Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12149 del 07/05/2021

Cassazione civile sez. un., 07/05/2021, (ud. 03/11/2020, dep. 07/05/2021), n.12149

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente di Sez. –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente di Sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30045/2019 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VITTORIA

COLONNA 39, presso lo studio dell’avvocato ANGELO BONETTA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIA FRANCESCA

LUCISANO;

– ricorrente –

contro

F.I.P. – FEDERAZIONE ITALIANA PALLACANESTRO, in persona del

Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

DELLE MILIZIE 106, presso lo studio dell’avvocato GUIDO VALORI, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLA MARIA ANGELA

VACCARO;

– controricorrente –

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n.

82046/2017 del TRIBUNALE di ROMA.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/11/2020 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale

ALESSANDRO PEPE, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte

dichiarino inammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione

con riguardo alle domande di annullamento della Delibera di

esclusione ovvero di reintegra del M. nella categoria arbitrale

di appartenenza, nonchè domande connesse e presupposte; dichiarino

la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con riguardo

alle domande di declaratoria di responsabilità e risarcimento danni

proposte da M.A..

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il sig. M.A. propone regolamento preventivo di giurisdizione ex art. 41 c.p.c., illustrato da memoria, in relazione a domanda pendente avanti al Tribunale di Roma proposta nei confronti della Federazione Italiana Pallacanestro – FIP di: a) accertamento e declaratoria dell'”illegittimità delle condotte della FIP… sfociate nell’esclusione… dalla categoria arbitrale di appartenenza A2 maschile e A1 femminile, disposta dal Consiglio Direttivo Arbitri, con Delib. 7 luglio 2016, n. 79… successivamente approvata dal Consiglio Federale della Federazione Italiana Pallacanestro – FIP, con Delib. 16 luglio 2016″; b) “annullamento delle predette Delibere ex artt. 23 e 24 c.c.”, con ordine “alla Federazione Italiana Pallacanestro – FIP… di reintegrare immediatamente il sig. M. nella categoria arbitrale di appartenenza A2 maschile e A1 femminile”; c) declaratoria della responsabilità contrattuale o extracontrattuale della Federazione “per le condotte discriminatorie… perpetrate dai propri esponenti, nei confronti del sig. M.”; d) condanna della Federazione “al pagamento di tutti i danni patrimoniali accertati”.

Resiste con controricorso la Federazione Italiana Pallacanestro – FIP.

Con requisitoria scritta del 17/2/2020 il P.G. presso la Corte Suprema di Cassazione ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso “con riguardo alle domande di annullamento della Delibera di esclusione ovvero di reintegra del M. nella categoria arbitrale di appartenenza, nonchè domande connesse e presupposte”, e la giurisdizione del giudice amministrativo “con riguardo alle domande di declaratoria di responsabilità e risarcimento danni proposte da M.A.”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorrente deduce che “la causa promossa… non investe una questione… tecnico-sportiva, bensì denuncia condotte illecite, rilevanti sia sul piano (para)contrattuale dei diritti del singolo associato verso la propria associazione, sia su quello aquiliano delle conseguenze di fatti dolosi offensivi ex se”, sicchè “si tratta di stabilire se una questione avente ad oggetto la responsabilità solidale ex art. 2049 ovvero ex artt. 1228 c.c., ascritta alla FIP per le condotte dolose discriminatorie di propri tesserati, in ritorsione alle critiche ricevute dall’attore in ordine alle modalità di gestione della Federazione, appartenga o meno alla nozione di questione tecnico-sportiva o di questione regolamentare o organizzativa volte a garantire la regolarità dei campionati”.

Precisa che le “ragioni della domanda… non investono solo un atto formale… ma colpiscono espressamente… fatti (la minaccia coram populo, l’esclusione de facto, l’alterazione dei giudizi per screditare l’attore) cioè una serie coordinata di condotte extra-ordinem non sussumibili nella nozione di “decisioni sportive”, perchè estranee alla gare ed ai campionati, ma relative alla specifica vicenda dell’associato quale aderente all’associazione degli arbitri, e censurate proprio perchè abusive e non sorrette, bensì al più solo seguite molti mesi dopo da una deliberazione formale”, in relazione ai quali la “presenza di un campionato federale era la mera cornice, priva di alcun collegamento con la decisione di un dirigente di dichiarare contro M. “chi si mette contro di me lo metto al muro””.

