Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12129 del 13/06/2016

Cassazione civile sez. VI, 13/06/2016, (ud. 18/05/2016, dep. 13/06/2016), n.12129

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8337-2015 proposto da:

M.A., ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA F. CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato ANDREA

MANZI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIERO

GALLIMBERTI, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

R.L., ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA PIEMONTE 39, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO

GRIECO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GIORGIO BORSETTO, giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2542/2013 del TRIBUNALE di PADOVA, depositata

il 30/10/2013, oggetto di appello dichiarato inammissibile ai sensi

dell’art. 348-bis c.p.c.;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito l’Avvocato Federica Manzi (delega avvocato Andrea Manzi),

difensore del ricorrente, che si riporta agli scritti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – E’ stata depositata in cancelleria relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., datata 15.1.16 e regolarmente notificata ai difensori delle parti, relativa al ricorso avverso la sentenza del tribunale di Padova n. 2532 del 30.10.13 – impugnata con appello dichiarato inammissibile ex art. 348-bis c.p.c. con ordinanza della corte di appello di Venezia del 29.10.14 in causa n. 889/14 r.g. – e del seguente letterale tenore:

“1. – M.A. ricorre – con atto, articolato su almeno tre motivi, spedito per la notifica il 19.3.15 – direttamente a questa Corte, ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., per la cassazione della sentenza del tribunale di Padova indicata in epigrafe (l’appello avverso la quale è stato – con ordinanza della corte di appello lagunare – dichiarato inammissibile, ex art. 348-bis c.p.c.), dichiarativa di cessazione della materia del contendere quanto all’obbligo di fare riconosciuto in suo favore a carico di Lorenzo Ruzzante e dell’esatta entità del credito pecuniario residuo, peraltro condannando il medesimo creditore al pagamento della metà delle spese di lite.

L’intimato resiste con controricorso.

2. – Del ricorso può proporsi la trattazione in camera di consiglio – ai sensi degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c. per la possibilità di esservi dichiarato inammissibile.

3. – Pare superflua la stessa illustrazione dei tre motivi di ricorso (il primo, di “violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. in relazione alla dichiarata cessata materia del contendere”; il secondo, di “violazione di legge per erronea applicazione dell’art. 1117 c.c. in relazione alle parti comuni di un edificio”; il terzo, di “violazione di legge per erronea applicazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione alle spese di CTU del primo grado”), attesa l’evidente tardività di quest’ultimo.

4. – Infatti, l’impugnazione – benchè correttamente rivolta avverso la sentenza di primo grado – è stata proposta con ricorso notificato a partire dal 17.3.15, a fronte della comunicazione dell’ordinanza di appello, indicata dal controricorrente in controricorso (ultime due righe della seconda facciata) come avutasi a mezzo posta elettronica il 29.10.14: e quindi ben oltre i sessanta giorni da quest’ultima data, in violazione dell’art. 348-ter c.p.c., comma 3, secondo quanto rimarcato da Cass., ord. 15 maggio 2014, n. 10723, nonchè da Cass., ord. 5 novembre 2014, n. 23526, alla cui motivazione ed alle cui conclusioni può qui bastare fare integrale richiamo, anche circa la conformità della disciplina ai parametri costituzionali e sovranazionali in tema di giusto processo o l’irrilevanza delle modalità di comunicazione (neppure rilevando se per estratto o via telematica).

Nè il termine di impugnazione della sentenza di primo grado può decorrere dalla data di notificazione dell’ordinanza di secondo grado, se successiva, visto che, per principio generale, ove i due termini concorrano, occorre fare riferimento, per la tempestività dell’impugnazione che dall’uno o dall’altro decorra, al primo dei due: invero, già il vano decorso dei sessanta giorni dall’avvenuta comunicazione avrebbe comportato la consumazione definitiva di ogni potere di impugnativa.

5. – Resta assorbito ogni ulteriore profilo di inammissibilità in merito alla completezza o meno dei trascrizione dei motivi di appello in ricorso (per tutte, v. Cass., ordd. 17 aprile 2014, nn. 8940 a 8943, alle cui amplissime argomentazioni può qui bastare un richiamo integrale; Cass., ord. 15 maggio 2014, n. 10722; Cass., ord. 9 giugno 2014, n. 12936) e, beninteso, di osservanza dei requisiti di contenuto-forma ed a maggior ragione di merito.

6. – Del ricorso va proposta quindi al Collegio la declaratoria di inammissibilità”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. – Non sono state presentate conclusioni scritte, ma le parti hanno depositato memoria ed il difensore del ricorrente è comparso in camera di consiglio per essere ascoltato.

3. – A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella su trascritta relazione e di doverne fare proprie le conclusioni, non comportandone il superamento gli argomenti sviluppati nella memoria depositata dal ricorrente.

4. – In particolare deve dirsi ormai del tutto consolidata nella giurisprudenza di questa Corte – non trattandosi quindi affatto di una mera “interpretazione suggerita dal cons. relatore”, come prospetta il ricorrente nella penultima, non numerata, facciata della sua memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. – la conclusione della decorrenza del termine di impugnazione della sentenza di primo grado dalla comunicazione, con qualunque mezzo e quindi anche a mezzo p.e.c., dell’ordinanza di appello (dopo la già richiamata Cass., ord. 5 novembre 2014, n. 23526, tra le molte altre, v.: Cass., ord. 2 luglio 2015, n. 13622; Cass. 9 ottobre 2015, n. 20236; Cass., ord. 26 ottobre 2015, n. 21761; Cass. 18 novembre 2015, n. 23637; Cass. 25 novembre 2015, n. 24074; Cass. 26 novembre 2015, n. 24121, sia pure con precisazioni in ordine alla necessaria completezza della comunicazione; Cass., ord. 10 dicembre 2015, n. 24931; Cass., ord. 14 dicembre 2015, n. 25115; Cass. 18 dicembre 2015, n. 25592; Cass. 24 febbraio 2016, n. 3681; Cass. 31 marzo 2016, n. 6311; Cass., ord. 9 maggio 2016, n. 9356; Cass. 20 maggio 2016, n. 10525).

5. – Pertanto, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 c.p.c., il ricorso va dichiarato inammissibile per tardività e le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente soccombente.

6. – Deve, infine, trovare applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: ai sensi di tale disposizione, il giudice dell’impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che la definisce, a dare atto – senza ulteriori valutazioni discrezionali –

della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) per il versamento, da parte dell’impugnante integralmente soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna M.A. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore di R.L., liquidate in Euro 3.100,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre maggiorazione per spese generali ed accessori nella misura di legge;

– ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione sesta civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2016

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