Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12131 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. III, 22/06/2020, (ud. 04/03/2020, dep. 22/06/2020), n.12131

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27816/2019 proposto da:

S.M., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

MARIA DANIELA SACCHI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 985/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 05/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/03/2020 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

Fatto

RILEVATO

che,

S.M. cittadino (OMISSIS), ha chiesto alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis);

la Commissione Territoriale ha rigettato l’istanza;

avverso tale provvedimento S.M. ha proposto, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Milano, che l’ha rigettato con ordinanza in data 2/1/2018;

tale ordinanza, appellata dal S.M., è stata confermata dalla Corte d’appello di Milano con sentenza in data 5/3/2019;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento delle forme di protezione internazionale invocate dal ricorrente, tenuto conto: 1) dell’assenza di attendibilità del relativo racconto; 2) dalla mancanza, nei territori di provenienza del ricorrente, di condizioni tali da integrare, di per sè, gli estremi di una situazione generalizzata di conflitto armato; 3) della insussistenza di un’effettiva situazione di vulnerabilità suscettibile di giustificare il riconoscimento dei presupposti per la c.d. protezione umanitaria;

la sentenza della Corte d’appello è stato impugnata per cassazione da S.M. con ricorso fondato su cinque motivi;

il Ministero dell’Interno, non costituito nei termini di legge con controricorso, ha depositato atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo, il ricorrente censura il provvedimento impugnato nella parte in cui ha ritenuto inattendibile il proprio racconto, trascurando l’esame delle circostanze analiticamente richiamate in ricorso;

il motivo è infondato;

osserva al riguardo il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero richiedente l’accertamento dei presupposti per la protezione internazionale, mentre costituisce, di regola, un apprezzamento di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice del merito, è censurabile in cassazione, sotto il profilo della violazione di legge, in tutti casi in cui la valutazione di attendibilità non sia stata condotta nel rispetto dei canoni legalmente predisposti di valutazione della credibilità del dichiarante (così come formalmente descritti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5);

detta valutazione di credibilità deve ritenersi altresì censurabile, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549-01);

nel caso di specie, fermo l’oggettivo rilievo della congruità logica del discorso giustificativo articolato nel provvedimento impugnato, varrà considerare come il ricorrente abbia propriamente trascurato di circostanziare gli aspetti dell’asserita decisività della mancata considerazione, da parte della corte territoriale, delle occorrenze di fatto asseritamente dalla stessa trascurate (con particolare riferimento all’insieme delle circostanze indicate in ricorso), e che avrebbero al contrario (in ipotesi) condotto a una sicura diversa risoluzione dell’odierna controversia;

osserva il Collegio, al riguardo, come, attraverso le odierne censure, il ricorrente altro non prospetti se non una rilettura nel merito dei fatti di causa secondo il proprio soggettivo punto di vista, in coerenza ai tratti di un’operazione critica come tale inammissibilmente prospettata in questa sede di legittimità, dovendo in ogni caso ritenersi che la motivazione dettata dal giudice a quo a fondamento della decisione impugnata sia (non solo esistente, bensì anche) articolata in modo tale da permettere di ricostruirne e comprenderne agevolmente il percorso logico, avendo giudice a quo dato conto, in termini lineari e logicamente coerenti, dei contenuti ascrivibili al racconto dell’odierno ricorrente e del grado della relativa attendibilità in conformità ai parametri di valutazione legalmente stabiliti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e sulla base di criteri interpretativi e valutativi dotati di piena ragionevolezza e congruità logica;

l’iter argomentativo compendiato dal giudice a quo sulla base di tali premesse è pertanto valso a integrare gli estremi di un discorso giustificativo logicamente lineare e comprensibile, elaborato nel pieno rispetto dei canoni di correttezza giuridica e di congruità logica, come tale del tutto idoneo a sottrarsi alle censure in questa sede illustrate dal ricorrente;

col secondo e il terzo motivo, il ricorrente si duole del mancato riconoscimento, da parte della corte territoriale, dei gravi e concreti rischi per la propria incolumità in caso di rimpatrio, lamentando altresì la violazione, da parte del giudice a quo, del c.d. dovere di cooperazione istruttoria in relazione alla proposta domanda di protezione sussidiaria; il secondo e il terzo motivo sono inammissibili;

osserva il Collegio come, sulla base del consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, in tema di protezione internazionale, l’attenuazione del principio dispositivo derivante dalla “cooperazione istruttoria”, cui il giudice del merito è tenuto, non riguarda il versante dell’allegazione, che anzi deve essere adeguatamente circostanziata, ma la prova, con la conseguenza che l’effettiva osservanza degli oneri di allegazione si ripercuote sulla verifica della fondatezza della domanda (Sez. 1, Sentenza n. 3016 del 31/01/2019, Rv. 652422-01; Sez. 6-1, Ordinanza n. 27336 del 29/10/2018, Rv. 651146-01);

