Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12130 del 03/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 03/06/2011, (ud. 01/02/2011, dep. 03/06/2011), n.12130

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26409/2006 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BAIAMONTI

2, presso lo studio dell’avvocato MAIELI ALESSANDRO, rappresentata e

difesa dall’avvocato CICCONE Alberto, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ROMETTA in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CAMMAROTO Nunzio,

giusta procura in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 220/2006 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 04/05/2006 r.g.n. 263/04;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

01/02/2011 dal Consigliere Dott. FILIPPO CURCURUTO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Il Comune di Rometta ha convenuto in giudizio P.G., sua ex dipendente, proponendo querela di falso della data e del numero di registro di protocollo di tre atti di messa in mora, inviati dalla P. al Comune nel 1974, nel 1978 e nel 1983, per il pagamento di differenze retributive ad essa spettanti a seguito di riconoscimento del servizio preruolo dal 1969 al 1983, in base ad una sentenza del Tar.

La P., costituitasi in giudizio, non ha contestato la falsità dei numeri di protocollo ma ha eccepito l’inammissibilità della querela sul rilievo che essa non si era avvalsa nè intendeva avvalersi degli atti falsificati e che questi comunque erano inidonei ad interrompere la prescrizione.

Il Tribunale, accogliendo la domanda, ha dichiarato la falsità degli atti impugnati condannando la convenuta alle spese.

La P. ha proposto appello censurando la statuizione di condanna alle spese sul rilievo che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto ammissibile la querela, visto che la falsità degli atti non era contestata e che comunque essi non erano utilizzabili come mezzi di prova in danno del Comune.

La Corte d’Appello di Messina respingeva il gravame.

Per quanto di rilievo, osservava anzitutto che, mirando la querela di falso ad ottenere certezza sulla genuinità di un documento ed a garantire quindi strumenti probatori affidabili, nel caso di querela proposta in via principale perchè sussista l’interesse ad agire basta l’esigenza di raggiungere tale certezza nei confronti di chi abbia mostrato di volersi avvalere delle false apparenze. Quindi, diversamente dal caso di querela proposta in via incidentale, l’ammissibilità della querela proposta in via principale non era condizionata da un giudizio di rilevanza, occorrendo solo accertare l’esistenza di una contestazione sulla genuinità del documento, l’intenzione della controparte di avvalersi di quest’ultimo, – o il fatto di essersene già avvalsa, e l’utilizzabilità del documento come mezzo di prova contro il querelante. Per contro, l’interesse ad agire non veniva meno per il fatto che in corso di causa la falsità fosse stata riconosciuta dal convenuto e che egli avesse dichiarato di non voler utilizzare il documento.

Ciò premesso, la Corte territoriale notava che nelle tre istanze dirette al Comune la P. aveva espressamente manifestato l’intenzione di interrompere la prescrizione, e che nel giudizio di appello innanzi al Consiglio di Giustizia Amministrativa il Comune aveva dedotto la prescrizione proponendo appello incidentale e istanza di revocazione. Di conseguenza, secondo il giudice di merito, vi era interesse del Comune sia ad evitare il rischio di una controeccezione di interruzione della prescrizione sia a poter dedurre la prescrizione nel giudizio amministrativo di appello giustificando la tardività dell’eccezione con l’incolpevole affidamento nella genuinità dei documenti. Da ciò l’indubbio interesse del Comune a far valere la loro falsità.

Infine, la Corte di merito ribadiva l’irrilevanza del riconoscimento delle alterazioni e della volontà di non avvalersi dei documenti falsificati, non trattandosi di querela in via incidentale.

P.G. chiede la cassazione della sentenza con ricorso per un motivo. Il Comune di Rometta resiste con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con l’unico motivo di ricorso è denunziata vizio di omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Con un primo profilo di censura si sostiene che nel considerare ammissibile la querela di falso nei confronti della P. il giudice di merito aveva trascurato di considerare la circostanza obiettiva che sui documenti della cui falsità si discuteva era apposto il timbro del Comune di Rometta, mentre la P. non aveva mai avuto la volontà e neanche la possibilità di interagire con l’ufficio protocollo del Comune, e non era stata raggiunta alcuna prova dell’accordo fra la P. e i dipendenti, non identificati, che si riteneva esser stati gli autori del falso.

Con un secondo profilo di censura si addebita alla sentenza impugnata di aver dichiarato ammissibile la querela benchè non vi fosse contestazione da parte della P. circa la falsità e benchè la P. avesse manifestato la volontà di non giovarsi del documento falso. Si censura inoltre la sentenza impugnata per aver ritenuto che la P. avrebbe potuto produrre i documenti in questione, non considerando che essi si trovavano nella esclusiva disponibilità dell’amministrazione comunale, e per aver considerato utili i documenti in relazione ad una eventuale giustificazione di tardività della ipotetica eccezione di prescrizione dinanzi al giudice amministrativo.

Il motivo è infondato.

Il giudizio di querela di falso, tanto in via principale che incidentale, si connota quale processo a contenuto oggettivo con prevalente funzione di protezione dell’interesse pubblico all’eliminazione di documenti falsi dalla circolazione giuridica (Cass. 2002/12964).

Ferme queste caratteristiche comuni, quando la querela di falso sia proposta in via principale, il giudice non è tenuto al preliminare vaglio, al fine della valutazione deirammissibilità della domanda, della rilevanza del documento, come richiede invece dall’art. 222 cod. proc. civ., per il caso di querela incidentale, dopo avere prescritto l’interpello della controparte, ma deve, ai soli fini del riscontro della fondatezza o non della querela, controllare che sulla genuinità del documento sia insorta contestazione, che di esso sia stato fatto uso, anche al di fuori di un determinato processo, che per il suo contenuto esso sia suscettibile di costituire mezzo di prova contro l’istante (Cass. 9013/1992), mentre non ha rilievo la eventuale ammissione della falsità da parte del soggetto nei cui confronti la querela è proposta.

Nel caso di specie, il giudice di merito ha motivatamente chiarito le ragioni per le quali era da considerare esistente una contestazione sulla genuinità delle date apposte sui registri di protocollo in relazione alle date delle lettere con le quali la P. aveva interrotto la prescrizione, date delle quali i registri, alterati, avrebbero potuto formare prova contro il Comune. Le critiche della parte ricorrente sul punto si risolvono in una mera e perciò qui sterile contrapposizione del proprio punto di vista a quello del giudice del merito, senza alcuna indicazione dalla quale possa seriamente desumersi che l’accertamento sia stato condotto in modo illogico o trascurando dati essenziali.

Del resto, la premessa dell’intero motivo di ricorso è, in definitiva, che la querela non avrebbe potuto aver corso nei confronti della P., la cui condanna alle spese era quindi ingiustificata, perchè questa non era stata complice della falsificazione e perchè aveva dichiarato di non volersi avvalere dei documenti, circostanze irrilevanti, la prima in ogni caso, la seconda perchè idonea a precludere il corso della sola querela in via incidentale e non anche di quella proposta in via principale (art. 222 c.p.c.).

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, condanna la parte ricorrente alle spese liquidate in Euro 25,00 per esborsi, ed Euro 3.000,00 per onorari, oltre ad I.V.A., C.P.A. e spese generali.

Così deciso in Roma, il 1 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2011

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