Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12141 del 14/06/2016


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Cassazione civile sez. III, 14/06/2016, (ud. 12/02/2016, dep. 14/06/2016), n.12141

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21343/2013 proposto da:

ALLIANZ SPA, (OMISSIS) in persona dei procuratori Dr.ssa

G.A. e Dr. C.A., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA PANAMA 88, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO

SPADAFORA, che la rappresenta e difende giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FIDELITAS S.P.A., società incorporante METRONOTTE CITTA’ DI

GENOVA SPA, in persona del Presidente e legale rappresentante Dott.

G.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA E. Q.

VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato MARIANNA RISTUCCIA,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE

FARAVELLI giusta procura speciale a margine del controricorso;

GENOVA PARCHEGGI S.P.A. in persona del legale rappresentante pro

tempore Amministratore Delegato G.C., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE LIBIA 4, presso lo studio dell’avvocato

ALESSANDRO GALIENA, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato LEOPOLDO CONTI giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

e contro

REALE MUTUA ASSICURAZIONI SPA, SASA ASSICURAZIONI RIASSICURAZIONI

SPA, COOPERATIVA COMBATTENTI DI GUARDIANAGGIO A RL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 382/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 19/03/2013, R.G.N. 594/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/02/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;

udito l’Avvocato MARIA LETIZIA SPASARI per delega;

udito l’Avvocato ALESSANDRO GALIENA;

udito l’Avvocato MARIANNA RISTUCCIA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso e

condanna alle spese.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La s.p.a. RAS convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Genova, la s.p.a. Genova parcheggi affinchè fosse condannata a restituirle, ai sensi dell’art. 1916 c.c., la somma di Lire 125 milioni che l’attrice aveva versato all’Azienda mobilità e trasporti di Genova (d’ora in poi AMT) a titolo di risarcimento dei danni conseguenti all’incendio di due autobus di proprietà di quest’ultima.

A sostegno della domanda espose che l’AMT aveva stipulato un contratto con la società Genova parcheggi per poter ricoverare alcuni propri autobus in un piazzale cittadino di proprietà comunale, dato in gestione alla società convenuta e che in quell’area si era verificato l’incendio che aveva distrutto i due automezzi.

Si costituì in giudizio la società Genova parcheggi, contestando la qualificazione del contratto in termini di deposito con conseguente obbligo di custodia e chiedendo di poter chiamare in causa la propria società di assicurazione, la Reale mutua, e la società Metronotte città di Genova, alla quale aveva affidato il compito di custodire il piazzale. Quest’ultima, nel costituirsi, chiamò a sua volta in giudizio la propria società di assicurazione e la cooperativa alla quale aveva in parte subappaltato il servizio.

Espletata prova per interrogatorio e per testi ed acquisiti documenti, il Tribunale accolse la domanda e condannò la società Genova parcheggi al risarcimento del danno, accolse la domanda di manleva proposta dalla medesima e respinse le altre domande proposte contro le altre parti in causa, regolando le spese.

2. La pronuncia è stata appellata dalla s.p.a. Genova parcheggi e la Corte d’appello di Genova, con sentenza del 19 marzo 2013, in totale riforma di quella del Tribunale, ha respinto la domanda della s.p.a. RAS, ha ritenuto di non dover pronunciare sulle domande di manleva ed ha condannato la società RAS al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

Ha osservato la Corte territoriale che la decisione di primo grado si fondava sulla convinzione che le parti avessero stipulato un contratto atipico di parcheggio, assimilabile a quello di deposito, con conseguente obbligo per il depositario di custodire la cosa e restituirla nel medesimo stato in cui le era stata consegnata.

Ad avviso della Corte, invece, risultava dagli atti che l’AMT aveva chiesto al Comune di Genova ed alla società Genova parcheggi, con una lettera del 22 giugno 1998, la disponibilità di un’area esterna dove collocare i mezzi non utilizzati; dopo di che, una volta conclusa con la società Genova parcheggi una convenzione “non documentata”, l’AMT aveva chiesto a quest’ultima, con la successiva lettera del 10 luglio 1998, di svolgere un servizio straordinario di vigilanza notturna sull’area del parcheggio, tramite un piantonamento fisso dalle ore 21 alle ore 7 e tre giri di ronda notturna. In considerazione delle modalità di svolgimento del servizio e dello scopo effettivo che le parti intendevano raggiungere, la Corte d’appello ha escluso che potesse nella specie considerare esistente un contratto di deposito. Richiamando la giurisprudenza di legittimità in materia, la Corte ligure ha osservato che non era dimostrata un’effettiva volontà della società Genova parcheggi di ricevere in consegna i mezzi, poichè il piazzale non era nè chiuso nè recintato, bensì delimitato solo dalla presenza di tognolini che non potevano impedire l’accesso agli estranei. Si trattava, in conclusione, “di un’area nuda messa a disposizione di AMT per il rimessaggio dei veicoli che erano stati lasciati chiusi”; l’unica prestazione ulteriore, costituita dalla sorveglianza notturna, non era di per sè idonea a dimostrare l’esistenza di un contratto di parcheggio, anche perchè il fatto che fosse una prestazione definita come “straordinaria” implicava soltanto che si trattava di una richiesta speciale dell’AMT, la quale esulava dal contenuto del contratto.

