Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12149 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. I, 22/06/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 22/06/2020), n.12149

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. PACILLI Giuseppina A.R. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16485/2018 proposto da:

S.A., rappresentato e difeso dall’avvocato Andrea Diroma del

Foro di Trieste, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TRIESTE, depositato il

20/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/11/2019 dal cons. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 1109/2018 depositato il 20-04-2018 e comunicato a mezzo pec il 24-4-2018 il Tribunale di Trieste ha respinto il ricorso di S.A. (alias S.A.), cittadino del Pakistan, avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il Tribunale ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di avere una sorella facente parte del partito politico OML-N, risultata eletta nelle elezioni del 2016, e di essere fuggito perchè minacciato dai membri di un’organizzazione terroristica jihadista, da cui era stato in precedenza aggredito e picchiato ed aveva subito gravi e violente intimidazioni, per essersi rifiutato, unitamente alla sua famiglia e, in particolare, a sua sorella, di entrare a far parte di quell’organizzazione. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente il ricorrente deduce “Eccezione di incostituzionalità del D.L. n. 13 del 2017, art. 3, 4, art. 6, comma 1, lett. a), d), f) e g), art. 7, comma 1, lett. a), b), d) ed e), art. 8, comma 1, lett. a), b), numeri 2), 3) e 4), e c) e art. 10 artt. 21 e 23, e di conseguenza quelle di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 14,35 e 35 bis in relazione all’art. 77 Cost., comma 2”; deduce altresì “Eccezione di incostituzionalità del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, in relazione agli artt. 3,24 e 111 Cost. e art. 6 CEDU, art. 117 Cost. e contrarie alle Direttive 2005/85/CE e 2013/32/UE”. Il ricorrente chiede di sollevare questione di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, introdotto dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g), in relazione ai seguenti profili: 1) l’adozione del rito camerale e l’eliminazione del grado d’appello, per la violazione degli artt. 3,24,111 Cost., nonchè in relazione all’art. 46 par. 3 della direttiva 32/2013 ed agli artt. 6 e 13CEDU; 2) la mancanza del requisito di straordinarietà ed urgenza per violazione dell’art. 77 Cost..

2. Con le ordinanze n. 17717/2018 e n. 28119/2018 questa Corte ha ritenuto manifestamente infondate tutte le questioni di illegittimità costituzionale che il ricorrente ripropone. Le argomentazioni di cui alle citate ordinanze, da intendersi, per brevità, richiamate, sono integralmente condivise dal Collegio.

3. Con il primo motivo il ricorrente denuncia il vizio di cui all'”art. 360 c.p.c., n. 3, erronea o falsa applicazione delle norme di diritto di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 8″. Con il secondo motivo denuncia il vizio di cui all'”art. 360 c.p.c., n. 3, erronea o falsa applicazione delle norme di diritto di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 9″. Deduce che il Tribunale non ha acquisito tutti i documenti relativi alla procedura amministrativa, in violazione del citato art. 35 bis, comma 8, che prescrive l’obbligo in capo alla Commissione Territoriale di collaborare nell’istruttoria. Tale violazione ha compromesso, ad avviso del ricorrente, il suo diritto di difesa, dato che potrebbe trattarsi di documentazione decisiva, con riferimento alla denuncia dell’omicidio del fratello. Rileva che erano stati acquisiti solo il referto CUI, la memoria personale e il verbale delle dichiarazioni rese alla Commissione. Lamenta altresì che il Tribunale non abbia acquisito d’ufficio informazioni sul Paese di origine con particolare riferimento alla credibilità della sua vicenda personale, violando il dovere di cooperazione istruttoria, come da giurisprudenza che richiama. Si duole della mancata acquisizione delle COI e dell’omessa pronuncia sulla sua domanda di protezione sussidiaria, precisando che si tratta dell’oggetto del terzo motivo di ricorso.

4. Con il terzo motivo lamenta “art. 360, n. 3: violazione palese della norma di diritto cui all’art. 112 c.p.c.”. Denuncia il vizio di omessa pronuncia sulla domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), che aveva proposto in primo grado, evidenziando l’insicurezza del Paese di origine e il verificarsi di efferati episodi di violenza terroristica da parte dell’organizzazione “Jamaat ud dawa”.

5. Con il quarto motivo lamenta “art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5, erronea o falsa applicazione delle norme di diritto di cui al D.Lgs. 251 del 2007, art. 3”. Con il quinto motivo lamenta “art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5, erronea o falsa applicazione delle norme di diritto di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14”. Censura il ricorrente la valutazione di non credibilità della vicenda personale dallo stesso narrata, assumendo trattarsi di giudizio soggettivo ed arbitrario del Tribunale, in violazione del dovere di cooperazione istruttoria. I Giudici di merito, quanto alle elezioni del 2016 e alla mancanza del nome di sua sorella tra i candidati, si erano limitati a richiamare un sito internet, senza acquisire informazioni dall’ambasciata italiana a Islamabad e senza verificare l’esistenza e l’operatività dell’organizzazione “Jamaat ud dawa”. In ordine alle contraddizioni rilevate dai Giudici di merito nel suo racconto, deduce che le stesse possono essere associate a condizioni soggettive od oggettive, quali limiti della memoria umana, l’impatto del trauma, il disorientamento, l’ansia e la paura, richiama la giurisprudenza di questa Corte e censura il decreto impugnato per violazione del principio dell’onere probatorio attenuato a suo carico.