Lamenta che “al giudice amministrativo è precluso un rimedio ablativo dell’atto illegittimo ed è consentito solo il rimedio risarcitorio del danno”, sicchè “deriverebbe una diversità di trattamento, sul piano dei rimedi, per condotte certamente gravi, certamente lesive di prerogative della persona di rango costituzionale, senza alcuna giustificazione rispetto alla finalità pubblica della regolarità dei campionati sportivi”, atteso che nella specie “non si discute di un rigore negato o della mancata iscrizione ad un campionato, ma di un contegno discriminatorio”, e pertanto “il giudizio di bilanciamento fra contrapposti interessi costituzionali (tutela della persona e corretto svolgimento della pratica sportiva) non giustifica la diversità di trattamento, nè giustifica la possibilità che una condotta abusiva e lesiva si protragga senza possibilità per il singolo di ottenerne l’interruzione o la “rettifica””.

Conclude essere pertanto suo interesse, “ai sensi dell’art. 41 c.p.c., non essendo ancora intervenuta alcuna pronuncia di merito, far accertare la giurisdizione del giudice ordinario, ovvero, in stretto subordine e con economia di tempi, riassumere la causa innanzi al tribunale amministrativo del Lazio in forza della nota perpetuatio jurisdictionis”.

Va dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione in ordine alle suindicate domande sub a) e sub b); va dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo in relazione alle suindicate domande sub c) e sub d).

Come queste Sezioni Unite e la corte di legittimità costituzionale delle leggi hanno già avuto modo di affermare, l’ordinamento giuridico statuale riconosce e favorisce l'”autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale”, quale “articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale”, facente capo al C.I.O. (Comitato Olimpico Internazionale), e cioè l’articolazione italiana di un più ampio ordinamento autonomo avente una dimensione internazionale e una struttura organizzativa extra-statale (v. Corte Cost., 11/2/2011, n. 49), e all’ordinamento sportivo è riservata autonomia in tema di osservanza e applicazione delle regole tecniche nonchè sul piano disciplinare, ivi ricompresi l’accertamento e l’irrogazione delle sanzioni disciplinari sportive (v. Cass., Sez. Un., 13/12/2018, n. 32358).

Il giudice di costituzionalità delle leggi ha al riguardo sottolineato che, “nel quadro della struttura pluralista della Costituzione, orientata all’apertura dell’ordinamento dello Stato ad altri ordinamenti” (v. Corte Cost., 25/6/2019, n. 160), l'”ordinamento sportivo” è “uno dei più significativi ordinamenti autonomi” con i quali quello statale viene “a contatto”, imponendosi pertanto tra di essi una imprescindibile “actio finium regundorum” (v. Corte Cost., 11/2/2011, n. 49).

Nel porre in rilievo che “il sistema dell’organizzazione sportiva, in quanto tale e nelle sue diverse articolazioni organizzative e funzionali”, trova protezione nelle previsioni costituzionali che riconoscono e garantiscono i diritti dell’individuo, non solo come singolo, ma anche nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità (art. 2 Cost.) e che assicurano il diritto di associarsi liberamente per fini che non sono vietati al singolo dalla legge penale (art. 18), ha in proposito osservato che “eventuali collegamenti con l’ordinamento statale, allorchè i due ordinamenti entrino reciprocamente in contatto per intervento del legislatore statale, devono essere disciplinati tenendo conto dell’autonomia di quello sportivo e delle previsioni costituzionali in cui essa trova radice” (v. Corte Cost., 25/6/2019, n. 160).