nel caso di specie, la corte territoriale ha evidenziato come l’odierno ricorrente, al di là della ritenuta non credibilità del relativo racconto di vita, ha del tutto omesso di fornire gli elementi di fatto suscettibili di sostanziare i presupposti concreti della domanda di protezione sussidiaria invocata, nella specie concretamente avanzata in relazione a presupposti di fatto del tutto estranei a quelli previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14;

sotto altro profilo, con riguardo alla misura della protezione internazionale sussidiaria, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ove il richiedente invochi l’esistenza di uno stato di diffusa e indiscriminata violenza nel Paese d’origine tale da attingerlo qualora debba farvi rientro, e quindi senza necessità di deduzione di un rischio individualizzato, l’attenuazione del principio dispositivo, cui si correla l’attivazione dei poteri officiosi integrativi del giudice del merito, opera esclusivamente sul versante della prova, non su quello dell’allegazione; ne consegue che il ricorso per cassazione deve allegare il motivo che, coltivato in appello secondo il canone della specificità della critica difensiva ex art. 342 c.p.c., sia stato in tesi erroneamente disatteso, restando altrimenti precluso l’esercizio del controllo demandato alla S.C. anche in ordine alla mancata attivazione dei detti poteri istruttori officiosi (Sez. 1, Ordinanza n. 13403 del 17/05/2019, Rv. 654166-01);

nel caso di specie, il giudice d’appello ha espressamente evidenziato come l'(allora) appellante avesse costantemente dichiarato, davanti alla Commissione territoriale e ancora davanti alla stessa corte d’appello, che il motivo del relativo espatrio dal Ghana dovesse essere ricondotto esclusivamente a ragioni di carattere privatistico, con la conseguente esclusione del ricorso di motivi idonei a esporlo a un pericolo diretto, immediato e indiscriminato, a carico della propria incolumità personale;

la decisione del giudice a quo, pertanto, deve ritenersi assunta sul presupposto della radicale carenza di allegazione, da parte del ricorrente, di fatti idonei a integrare i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria rivendicata: motivazione non adeguatamente contraddetta attraverso l’impugnazione proposta in questa sede, genericamente limitata all’astratta deduzione di pretesi pericoli connessi al rimpatrio, in nessun modo correlati ai particolari contenuti della domanda di protezione dallo stesso ricorrente costantemente allegati e dedotti;

col quarto motivo il ricorrente censura il provvedimento impugnato nella parte in cui ha rigettato la sua domanda di protezione umanitaria, senza tenere conto del percorso di integrazione da lui intrapreso nel nostro Paese;

con il quinto motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata, per non avere la corte territoriale riconosciuto, in favore dell’istante, il beneficio dell’ammissione al richiesto patrocinio a spese dello Stato, con la conseguente condanna alle spese di lite;

il quarto motivo è fondato, e suscettibile di assorbire la rilevanza del quinto;

al riguardo, osserva il Collegio come, secondo l’interpretazione fatta propria dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto in Italia, isolatamente ed astrattamente considerato (Sez. U, Sentenza n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062-02);

peraltro, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicchè il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente (Sez. 1, Ordinanza n. 13897 del 22/05/2019, Rv. 654174-01);

nel caso di specie, il giudice a quo, dopo aver escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento delle altre protezioni internazionali, si è limitato a richiamare le ragioni indicate a fondamento di detta decisione anche ai fini del rigetto della domanda di riconoscimento della protezione umanitaria, sottraendosi totalmente all’esame della condizione personale del richiedente sotto il profilo dell’avvenuta integrazione nel tessuto socio-economico italiano, nonchè all’analisi della situazione economico-sociale del paese di provenienza, omettendo di individuare le specifiche fonti informative suscettibili di asseverare le proprie conclusioni, sì da escludere che il discorso giustificativo così sinteticamente elaborato valga a integrare gli estremi di una motivazione adeguata sul piano del c.d. “minimo costituzionale” con specifico riguardo al tema della vulnerabilità del richiedente in rapporto alla perdurante possibilità di godere del contenuto minimo essenziale dei propri diritti fondamentali anche in caso di rimpatrio;

sulla base di tali premesse, in accoglimento del quarto motivo (rigettato il primo, dichiarati inammissibile il secondo e il terzo e assorbito il quinto), dev’essere disposta la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con il conseguente rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il quarto motivo; rigetta il primo; dichiara inammissibili il secondo e il terzo; dichiara assorbito il quinto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 4 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

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