6. Con il sesto motivo lamenta “violazione, rilevante ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, art. 19, comma 1, art. 10 Cost., comma 3, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 32, comma 3, art. 6 par. 4 direttiva comunitaria n. 115/2008”. Deduce che il Tribunale ha omesso di considerare, nella valutazione di vulnerabilità, il benessere generale della persona, ad avviso del ricorrente rientrante nel concetto di salute. Rimarca che, in caso di rimpatrio, sarebbe esposto a chiara emarginazione sociale e familiare e lamenta la mancata considerazione della situazione del Paese e della Regione di origine in punto istruzione, sanità, sicurezza pubblica e sociale e in generale sulla tutela dei diritti umani fondamentali.

7. I motivi primo, secondo, quarto e quinto, che possono esaminarsi congiuntamente per la loro connessione in quanto le censure involgono, sotto distinti ma collegati profili, il giudizio di credibilità della vicenda personale narrata dal ricorrente, sono in parte infondati e in parte inammissibili.

7.1. Il ricorrente si duole della mancata acquisizione di documenti depositati nella fase amministrativa, ed assume che “potrebbe trattarsi di documenti decisivi” (pag. n. 17 ricorso). L’unico documento di cui il ricorrente precisa l’oggetto è quello relativo alla denuncia di omicidio di suo fratello, e tuttavia il ricorrente non si confronta con la motivazione espressa al riguardo dal Tribunale, che ha rilevato la palese incongruenza rispetto al narrato delle risultanze del certificato medico esaminato (autopsia del fratello), da cui emergeva che lo stesso fratello era morto per cause naturali. Inoltre il Tribunale ha escluso, con motivazione idonea (Cass. S.U. n. 8053/2014), la credibilità della vicenda narrata, cercando riscontri esterni e oggettivi al racconto del ricorrente mediante la consultazione delle fonti di conoscenza indicate nel decreto e non rinvenendoli (pag. 2 e 3 decreto; la sorella non risulta tra gli eletti alle elezioni del 2016).

Anche in ordine a tale accertamento fattuale il ricorrente da un lato si duole della mancata attivazione dei poteri istruttori ufficiosi, che invece il Tribunale ha in concreto esercitato, e dall’altro contesta genericamente l’attendibilità della fonte indicata nel decreto, senza minimamente allegare in base a quale altra fonte, oppure in base a quali altri elementi risultino circostanze diverse su quello specifico fatto (elezione della sorella nel 2016).

7.2. E’ infondata la doglianza sulla mancata attivazione del potere ufficioso in ordine al danno D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. b), prospettato dal ricorrente con riferimento alle minacce e persecuzioni asseritamente ricevute dall’organizzazione “Jamaat ud dawa” e sempre in collegamento con le vicende politiche della sorella. Secondo l’orientamento di questa Corte, una volta esclusa dal Giudice territoriale, con apprezzamento di fatto incensurabile e con motivazione adeguata, la credibilità delle vicende personali narrate, non ricorrono i presupposti per il riconoscimento del rifugio politico e della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. cit., art. 14, lett. a) e lett. b), in cui rileva, se pure in diverso grado, la personalizzazione del rischio oggetto di accertamento (cfr. Cass. n. 6503/2014; Cass. n. 16275/2018). Non vi è infatti ragione di attivare i poteri di istruzione officiosa se questi sono finalizzati alla verifica di fatti o situazioni di carattere generale che, in ragione della non credibilità della narrazione del richiedente, non è possibile poi rapportare alla vicenda personale di questo (Cass. n. 16925/2018 e Cass. n. 14283/2019).

8. il terzo motivo è fondato nel senso di seguito precisato.

8.1. Il Tribunale non si è pronunciato sulla domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. C), proposta nel ricorso di primo grado, nè, con riferimento ai presupposti per il riconoscimento di quella domanda, ha esaminato la situazione generale del Paese e della regione di provenienza del richiedente (Punjab) ed acquisito informazioni in base alle fonti di conoscenza privilegiate.

Nella sintetica esposizione in fatto di cui al decreto impugnato si dà, peraltro, atto che il ricorrente allegava la particolare situazione di insicurezza ed instabilità politica ed economica (pag. 2) del Pakistan, e tuttavia il Tribunale, solo a pag.4 del decreto e solo con riferimento alla protezione umanitaria, senza indicare fonti di conoscenza, si limita ad affermare che “il Pakistan non rientra certamente in quei Paesi, quali alcuni dell’Africa subsahariana, in cui non sono garantiti standard minimi di sopravvivenza”.

Questa Corte ha chiarito, esprimendo un orientamento a cui il Collegio intende dare continuità, che in tema di protezione sussidiaria dello straniero, ai fini dell’accertamento della fondatezza di una domanda proposta sulla base del pericolo di danno di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), (violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato determinativa di minaccia grave alla vita o alla persona), una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, il giudice del merito è tenuto, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, a cooperare nell’accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul Paese di origine del richiedente. Al fine di ritenere adempiuto tale onere, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass. n. 11312/19).

Ricorre, pertanto, nei termini precisati, il vizio denunciato con il terzo motivo, restando assorbito il sesto, che concerne la protezione “minore”.

9. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il terzo motivo merita accoglimento nel senso precisato, assorbito il sesto e rigettati gli altri motivi, con la cassazione del decreto impugnato nei limiti del motivo accolto e rinvio al Tribunale di Trieste, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie nei sensi di cui in motivazione il terzo motivo, assorbito il sesto e rigettati gli altri motivi, cassa il decreto impugnato nei limiti del motivo accolto e rinvia al Tribunale di Trieste, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione Civile, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

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