Non ha mancato di sottolineare che, a tale stregua, se la “regolamentazione statale del sistema sportivo deve dunque mantenersi nei limiti di quanto risulta necessario al bilanciamento dell’autonomia del suo ordinamento con il rispetto delle altre garanzie costituzionali che possono venire in rilievo, fra le quali vi sono – per quanto qui interessa trattando della giustizia nell’ordinamento sportivo – il diritto di difesa e il principio di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale presidiati dagli artt. 24,103 e 113 Cost., la disciplina legislativa di meccanismi di collegamento, anche diretto, fra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento statale trova peraltro un limite nel “necessario rispetto dei principi e dei diritti costituzionali”, non potendo ammettersi “conseguenze costituzionalmente inaccettabili” (v. Corte Cost., 25/6/2019, n. 160).

In tale quadro, queste Sezioni Unite hanno posto in rilievo che nel dettare Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, il D.L. n. 220 del 2003, conv. con modif. nella L. n. 280 del 2003, all’art. 1 assicura l’autonomia dell’ordinamento sportivo e garantisce tutela giurisdizionale solo a quelle posizioni giuridiche soggettive che, pur legate con l’ordinamento sportivo, siano rilevanti per l’ordinamento statale; all’art. 2, devolve all’ordinamento sportivo (a) l’osservanza delle disposizioni regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni, (b) le condotte di rilievo disciplinare e l’irrogazione e applicazione delle relative sanzioni sportive, trattandosi del c.d. “vincolo sportivo”, in base al quale le società, le associazioni, gli affiliati e i tesserati hanno l’onere di adire, secondo statuti e regolamenti del C.O.N.I. e delle Federazioni, gli organismi di giustizia dell’ordinamento settoriale; all’art. 3 stabilisce che, una volta esauritisi i ricorsi interni alla giustizia sportiva -e fatta salva la giurisdizione ordinaria sui soli rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti- ogni altra vertenza su atti del C.O.N.I. e/o delle Federazioni sportive è disciplinata dal codice del processo amministrativo (v. Cass., Sez. Un., 13/12/2018, n. 32358).

E’ pertanto all’ordinamento sportivo riservata la disciplina delle questioni concernenti, oltre che l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie finalizzate a garantire il corretto svolgimento delle attività sportive – cioè di quelle che sono comunemente note come “regole tecniche”, anche “i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari” (v. Corte Cost., 11/2/2011, n. 49).

Anche il giudice di costituzionalità delle leggi ha riconosciuto la coesistenza allo stato di tre forme di tutela: a) giurisdizionale ordinaria, per i rapporti di carattere patrimoniale tra società, associazioni, atleti e tesserati; b) giustiziale interna in stretto ambito sportivo, per le questioni aventi ad oggetto le materie di cui all’art. 2 citato; c) giurisdizionale amministrativa, riguardo a tutto ciò che non concerne i rapporti patrimoniali tra soggetti sportivi e non rientra nella riserva di cognizione degli organi della giustizia sportiva; precisando che laddove il provvedimento federale o del C.O.N.I. incida anche su posizioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento statuale la domanda diretta non già alla caducazione dell’atto bensì unicamente al consequenziale ristoro del danno, deve essere proposta innanzi al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva (v. Cass., Sez. Un., 13/12/2018, n. 32358; Corte Cost., 11/2/2011, n. 49).

