Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12144 del 16/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 16/05/2017, (ud. 16/03/2017, dep.16/05/2017),  n. 12144

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 08527/2016 R.G. proposto da:

COMUNE DI TRINITAPOLI, C.F. (OMISSIS), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MAGNAGRECIA 13,

presso lo studio dell’avvocato SEBASTIANO DI LASCIO, rappresentato e

difeso dall’avvocato EGIZIANO DI LEO;

– ricorrente –

contro

C.G., da considerarsi, in difetto di elezione di

domicilio in Roma, domiciliato ex lege presso la CORTE DI CASSAZIONE

in ROMA, PIAZZA CAVOUR, rappresentato e difeso dall’avvocato

FRANCESCO MINNA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 515/2015 del TRIBUNALE di FOGGIA, depositata

il 09/03/2015;

udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 16/03/2017

dal Consigliere Dott. Franco DE STEFANO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

il Comune di Trinitapoli ricorre, affidandosi ad un motivo e con atto notificato a partire dal 31.3.16, per la cassazione della sentenza di primo grado, resa dal tribunale di Foggia il 9.3.15 col n. 515, l’appello avverso la quale è stato dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., dalla corte di appello di Bari con ordinanza 4.2.16 comunicata a mezzo p.e.c. in pari data: sentenza di primo grado con cui era stata accolta la domanda di C.G. di condanna di esso odierno ricorrente al risarcimento dei danni patiti dall’attore per lesioni patite per una caduta dovuta alle condizioni di una panchina nel parco comunale, quantificati in Euro 14.011,84, oltre interessi legali dalla pubblicazione della sentenza e spese di lite;

l’intimato resiste con controricorso;

è stata formulata proposta di definizione in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197;

il ricorrente deposita memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata;

l’unitario motivo – di “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2043 c.c.” – è inammissibile;

è evidente infatti che la ricostruzione del giudice di primo grado individua chiaramente le condizioni di cattiva manutenzione dei piedi della panchina quali causa del sinistro;

pertanto, la circostanza dell’assolutamente incolpevole impossibilità di provvedere tempestivamente a porvi rimedio doveva essere oggetto non solo di prova rigorosa ma anche di tempestiva deduzione ed allegazione da parte del custode della cosa o del danneggiante appunto in quella sede: ma nel ricorso per cassazione non si indica specificamente quando, nel corso del giudizio di primo grado, un simile determinante passaggio della tesi difensiva svolta nel ricorso – e che in memoria invero si ribadisce sarebbe stato concretamente sottoposto al giudice del merito;

eppure, qualora una determinata questione giuridica che implichi accertamenti di fatto non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (per limitarsi alle più recenti, v. Cass. Sez. U. 06/05/2016, n. 9138; tra le moltissime precedenti, v.: Cass. 02/04/2004, n. 6542; Cass. 10/05/2005, n. 9765; Cass. 12/07/2005, n. 14599; Cass. 11/01/2006, n. 230; Cass. 20/10/2006, n. 22540; Cass. 27/05/2010, n. 12992; Cass. 25/05/2011, n. 11471; Cass. 11/05/2012, n. 7295; Cass. 05/06/2012, n. 8992; Cass. 22/01/2013, n. 1435);

il ricorso – la cui lacuna non sarebbe stata emendabile (e nemmeno lo è stata, visto che la memoria correttamente si limita a ribadire la tesi in punto di diritto come elaborata in ricorso) con alcun atto successivo – va quindi dichiarato inammissibile e il ricorrente soccombente condannato alle spese del giudizio di legittimità in favore della controparte, pure dandosi atto mancando ogni discrezionalità al riguardo: Cass. 14/03/2014, n. 5955 – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale di questa.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente, in pers. del leg. rappr.nte p.t., al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, liquidate in Euro 3.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi ed oltre maggiorazione per spese generali ed accessori nella misura di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2017

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