interesse, l’erronea ed apodittica individuazione della quota di usufrutto, senza materiale assegnazione, nonchè erronea quantificazione del danno, oltre ad omessa condanna al pagamento del risarcimento. Anche in relazione a siffatto gravame la Corte territoriale afferma essere stato proposto appello incidentale da O.M. o quanto meno essere stata sollevata in appello “eccezione di validità dell’atto dispositivo dell’intera quota” sottoscritto da O.P. anche per i beni in comunione legale con la coniuge.

Dalla complessa evoluzione avuta dal procedimento appare evidente l’inesatta rappresentazione dello stesso fattane dalle argomentazioni della ricorrente.

Premesso che la questione ancora controversa fra le parti attiene al diritto di usufrutto vantato dalla ricorrente sulle unità immobiliari comunque trasferite a O.M., dalla stessa replica conclusionale depositata il 22.09.2011 da O.P. e G.R. nel giudizio di appello emerge che in relazione ai motivi dell’appello principale di cui al secondo giudizio O.M. ha proposto appello incidentale (v. pag. 8 del medesimo atto), ragione per cui sul punto non può ritenersi intervenuto alcun giudicato interno, diversamente da quanto affermato dalla ricorrente.

Per la medesima ragione non può ritenersi posto a fondamento della decisione di secondo grado un accertamento concernente un elemento di giudizio oggetto di pronunciamento da parte del giudice di primo grado, capo della sentenza che però non sarebbe stato devoluto alla corte territoriale, ad avviso della ricorrente, con conseguente ampliamento del thema decidendum, che a fortiori non potrebbe essere oggetto di motivo di ricorso per cassazione, per essere il travisamento lamentato da riferire alle difese della medesima G..

Dalle considerazioni sopra svolte discende, pertanto, l’infondatezza del primo e del terzo motivo di ricorso.

Va, di converso, accolto il secondo motivo nei limiti di seguito esposti.

Una volta acclarato che il regime patrimoniale fra coniugi O. – G. da applicare era quello della comunione legale, per la mancata pubblicità della convenzione di separazione, circostanza peraltro non più contestata dalla stessa ricorrente, è da ritenere erronea la statuizione circa il decorso dell’anno di cui all’art. 184 c.c., quanto al computo del dies a quo.

Contrariamente a quel che ha affermato la corte distrettuale, il termine annuale, che è di prescrizione e non di decadenza, previsto dall’art. 184 c.c., per l’esercizio dell’azione di annullamento del contratto di vendita della proprietà dell’immobile, in comunione legale, da parte del coniuge, che non abbia dato il proprio consenso alla sua conclusione, trattandosi di termine della stessa natura di quello quinquennale – entro il quale, ai sensi dell’art. 1442 c.c., può promuoversi l’azione generale d’annullamento dei contratti – da esso differenziandosi solo per la sua più breve durata, fissata dal legislatore, per evitare (data la specifica disciplina della materia) pregiudizi alla certezza dei rapporti giuridici (v. anche Corte Costituzionale con la pronuncia n. 311 del 1988, con cui ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 184 cit.), decorre dalla data in cui il coniuge che non ha prestato il consenso ha avuto conoscenza del perfezionamento dell’atto di trasferimento del diritto reale, in conformità alla disposizione dell’art. 184 c.c., comma 2, secondo cui il termine prescrizionale decorre dalla data in cui il coniuge, il cui consenso era necessario, ha avuto conoscenza dell’atto, e, solo se tale conoscenza non abbia avuto, dalla data della sua trascrizione nei registri della conservatoria.

Nella specie il giudice del gravame non ha svolto alcun accertamento in ordine a siffatto momento, essendosi limitato ad un computo dalla data di stipula della transazione, il 19.05.1988, rispetto a quella di notifica della citazione, 03.08.1989, contenente la pretesa della medesima G. e di suo marito, nei confronti del germano O.M., di riconoscimento del diritto di usufrutto e di condanna al risarcimento del danno.

Poichè nessuna prova è stata ricercata in direzione della circostanza che la G. conoscesse la conclusione della convenzione al momento della proposizione della domanda di risarcimento del danno, si tratta di porre a base della prova di tale conoscenza gli elementi raccolti nei processi instaurati dai due coniugi e di tenere conto della domanda fatta in essi valere.

In conclusione va rigettato il primo ed il terzo motivo di ricorso, accolto il secondo nei limiti di cui sopra, con cassazione della sentenza impugnata, in relazione alla sola censura accolta del ricorso, e rinviala causa, per un nuovo esame in relazione alla maturazione del termine annuale di cui all’art. 184 c.c., ad altra sezione della stessa Corte d’appello, la quale provvederà anche sulle spese di questo giudizio.

PQM

La Corte, accoglie il secondo motivo di ricorso nei limiti di cui in motivazione, rigettato il primo ed il terzo;

cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Bari, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 29 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2019

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