Nel porre in rilievo che nell’esercizio della sua discrezionalità ben può il legislatore prevedere un meccanismo di tutela anche solo risarcitorio-monetario (v. Corte Cost. n. 303 del 2011), purchè nel rispetto del “principio di ragionevolezza” (v. Corte Cost., 8/11/2018, n. 194), ha ulteriormente osservato che “il risarcimento rappresenta in linea generale una forma in sè non inadeguata di protezione delle posizioni dei soggetti colpiti dalle sanzioni sportive”, e che siffatta “scelta interpretativa, costituzionalmente orientata, si fonda su una valutazione di non irragionevolezza del bilanciamento effettuato dal legislatore, che ha escluso “la possibilità dell’intervento giurisdizionale maggiormente incidente sull’autonomia dell’ordinamento sportivo” (punto 4.5. del Considerato in diritto) e limitato l’intervento stesso alla sola tutela per equivalente di situazioni soggettive coinvolte in questioni nelle quali l’autonomia e la stabilità dei rapporti costituisce di regola dimensione prioritaria rispetto alla tutela reale in forma specifica, per il rilievo che i profili tecnici e disciplinari hanno nell’ambito del mondo sportivo. Ambito nel quale, invero, le regole proprie delle varie discipline e delle relative competizioni si sono formate autonomamente secondo gli sviluppi propri dei diversi settori e si connotano normalmente per un forte grado di specifica tecnicità che va per quanto possibile preservato” (v. Corte Cost., 25/6/2019, n. 160, che fa richiamo a Corte Cost., 11/2/2011, n. 49).

Anche queste Sezioni Unite, sottolineando che l’esclusione della tutela costitutiva di annullamento e la limitazione della protezione giurisdizionale al risarcimento per equivalente non costituiscono invero opzione sconosciuta al nostro ordinamento, corrispondendo anzi a tecnica di tutela assai diffusa e ritenuta pienamente legittima in numerosi e delicati comparti, tra i quali l’ambito lavoristico (v. Cass., Sez. Un., 13/12/2018, n. 32358), non hanno mancato di evidenziare la piena legittimità costituzionale – in riferimento sia all’art. 24 che agli artt. 103 e 113 Cost. – della previsione di una “diversificata modalità di tutela giurisdizionale” dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi limitata al “risarcimento del danno per equivalente”, con “esplicita esclusione della diretta giurisdizione sugli atti attraverso i quali sono (…) irrogate le sanzioni disciplinari”, comprendente la tutela reale degli interessi legittimi sui quali le sanzioni eventualmente incidano” e pertanto del “giudizio di annullamento” (v. Corte Cost., 11/2/2011, n. 49; v., analogamente, Corte Cost., 25/6/2019, n. 160).

Si è d’altro canto evidenziato come non vada invero “trascurato il rilievo che assume, nell’ambito di una vicenda connotata pubblicisticamente quale quella in esame, l’accertamento incidentale condotto dal giudice amministrativo sulla legittimità dell’atto, di cui anche gli organi dell’ordinamento sportivo non possono non tenere conto”, atteso che “il giudice amministrativo può comunque conoscere delle questioni disciplinari che riguardano diritti soggettivi o interessi legittimi, poichè l’esplicita riserva a favore della giustizia sportiva, se esclude il giudizio di annullamento, non intacca tuttavia la facoltà di chi ritenga di essere stato leso nelle sue posizioni soggettive, ivi comprese quelle di interesse legittimo, di agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno. A tali fini non opera infatti la riserva a favore della giustizia sportiva, davanti alla quale del resto la pretesa risarcitoria non potrebbe essere fatta valere” (così Corte Cost., 25/6/2019, n. 160).

Le regole dell’ordinamento sportivo, disciplinanti – come detto – l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie finalizzate a garantire il corretto svolgimento delle attività sportive (c.d. “regole tecniche”), nonchè i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari costituiscono dunque espressione dell’autonomia normativa interna delle Federazioni (quali associazioni aventi personalità giuridica di diritto privato: v. già Cass., Sez. Un., 23/3/2004, n. 5775), che non hanno rilevanza nell’ordinamento giuridico generale, o, meglio, hanno una rilevanza meramente mediata e limitata ai c.d. “controlimiti”, costituiti dai principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale e dai diritti umani, dagli “elementi identificativi ed irrinunciabili dell’ordinamento costituzionale, per ciò stessi sottratti anche alla revisione costituzionale (artt. 138 e 139 Cost.: così nella sentenza n. 1146 del 1988)” (così Corte Cost., 22/10/2014, n. 238), ovvero dai “diritti inalienabili della persona umana” (v. già Corte Cost., 21/4/1989, n. 232).

