Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12136 del 13/06/2016

Cassazione civile sez. VI, 13/06/2016, (ud. 24/05/2016, dep. 13/06/2016), n.12136

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARIENZO Rosa – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17850-2013 proposto da:

P.P., ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’Avvocato MICHELE ORLANDO, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE,

((OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore e

quale procuratore della Società di Cartolarizzazione dei Crediti

I.N.P.S. (S.C.C.I.) S.p.A. ((OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso unitamente dagli

Avvocati EMANUELE DE ROSE, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA

D’ALOISIO giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1358/2012 della CORTE D’APPELLO di CATANIA del

29/11/2012, depositata il 18/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/5/2016 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA;

udito l’Avvocato ANTONINO SGROI, difensore del controricorrente,

che si riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1 – Il Consigliere relatore, designato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato in cancelleria la seguente relazione ex artt. 380 bis e 375 c.p.c., ritualmente comunicata:

“Con sentenza resa in data 18 dicembre 2012, la Corte di appello di Catania, nel giudizio di impugnazione proposto da P.P., nei confronti dell’I.N.P.S., confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva solo in parte accolto le opposizioni (riunite) proposte dal P. contro l’ordinanza-ingiunzione n. 136/1995, notificatagli in data 17/6/1996 (con la quale era stata inflitta all’opponente la sanzione amministrativa di lire 2.430.000 in relazione ad omissioni contributive nel periodo ricompreso tra 1’1/1/1986 e il 31/1/1995), e contro il decreto ingiuntivo n. 1333/1998, notificatogli in data 29/7/1998 (con il quale era stato chiesto il pagamento della somma di Lire 41.527.000 per contributi omessi e di Lire 108.564.080 per somme aggiuntive in relazione al medesimo periodo 1/1/1986-31/1/1995), rigettato l’opposizione avverso l’ordinanza-ingiunzione, revocato il decreto ingiuntivo e condannato l’opponente al pagamento della somma di Euro 19.113,04 oltre alle somme aggiuntive ed agli interessi di mora sino al saldo effettivo, come per legge. Riteneva la Corte territoriale: – che la notifica del verbale ispettivo (posto a base sia dell’ordinanza-ingiunzione sia del decreto ingiuntivo) avesse interrotto il termine di prescrizione;

che, vertendosi in materia di mancato adeguamento al c.d. minimale contributivo, il relativo accertamento di cui al suddetto verbale ispettivo avesse piena valenza probatoria; – che infondate fossero le doglianze mosse dall’appellante alla consulenza tecnica d’ufficio che aveva proceduto ad una rideterminazione del dovuto sulla base delle giornate contributive effettive.

Avverso tale sentenza P.P. propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo.

L’I.N.P.S. resiste con controricorso.

Con l’unico articolato motivo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione al rilievo attribuito dalla Corte territoriale agli accertamenti ispettivi nonchè violazione ed errata applicazione della L. n. 335 del 1995 sulla prescrizione dei crediti dell’I.N.P.S..

Il motivo presenta profili di inammissibilità ed è comunque manifestamente infondato.

La censura di vizio motivazionale così come prospettata suppone ancora esistente il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, trascurando la modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 5 disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b) convertito in L. n. 134 del 2012, applicabile, in base al comma 3 della medesima norma, alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione, e dunque dall’11/9/2012. Orbene, com’è noto, a seguito della indicata modifica legislativa che ha reso deducibile solo il vizio di omesso esame di un fatto decisivo che sia stato oggetto di discussione tra le parti, il controllo della motivazione è stato confinato sub specie nullittuis, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 il quale, a sua volta, ricorre solo nel caso di una sostanziale carenza del requisito di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4, configurabile solo nel caso di mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, di motivazione apparente, di contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e di motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibilè, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di `sufficienza della motivazione (cfr. Cass., Sez. un., n. 8053/14).

Nel caso in esame i fatti controversi da indagare (da non confondersi con la valutazione delle relative prove) sono stati manifestamente presi in esame dalla Corte territoriale; sicchè neppure potrebbe trattarsi di omesso esame, ma di accoglimento di una tesi diversa da quella sostenuta dall’odierno ricorrente.

La Corte territoriale, poi, lungi dall’applicare impropriamente la regola dell’onere delle prova ovvero dal considerare irregolarmente le fonti di prova sottoposte alla sua valutazione, ha ritenuto che gli esiti dell’accertamento svolto dagli ispettori dell’I.N.P.S., per la parte relativa a quanto direttamente riscontrato in sede di verifica, facesse piena prova.

Come è noto, il rapporto ispettivo dei funzionari dell’ente previdenziale, fa fede fino a querela di falso delle dichiarazioni in essi contenute e degli altri fatti che il pubblico ufficiale verbalizzante attesti essere avvenuti in sua presenza o essere stati da lui compiuti. mentre una fede privilegiata non può essere in alcun modo attribuita ai giudizi valutativi che esulano dall’efficacia probatoria propria dell’atto pubblico e che, di conseguenza, possono essere soltanto liberamente valutati dal giudice di merito, il quale, in assenza di seria prova contraria, che valga ad inficiarne l’attendibilità, può anche fondare interamente su di essi la propria decisione – cfr. ex plurimis Cass. 6 settembre 2012, n. 14965. Nella specie, la Corte di merito ha applicato correttamente tali principi, rilevando che il verbale ispettivo costituiva piena prova, posto che i funzionari dell’Istituto avevano personalmente esaminato la documentazione aziendale, accertando, con riguardo ai periodi indicati nello stesso verbale, che non erano stati rispettati i minimi retributivi previsti dalla contrattazione collettiva di settore, con conseguente indebito conguaglio degli sgravi (cfr. in termini anche Cass. 7 novembre 2014, n. 23800).

Del tutto inconferente rispetto al decisum è, poi, la violazione della norma sulla prescrizione dei diritti pretesi dall’I.N.P.S.. La Corte territoriale ha, infatti, spiegato le ragioni della ritenuta infondatezza del rilievo dell’appellante secondo il quale, in mancanza di un atto interruttivo anteriore al 1996, sarebbe stato applicabile il termine di prescrizione decennale, rilevando che, al contrario, tale atto interruttivo esisteva ed era individuabile nella notifica del verbale di accertamento (si veda, peraltro, secondo quanto puntualmente precisato dall’Istituto controricorrente, la copia dell’avviso di ricevimento della raccomandata del 15/7/1995 allegata al verbale prodotto con la memoria difensiva di primo grado dell’I.N.P.S. del 16/12/1998).

In conclusione, si propone il rigetto del ricorso, con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5”.

2 – Non sono state depositate memorie ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

3 – Questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla giurisprudenza di legittimità in materia e che ricorra con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375 c.p.c., n. 5, per la definizione camerale del processo.

4 – In conclusione il ricorso va rigettato.

5 – La regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità segue la soccombenza.

6 – Il ricorso è stato notificato in data successiva a quella (31/1/2013) di entrata in vigore della legge di stabilità del 2013 (L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), che ha integrato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, aggiungendovi il comma 1 quater del seguente tenore: “Quando l’impugnazione, anche incidentale è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma art. 1 bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.

La suddetta condizione sussiste nel caso in esame.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’I.N.P.S., delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2016

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