Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12146 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. I, 22/06/2020, (ud. 18/10/2019, dep. 22/06/2020), n.12146

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31962/2018 proposto da:

L.E., elettivamente domiciliato in Brescia, via Moretto, 70,

presso lo studio dell’avv. Luca Zuppelli, che lo difende come da

procura in atti;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1313/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 25/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/10/2019 da Dott. DE MARZO GIUSEPPE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza depositata il 25 luglio 2018 la Corte d’appello di Brescia ha rigettato l’appello proposto da L.E. avverso l’ordinanza con la quale il Tribunale di Brescia aveva rigettato le domande di protezione internazionale, di protezione sussidiaria e di protezione umanitaria proposte.

2. Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale ha osservato: a) che il racconto del L. era assolutamente inattendibile per i plurimi profili di incongruenza manifestati, quanto alle ragioni per le quali egli, elettricista, da sempre disinteressato ad attività agricole, ammesso pure che fosse stato minacciato per un terreno ereditato dal padre, non avesse preferito abbandonare il fondo, piuttosto che la moglie e i figli, lasciando il Paese; b) che la criminalità diffusa in Edo State non era tale da rivelare una situazione di conflitto armato.

3. Avverso tale sentenza nell’interesse di L., è stato proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. L’intimato Ministero non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (recte: 3), violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14 e dell’art. 5, comma 6, T.U. Immigr. (D.Lgs. n. 296 del 1998), per non avere la Corte territoriale preso atto della documentazione prodotta e delle dichiarazioni esistenti, come pure per non avere attivato i propri poteri officiosi.

La doglianza è inammissibile, per l’assoluta genericità di formulazione, che non si confronta in alcun modo con i plurimi profili di contraddittorietà del narrato del ricorrente sottolineati dalla sentenza impugnata.

2. Con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio.

Anche il secondo motivo è inammissibile per l’assoluta genericità di formulazione, che affastella massime giurisprudenziali e svolge considerazioni di carattere generale senza alcun concreto aggancio alla concreta vicenda oggetto del procedimento.

Peraltro, considerata la data di deposito della sentenza, viene in questione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv., con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (pubblicata nel S.O. n. 171, della Gazzetta Ufficiale 11 agosto 2012, n. 187), e applicabile, ai sensi del medesimo art. 54, comma 3, alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (al riguardo, va ricordato che, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della Legge di Conversione, quest’ultima è entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale).

Come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come novellato, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).

Il ricorso, per quanto detto, si colloca completamente al di fuori di siffatto perimetro.

3. Il ricorso va, in conclusione, dichiarato inammissibile. Non si provvede al regolamento delle spese, poichè l’intimato non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

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