A tale stregua, le società, le associazioni, gli affiliati ed i tesserati – quali soggetti propri dell’ordinamento sportivo -, sono tenuti ad adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del Coni e delle Federazioni sportive indicate al D.Lgs. n. 242 del 1999, artt. 15 e 16, gli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ogniqualvolta vengano in rilievo controversie tecniche, riguardanti cioè il corretto svolgimento della prestazione agonistica e la regolarità della competizione (v. Cass., Sez. Un., 26/10/1989, n. 4399), ovvero controversie disciplinari, concernenti l’irrogazione nei loro confronti di provvedimenti di carattere punitivo (v. Cass., Sez. Un., 13/12/2018, n. 32358).

La generale irrilevanza per l’ordinamento statale delle regole dell’ordinamento sportivo e della loro violazione conduce infatti all’assenza di una tutela giurisdizionale statale, sicchè anche ove si invochi la tutela in forma specifica della rimozione della sanzione disciplinare le decisioni in base ad esse adottate dagli organi di giustizia sportiva, non costituendo espressione di potestà pubblica e non potendo essere considerate nemmeno alla stregua di decisioni amministrative, risultano collocate in un’area di normale non rilevanza o indifferenza per l’ordinamento statale (v. Cass., Sez. Un., 4/8/2010, n. 18052; Cass., Sez. Un., 23/3/2004, n. 5775).

Come il giudice della legittimità delle leggi ha avuto modo di osservare, nemmeno la prospettata qualificazione delle decisioni degli organi della giustizia sportiva come provvedimenti amministrativi propone invero nuovi e diversi profili di illegittimità, atteso che “la stessa sentenza n. 49 del 2011 non esclude che le sanzioni sportive possano ledere anche situazioni giuridiche aventi consistenza di interesse legittimo e ne colloca di conseguenza la tutela risarcitoria per equivalente nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo secondo quanto previsto dall’art. 133, comma 1, lett. z), dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 44, recante delega al Governo per il riordino del processo amministrativo)” (così Corte Cost., 25/6/2019, n. 160).

A tale stregua, come queste Sezioni Unite hanno al riguardo già avuto modo di affermare, relativamente alle controversie riservate alla cognizione degli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo vi è un difetto assoluto di giurisdizione in capo agli organi di giustizia dell’ordinamento statuale (v., con riferimento all’estromissione dall’attività di un arbitro decisa dalla Associazione Italiana Arbitri e dalla Federazione Gioco Calcio, Cass., Sez. Un., 4/8/2010, n. 18052. V. altresì Cass., Sez. Un., 24/7/2013, n. 17929; Cass., Sez. Un., 29/9/1997, n. 9550).

Ciò non significa assenza totale di tutela, bensì garanzia di una giustizia di tipo associativo secondo gli schemi del diritto privato (v. Cass., Sez. Un., 4/8/2010, n. 18052; Cass., Sez. Un., 23/3/2004, n. 5775), con salvezza – come detto – dei sopra segnalati limiti del “necessario rispetto dei principi e dei diritti costituzionali” e delle “conseguenze costituzionalmente inaccettabili” (così Corte Cost., 25/6/2019, n. 160), come in ipotesi di provvedimento abnorme (cfr. Cass., Sez. Un., 24/9/2010, n. 20159) connotato da abuso o mero arbitrio.

D’altro canto, gli organi di giustizia interni di autonomi ordinamenti (non solo gli organi di giustizia sportivi, ma, ad es., anche quelli di autodichia del Parlamento), pur non essendo giudici speciali ex art. 102 Cost. e non costituendo i loro provvedimenti oggetto di sindacato di legittimità ex art. 111 Cost., comma 7, svolgono invero un’attività obiettivamente giurisdizionale (cfr. Cass., Sez. Un., 27/1/2020, n. 1720; Cass., Sez. Un., 8/7/2019, n. 18266; Cass., Sez. Un., 8/7/2019, n. 18265).