Ha concluso la Corte, quindi, nel senso che la società Genova parcheggi, seguendo le istruzioni ricevute, aveva agito, nella predisposizione del servizio di vigilanza appaltato ad altra società (la Metronotte città di Genova), come mandataria dell’AMT “se non addirittura come nuncius”, per cui non poteva essere ritenuta responsabile dell’insufficienza del servizio di vigilanza notturna “la cui organizzazione e predisposizione era stata assunta in proprio da AMT”. Nè a diversa conclusione poteva pervenirsi analizzando la natura del rapporto di concessione dell’area dov’era avvenuto l’incendio, poichè non si era, nella specie, in presenza di un’area di parcheggio pubblico, bensì “di un contratto speciale, concluso tra AMT e Genova parcheggi col beneplacito del Comune”; sicchè era soltanto dall’accordo intercorso tra le parti che poteva essere dedotto il contenuto dei rispettivi obblighi.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Genova propone ricorso l’Allianz s.p.a., già RAS s.p.a., con atto affidato a tre motivi.

Resistono con separati controricorsi la s.p.a. Genova parcheggi e la Fidelitas s.p.a., quest’ultima nella qualità di società incorporante la s.p.a. Metronotte città di Genova.

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., commi 1 e 2, artt. 1363, 1366, 1766, 1768 e 1770 c.c., oltre ad omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Rileva la società ricorrente che la sentenza impugnata avrebbe errato nell’interpretazione della volontà comune dei contraenti;

dall’esame delle due lettere inviate dall’AMT alla società Genova parcheggi ed al Comune di Genova emergerebbe, infatti, la necessità di una qualificazione giuridica diversa del contratto, quale contratto nel quale era previsto l’obbligo di custodia, almeno durante le ore notturne. Coerenti in tal senso sarebbero sia la previsione di un servizio di vigilanza durante la notte sia le prove orali assunte – le cui deposizioni vengono trascritte nel ricorso –

mentre non sarebbe configurabile un contratto di locazione dell’area adibita a parcheggio.

1.1. Il motivo non è fondato.

E’ il caso di ricordare che questa Corte, con giurisprudenza costante, ha in più occasioni ribadito che l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un’attività riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione (v., tra le tante, le sentenze 22 febbraio 2007, n. 4178, 30 aprile 2010, n. 10554, e 10 febbraio 2015, n. 2465). Ciò comporta che “deve essere ritenuta inammissibile ogni critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca nella sola prospettazione di una diversa valutazione ricostruttiva degli stessi elementi di fatto da quegli esaminati” (sentenza n. 2465 del 2015 cit.), ovvero nel semplice tentativo di ottenere da questa Corte l’adozione di una diversa interpretazione del contratto, evidentemente più gradita o comunque favorevole alla parte che la prospetta. La censura sull’interpretazione del contratto, in altri termini, non può risolversi nel tentativo indebito di ottenere il recepimento della propria interpretazione, ancorchè astrattamente possibile e ragionevole.

Nel caso in esame la Corte d’appello – dopo aver premesso che l’AMT aveva concluso con la società Genova parcheggi una convenzione “non documentata” – ha aggiunto che non poteva ritenersi stipulato un contratto di deposito, con conseguente insorgenza della responsabilità ex recepto; pertanto, interpretando la volontà delle parti quale era desumibile dal carteggio fra le stesse intercorso ed esaminando le modalità di organizzazione dell’attività di parcheggio nell’area in questione, ha riconosciuto che tra le parti era stato concluso un contratto nel quale veniva messa a disposizione dell’Azienda un’area nuda, allo scopo di consentire il rimessaggio dei mezzi destinati a rimanere fermi durante il periodo estivo (nel quale, com’è noto, si riducono le normali esigenze di trasporto cittadino). La Corte di merito ha dato anche conto del fatto che era stato previsto un servizio di sorveglianza notturna, ma ha spiegato che esso costituiva una “richiesta speciale” dell’Azienda, la quale esulava dal contenuto del contratto e non consentiva, per ciò solo, di ritenere stipulato un contratto di deposito con conseguente obbligo di custodia; ed ha pure precisato che la società Genova parcheggi, nell’appaltare il servizio di vigilanza, non aveva assunto in proprio alcuna responsabilità.

