Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12142 del 18/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 18/05/2010, (ud. 13/04/2010, dep. 18/05/2010), n.12142

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 27268/2008 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO ABITAZIONE GENOVA QUARTO – SOC. COOP.A R.L. IN LIQUIDAZIONE

COATTA AMMINISTRATIVA, in persona del Commissario liquidatore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO TROGO 21, presso lo

studio dell’avvocato CASANOVA STEFANIA, rappresentata e difesa

dall’avvocato TRAVAGLINO Giovanni, giusta procura speciale in calce

al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 79/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di GENOVA del 25/03/08, depositata il 02/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

è presente il P.G. in persona del Dott. RICCARDO FUZIO.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:

“Con sentenza del 2/7/2008 la Commissione Tributaria Regionale della Liguria accoglieva il gravame interposto dal contribuente Consorzio Abitazione Genova Quarto s.c.a.r.l. in l.c.a. nei confronti della pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Genova di parziale accoglimento dell’opposizione dal medesimo spiegata in relazione ad avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate Genova (OMISSIS) a titolo di I.V.A., I.R.P.E.G. ed I.R.A.P. per l’anno d’imposta 1999.

Avverso la suindicata sentenza del giudice dell’appello l’Agenzia delle entrate propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi.

Resiste con controricorso il Consorzio Abitazione Genova Quarto s.c.a.r.l. in l.c.a..

Con il 1^ motivo la ricorrente denunzia violazione del D.P.R. n. 601 del 1973, artt. 11 e 14, D.Lgs. n. 1577 del 1947, art. 26, D.L. n. 154 del 1989, art. 2, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2^ motivo denunzia insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorso dovrà essere ritenuto inammissibile in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366 bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

L’art. 366 bis c.p.c., dispone infatti che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilità, concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108)-, e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., deve comprendere l’indicazione sia della regula iuris adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo, sicchè la mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile, non potendo considerarsi in particolare sufficiente ed idonea la mera generica richiesta di accertamento della sussistenza della violazione di una norma di legge (da ultimo v. Cass., 28/5/2009, n. 12649).

Orbene, nel non osservare i requisiti richiesti dallo schema delineato in giurisprudenza di legittimità (cfr. in particolare Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), il quesito recato dal motivo di ricorso risulta formulato in termini tali da non consentire, in base alla loro sola lettura (v. Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433; Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., 7/4/2009, n. 8463), di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr. Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), nonchè di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), senza che essi debbano richiedere, per ottenere risposta, una scomposizione in più parti prive di connessione tra loro (cfr. Cass., 23/6/2008, n. 17064).

L’inidonea formulazione del quesito di diritto equivale invero alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463; Cass. Sez. un., 30/10/2008, n. 26020; Cass. Sez. un., 25/11/2008. n. 28054), (anche) in tal caso rimanendo invero vanificata la finalità di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (cfr., da ultimo, Cass. Sez. un., 10/9/2009, n. 19444).

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c., è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.

Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), senza sottacersi che nella specie il motivo risulta altresì formulato in violazione del principio di autosufficienza.

Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, va osservato che il ricorso non reca, in una parte del motivo ad essa specificamente destinata, autonomamente ed immediatamente individuabile (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002), la chiara indicazione che deve indefettibilmente compendiarsi nella sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366 bis c.p.c.) delle ragioni del denunziato vizio di motivazione, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, a fortiori non consentita in presenza di formulazione come sopra rilevato nella specie altresì carente di autosufficienza.

I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data ( 2 marzo 2006 ) di entrata in vigore del medesimo”;

atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;

rilevato che la ricorrente ha presentato memoria;

considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;

rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione, non infirmate dalle osservazioni esposte dalla ricorrente nella memoria, sostanziantesi nella doglianza circa l’eccessivamente formalistica interpretazione fornita da questa Corte in ordine ai requisiti di ammissibilità del ricorso introdotti dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, e nella dedotta sostanziale irrilevanza delle mancanze ed inidoneità evidenziate nella relazione, laddove come ivi indicato, quanto al 1^ motivo, manca invero la riassuntiva indicazione degli aspetti di fatto rilevanti, del modo in cui i giudici di merito li hanno risolti e della diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso avrebbe dovuto essere viceversa risolto, il quesito inammissibilmente risolvendosi nella mera richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità; e, quanto al 2^ motivo, manca il prescritto momento di sintesi nei termini delineati da questa Corte;

ritenuto che il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile;

considerato che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.100,00, di cui Euro 100,00 per spese vive, oltre a contributo unificato, spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2010

 

 

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