Va pertanto ribadita l’ammissibilità del ricorso a uno strumento di carattere non impugnatorio quale il regolamento preventivo di giurisdizione, volto a verificare il fondamento costituzionale per l’esercizio del potere decisorio da parte dei predetti organi, e quindi ad accertare se esiste un giudice del rapporto controverso o se quel rapporto debba ricevere una definitiva regolamentazione domestica, ben potendo farsi ad esso ricorso anche dalla stessa parte che come nella specie ha scelto il giudice allorquando, alla stregua della natura della controversia e delle deduzioni del convenuto, sussista l’eventualità che detto giudice possa declinare la giurisdizione, rendendo inutile l’attività processuale già svolta e frustrando l’attuazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo (cfr. Cass., Sez. Un., 27/1/2020, n. 1720; Cass., Sez. Un., 8/7/2019, n. 18266; Cass., Sez. Un., 8/7/2019, n. 18265), rispondendo invero a principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che la questione di giurisdizione può invero insorgere per un sopravveniente dubbio – spontaneo o provocato ex adverso – anche della stessa parte che ha proposto la domanda, la quale ben può pertanto proporre il regolamento ex art. 41 c.p.c. (v., da ultimo, Cass., Sez. Un., 5/7/2019, n. 18079; Cass., Sez. Un., 18/12/2018, n. 32727. E già Cass., Sez. Un., 6/4/1971, n. 1021).

Deve per altro verso ribadirsi che, ai sensi del D.L. n. 220 del 2003, art. 3, conv., con modif., nella L. n. 280 del 2003, anche dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 104 del 2010 (c.d. Codice del processo amministrativo, che all’art. 133, comma 1, lett. z), ha confermato il criterio di attribuzione della giurisdizione preesistente (v. Cass., Sez. Un., 19/10/2011, n. 21577, e conformemente, da ultimo, Cass., Sez. Un., 21/9/2020, n. 19666)) nonchè delle ulteriori modifiche apportate al citato art. 3 dalla L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 647 (v. Cass., Sez. Un., 23/2/2021, n. 4850, ove si precisa che tale norma è applicabile anche ai processi ed alle controversie già pendenti in forza del comma 650 del medesimo articolo), una volta esaurito il rispetto di eventuali clausole compromissorie, sia le controversie aventi ad oggetto l’impugnativa di atti del C.O.N.I. o delle Federazioni sportive nazionali – che si configurano come decisioni amministrative aventi rilevanza per l’ordinamento statale – sia le controversie introdotte dalla domanda di risarcimento del danno proposta nei confronti di queste ultime è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

In ordine alla tutela risarcitoria per equivalente non opera infatti alcuna riserva a favore della giustizia sportiva, e il giudice amministrativo ben può – in via incidentale e indiretta – conoscere delle sanzioni disciplinari, ove lesive di situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento statale (v. Cass., Sez. Un., 27/12/2018, n. 33536).

Orbene, nella specie l’odierno ricorrente ha – come detto – proposto avanti al giudice ordinario domanda nei confronti della Federazione Italiana Pallacanestro – FIP deducendo di voler ottenere tutela del “proprio diritto soggettivo a praticare l’attività sportiva senza essere discriminato per le critiche espresse al modus operandi della federazione cui appartiene”, per “far valere l’illegittimità della condotta discriminatoria attuata nei suoi confronti, anche mediante l’abuso delle regole interne alla FIP, in quanto lesiva dei suoi diritti promananti dagli artt. 2,3,18 e 21 Cost.”, in quanto “la vicenda per cui è causa appare in aperto contrasto con le fondamentali garanzie costituzionali, quali il diritto di ciascuno ad esplicare pienamente la propria personalità – come singolo e come membro di un’associazione -, il diritto a non essere discriminato, il diritto ad esprimere liberamente il proprio pensiero”, sicchè “non vengono dedotte in giudizio questioni tecnico-sportive” e il “settore sportivo in cui la FIP opera è una mera cornice”, non venendo “in immediata rilevanza alcun interesse pubblico alla erogazione del “servizio sportivo”” bensì la “violazione del diritto soggettivo perfetto”, cui “consegue il diritto al risarcimento dei danni”.