Si tratta, come bene si intuisce, di una ricostruzione motivata, priva di contraddizioni logiche e giuridiche, tale da non consentire che si pervenga in questa sede ad una diversa qualificazione, che imporrebbe una nuova valutazione delle lettere che le parti si sono inviate e delle deposizioni testimoniali acquisite; documenti e testimonianze che, non a caso, l’odierna società ricorrente riporta nel ricorso, con trascrizione pressochè integrale, ma che non per questo possono essere diversamente interpretate dal giudice di legittimità.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti.

Rileva la società ricorrente che la Corte d’appello avrebbe valutato in modo non corretto la previsione di un servizio straordinario di vigilanza che l’AMT aveva richiesto alla società Genova parcheggi, previsione che è indicativa di una volontà di custodia da parte di quest’ultima società.

2.1. Il motivo è inammissibile.

Il presente ricorso, infatti, ha ad oggetto una sentenza pubblicata in data 19 marzo 2013 e, come tale, soggetta al regime del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nel testo introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modifiche, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, secondo cui è configurabile il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

La censura, in parte ripetitiva di quella contenuta nel motivo precedente, non mette in luce l’esistenza di una effettiva omissione da parte della Corte d’appello, ma torna a porre all’esame di questa Corte la valutazione di uno specifico elemento – ossia la predisposizione di un servizio di custodia da parte della società Genova parcheggi – tenuto in considerazione e valutato dalla Corte d’appello. In tal modo la censura, oltre a sollecitare in questa sede una nuova e non consentita valutazione del merito, risulta inammissibile in base ai criteri indicati dalla sentenza 7 aprile 2014, n. 8053, delle Sezioni Unite di questa Corte.

3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 1766, 1768 e 1770 c.c..

Osserva la società ricorrente che la Corte d’appello non si sarebbe soffermata in modo adeguato sulla ricostruzione dei titoli giuridici in base ai quali la società Genova parcheggi deteneva l’area in questione. In particolare, dall’esame delle delibere del Comune di Genova riportate nel motivo si dovrebbe dedurre che obiettivo del Comune era quello di concedere l’area pubblica per la costituzione di parcheggi anche a pagamento; e la previsione, successiva ai fatti di causa, per cui la custodia doveva ritenersi esclusa costituiva dimostrazione indiretta della diversità di regime nel periodo anteriore.

3.1. Il motivo non è fondato.

Si osserva, innanzitutto, che esso contiene dei profili di probabile novità, in quanto pone all’esame della Corte una questione di interpretazione e valutazione di atti del Comune di Genova ma non dà conto del se e del come tale questione sia stata effettivamente posta all’esame del giudice di merito (il ricorso è formulato senza indicazioni sull’andamento del giudizio di merito e sulle questioni ivi dibattute).

Ad ogni modo, anche volendo accantonare simile rilievo preliminare, il Collegio non può che richiamare le considerazioni svolte in precedenza e ribadire che la sentenza in esame ha ricostruito in fatto la vicenda ed è pervenuta alla conclusione per cui la disciplina del rapporto di concessione sull’area in questione e l’esame delle Delib. della Giunta comunale in relazione alla gestione del servizio di parcheggio non consentivano di ritenere dimostrata l’esistenza di un contratto di parcheggio con applicazione delle norme sulla responsabilità da deposito. La sentenza ha aggiunto che la società Genova parcheggi aveva concluso una convenzione con l’AMT che aveva “un oggetto diverso dallo svolgimento di un servizio rivolto alla generalità degli utenti”, com’era confermato dal fatto che la società Genova parcheggi aveva anche rinunciato “al pagamento di un corrispettivo per l’utilizzo del suolo”. Il che comporta l’evidente inconferenza, nel caso in esame, del richiamo alla sentenza 28 giugno 2011, n. 14319, delle Sezioni Unite di questa Corte relativa alle aree di sosta a pagamento predisposte dai Comuni ai sensi dell’art. 7 C.d.S., comma 1, lett. f).

4. In conclusione, il ricorso è rigettato.

A tale esito segue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in conformità ai soli parametri introdotti dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55, sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali.

Sussistono inoltre le condizioni di cui del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate per ciascuno dei controricorrenti in complessivi Euro 5.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 12 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2016

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