Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12144 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. I, 22/06/2020, (ud. 11/10/2019, dep. 22/06/2020), n.12144

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13807/2018 proposto da:

U.I., elettivamente domiciliato in Roma c/o Corte di

Cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. Elisabetta Udassi, in

virtù di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAGLIARI, depositato il

21/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/10/2019 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Cagliari ha respinto il ricorso proposto da U.I. cittadino (OMISSIS), avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale sia come “rifugiato” che nella forma della protezione sussidiaria che di quella umanitaria.

Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di nove motivi di ricorso.

Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.P.R. n. 303 del 2004, art. 4, in riferimento agli artt. 24,97 e 111 Cost., nonchè dell’art. 10 Cost., in relazione all’art. 6 CEDU e dell’art. 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il provvedimento della Commissione territoriale risulta sottoscritto dal solo presidente; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.P.R. n. 303 del 2004, art. 4, in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., nonchè dell’art. 10 Cost., in relazione all’art. 6 CEDU e dell’art. 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè per vizio di omesso esame di un fatto decisivo, in quanto, il provvedimento impugnato non era stato tradotto in una lingua comprensibile dal destinatario, e, precisamente, era stato tradotto il dispositivo in lingua araba ma non la motivazione, con vulnus del diritto di difesa; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e) e art. 3 e della L. n. 39 del 1990, art. 1 e dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e per vizio di omesso esame di un fatto decisivo, perchè il tribunale non ha considerato il trattamento inumano e degradante cui il r.a. sarebbe sottoposto se incarcerato nel paese di provenienza; (iv) sotto un quarto profilo, per violazione dell’art. 10 Cost., comma 2 (rectius comma 3), in riferimento al D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 13, art. 6 della Dir. Cee n. 115/08, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e per vizio di omesso esame di un fatto decisivo, in quanto la Commissione non si è pronunciata sulla richiesta del diritto di asilo anche come parzialmente distinto rispetto allo status di rifugiato; (v) sotto un quinto profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 14 e 16, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e per vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in quanto, il tribunale non avrebbe ritenuto che nel caso di specie, sussistesse un’ipotesi di danno grave, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), derivante dai 7 anni di carcere che il ricorrente rischierebbe in caso di rimpatrio, mentre, il tribunale avrebbe esaminato solo l’ipotesi di cui del D.Lgs. n. 251 cit., art. 14, lett. c); (vi) sotto un sesto profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e dell’art. 6 comma 4 della Direttiva Cee 115/08, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè per vizio di omesso esame di un fatto decisivo, in quanto il ricorrente lamenta la violazione del principio di non refoulement; (vii) sotto un settimo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 32, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e per vizio di omesso esame di un fatto decisivo, per il mancato riconoscimento dei presupposti della protezione umanitaria; (viii) sotto un ottavo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, oltre al vizio di motivazione sulle denunciate violazioni di legge, per mancato riconoscimento dei presupposti della protezione sussidiaria nelle sue diverse ipotesi, con particolare riferimento al giudizio di non credibilità; (ix) sotto un nono profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per non avere la Commissione territoriale e il Tribunale esaminato la ricorrenza dei requisiti per la protezione umanitaria, ritenendo erroneamente, che l’assenza delle ragioni per il riconoscimento delle misure maggiori escludesse l’accesso a quella residuale.

In via preliminare e dirimente, il ricorso è inammissibile.

Secondo l’insegnamento di questa Corte “Nel ricorso per cassazione è essenziale il requisito, prescritto dall’art. 366 c.p.c., n. 3, dell’esposizione sommaria dei fatti sostanziali e processuali della vicenda, da effettuarsi necessariamente in modo sintetico, con la conseguenza che la relativa mancanza determina l’inammissibilità del ricorso, essendo la suddetta esposizione funzionale alla comprensione dei motivi nonchè alla verifica dell’ammissibilità, pertinenza e fondatezza delle censure proposte”(Cass. n. 10072/18).

Nel caso di specie, il ricorrente non ha ritenuto di far precedere ai motivi di ricorso una necessaria parte espositiva in senso sostanziale relativa alla vicenda del ricorrente che è completamente mancante, circostanza che non consente a questa Corte la comprensione degli stessi e la verifica della loro ammissibilità.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Dichiara il ricorso inammissibile.

Condanna il ricorrente a pagare all’amministrazione statale le spese di lite del presente giudizio, che liquida nell’importo di Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

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