Deduce al riguardo che l’accertamento delle dedotte “condotte abusive è stato posto in rapporto strumentale alla tutela dei propri diritti soggettivi derivanti dal rapporto associativo-contrattuale, non all’interesse alla regolarità dei campionati sportivi o dell’azione della Federazione Italiana Pallacanestro delegatele dal Coni”, in quanto “denuncia in principalità la natura discriminatoria delle modalità con le quali si è concretizzato il rapporto associativo, mediante condotte commesse anche con abuso delle rispettive prerogative, ma estranee agli eventi sportivi e in violazione di suoi diritti ora di natura contrattuale, come associato di un’associazione di diritto privato, ora di natura costituzionale (artt. 2,3 e 18 Cost.)”, giacchè “non riconoscere il diritto alla reintegrazione in presenza di espulsioni abusive significa anche contraddire il principio democratico cui dovrebbero ispirarsi gli ordinamenti ed il funzionamento del Coni e delle Federazioni Sportive”, nè “appare ragionevole… lasciare la persona esposta ad un rimedio diverso da quello ordinario solo per consentire ad una associazione privata di proseguire gli abusi”.

In altri termini, nel sostenere che la controversia attiene non già a questione tecnico-sportiva bensì a condotte illecite asseritamente poste in essere da esponenti della FIP, di cui quest’ultima è responsabile ex artt. 1228 o 2049 c.c., ha proposto domanda di: a) accertamento e la declaratoria dell’illegittimità delle condotte della FIP sfociate nell’esclusione dalla categoria arbitrale A2 maschile e A1 femminile; b) annullamento delle relative delibere con ordine di reintegra nella categoria arbitrale; c) condanna della Federazione “al pagamento di tutti i danni patrimoniali accertati” in conseguenza delle “condotte discriminatorie” asseritamente “perpetrate” nei suoi confronti da “esponenti” della medesima.

Alla stregua di quanto sopra rilevato ed esposto emerge evidente come in ordine alle domande concernenti l’esclusione dalla categoria arbitrale e l’ordine di reintegra si verta invero in tema di sanzioni sportive, in ordine alle quali vi è difetto assoluto di giurisdizione degli organi di giustizia statuali; mentre relativamente alla domanda di risarcimento dei conseguentemente lamentati danni la giurisdizione spetta al giudice amministrativo, al quale, nell’ambito del prodromico accertamento incidenter tantum necessario ai fini della decisione sulla domanda portata alla sua cognizione, è rimessa ogni valutazione in merito ai provvedimenti e alle iniziative da adottare ove risulti in concreto acclarata la lamentata abusività dei provvedimenti e delle condotte discriminatorie riverberanti nella violazione dei diritti fondamentali asseritamente poste in essere nei suoi confronti, a fronte del delineato quadro normativo deponente per il difetto assoluto di giurisdizione al riguardo in capo agli organi di giustizia statuali.

Va pertanto dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione con riferimento alle domande di annullamento della Delibera di esclusione e di reintegra nella categoria arbitrale; va dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo in relazione alla domanda di accertamento e declaratoria della responsabilità civile della Federazione Italiana Pallacanestro – FIP “per le condotte discriminatorie… perpetrate dai propri esponenti, nei confronti del sig. M.” e di conseguente condanna della medesima al risarcimento dei danni dal medesimo lamentati.

Le ragioni della decisione costituiscono giusti motivi per disporsi la compensazione tra le parti delle spese di regolamento.

PQM

La Corte dichiara il difetto assoluto di giurisdizione in ordine alle domande di annullamento della delibera di esclusione e di reintegra nella categoria arbitrale; dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo in relazione alla domanda di accertamento e declaratoria della responsabilità civile della Federazione Italiana Pallacanestro – FIP e di conseguente condanna della medesima al risarcimento dei lamentati danni. Compensa tra le parti le spese di regolamento.

Così deciso in Roma, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2021

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